Capitolo 2

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La sveglia suona troppo presto come sempre, ricordandomi della giornata che devo affrontare.
Rotolo giù dal letto e mi dirigo verso il bagno; comincio a sistemare i capelli con la piastra e, subito dopo, applico un po' di correttore sulle occhiaie, un filo di matita marrone e una passata di mascara per far risaltare i miei occhi e sono pronta per uscire.
Scelgo un dolcevita crema e lo abbino ad un paio di pantaloni eleganti a palazzo beige. Mi dirigo in cucina per preparare il caffè. Dopo aver finito e messo tutto in lavastoviglie, guardo l'orologio sul muro e mi accorgo che, se non esco subito, arriverò in ritardo al turno delle nove in biblioteca.
Infilo i tronchetti ed esco. Trovo parcheggio e cammino quei pochi metri per arrivare all'edificio.
La mattina passa in fretta e io mi perdo nella lettura di un romanzo che avevo notato ieri tra i libri in restituzione.

A metà mattina, scrivo un messaggio a Megan per chiederle se possiamo vederci prima e pranzare insieme, dato che a casa non ho nulla da mangiare e non farei in tempo a fare la spesa, andare a casa, pranzare e tornare a prenderla.
Dopo qualche minuto, mi risponde di sì e le dico che sarei passata da casa sua prima di andare al centro commerciale.

Passato qualche minuto dalla fine del mio turno, mi chiedo se debba chiudere ed andarmene o aspettare qualcuno che prenda il mio posto.
A mezzogiorno e un quarto decido di prendere le mie cose, tra cui il romanzo che voglio finire, e chiudere la biblioteca, ma, ad un tratto, un ragazzo alto con i capelli castani in disordine e piuttosto affaticato appare sulla porta.
«Scusami, c'è stato un incidente mentre venivo qui e sono arrivato in ritardo, non ricapiterà». Sorrido e gli dico di non preoccuparsi, incontrando i suoi occhi marroni gentili.
Metto il cappotto e sulla porta gli rivolgo un cenno della mano che lui ricambia.

Meg non vive troppo lontano dal campus, ma ci metto comunque quindici minuti ad arrivare davanti alla villetta dei suoi genitori.
«Avevi detto che saresti arrivata un quarto d'ora fa, poi sarei io quella sempre in ritardo» brontola, mentre sale in macchina.
«Ciao anche a te. È sempre bello vederti. Se mi lasciassi spiegare ti direi che il ragazzo che doveva sostituirmi era in ritardo e io non potevo chiudere la porta e andarmene». Metto in moto e imbocco la direzione per il centro commerciale.
«Almeno era carino?» domanda Megan. Faccio un mezzo sorriso e annuisco, alzando il volume.
Non conosco quel ragazzo e non posso dire se fosse o meno il mio tipo, ma non posso negare che non fosse male.

Passiamo i venti minuti che ci separano dal centro commerciale, cantando ogni canzone alla radio, con Meg che cambiacontinuamente stazione quando non le piace qualcosa o sente i conduttori dilungarsi troppo in chiacchiere.
Parcheggiamo la macchina e scendiamo, dirigendoci verso l'entrata.
«Cosa ti va di mangiare?» mi guardo intorno, dando un'occhiata ai ristoranti proposti dai cartelli.
«Non lo so». Alzo gli occhi al cielo per questa risposta di Meggy.
«Bene, mangeremo una pizza» scelgo il primo della lista che sto esaminando.
Seguo le indicazioni e trovo subito la pizzeria svoltato l'angolo.
Ci dirigiamo dal cameriere sulla porta che ci accoglie calorosamente e chiedo se c'è posto per due, lui ci fa accomodare in un tavolino al centro della grande sala. Subito il profumo mi fa venire l'acquolina.
Non apro neppure il menu, dato che, ovunque vada, prendo sempre la stessa pizza da anni: prosciutto cotto e funghi; mentre so che Megan è una persona così schizzinosa da non aver mai ordinato niente di diverso dalla classica margherita.

Così richiamo subito il cameriere, dicendo che sappiamo già cosa ordinare. Lui prende le nostre richieste e ci chiede cosa vogliamo da bere: Megan ordina una coca cola e io una bottiglia d'acqua frizzante.
«Come è che tutti ti sbavano dietro?» domanda Megan, dopo che il ragazzo se n'è andato con le nostre richieste.
La guardo confusa e lei mi fa notare che il cameriere mi stava fissando un po' troppo.
«Volevo chiedergli se avesse bisogno di un secchio» aggiunge Meg.
«Megan!» non riesco a evitare di alzare la voce, quasi urlo, e lei scoppia a ridere.
«Potresti chiedergli di venire domani sera alla festa, anche se probabilmente ti troverai qualcuno lì».
«Ma perché dovrei chiederglielo, non lo conosco neppure» la contraddico con uno sbuffo.
«Ah, perché le ultime persone con cui sei stata ad una festa, dopo aver messo un punto alla relazione con Kyle, le conoscevi?»
La guardo scioccata per questa sua risposta alquanto provocante e forse un po' ferita.
«Meg... Non vado ad una festa da almeno tre mesi e sai che non è stato un bel periodo per me. Mi sembrava di averti riempito abbastanza la testa con i miei discorsi...» sinceramente, non so cos'altro aggiungere e un po' mi scoccia che abbia tirato fuori questi miei errori, commessi il mese successivo dalla separazione dal biondo.
Sul suo viso si dipinge un'espressione triste.
«Non hai più pensato a nessuno seriamente, dopo la fine con Kyle?»
«No, a parte qualche uscita occasionale che non ha portato a nulla se non alla mia perdita di interesse dopo qualche giorno. Ma di questo ne sei già conoscenza...»
«Mh... secondo me non ti stai impegnando abbastanza».
«Onestamente, ho smesso di impegnarmi per cercare una persona che mi renda felice. Prima o poi arriverà. Sono stanca di queste storielle da liceo. Voglio concentrarmi sullo studio e, in questo momento, delle uscite occasionali sono solo una perdita di tempo»affermo, cercando di mettere fine alle sue domande.
«Vorrei solo che ci fosse qualcuno al tuo fianco, spesso mi sembri così sola quando siamo all'università o usciamo insieme»continua imperterrita lei, riferendosi ai miei momenti in cui mi smarrisco, evadendo dalla realtà.
«Non voglio più avere a che fare con nessuno, sino a quando non troverò, non dico la mia anima gemella, ma qualcuno che mi faccia davvero sentire speciale» ribadisco, riflettendo sul fatto che non sono mai stata con nessuno che mi abbia fatto sentire così «E con questo chiudo il discorso».
Megan prova a dire altro, ma viene interrotta dal cameriere di prima che porta le nostre pizze.
Gli rivolgo un sorriso mentre lo ringrazio, ma il mio sguardo cade subito su Megan, che sta cercando di trattenersi dal ridere davanti al povero cameriere, che se ne sta giusto andando.
Ammetto che non era per niente male neppure questo tipo: un bel viso magro con gli zigomi pronunciati e anche gli occhi castanierano molto espressivi e allegri.
Comincio a tagliare la mia pizza, giudicando con lo sguardo Megan che comincia a mangiarla dalla crosta, comportamento che ha da quando siamo piccole.
«Hai finito di guardarmi?». Non distoglie gli occhi da ciò che sta tagliando, ma è consapevole che, come sempre, la sto fissando disgustata.
«Ma ti sembra il caso di mangiare una pizza in questo modo? Ti ho sempre detto di farlo quando siamo a casa, altrimenti la mangi come le persone normali. Sembro mia madre...» sbuffo sull'ultima frase.
«Ma io mangio prima la parte più buona e non mi interessa cosa possano pensare di me gli altri» afferma fieramente, mangiando uno degli ultimi pezzi di cornicione rimasti.
«È già tanto se non ci cacciano... cambiamo argomento per favore, che non ce la faccio a guardarti senza giudicarti».
«Come vanno gli studi?»
«Dai, su, non ho voglia di parlare di studio, università e tutti gli argomenti che rientrano in questa categoria». Inizio a pensare a qualcos'altro di cui parlare e, tempo qualche secondo, mi si accende la lampadina.
«Come mai hai portato Kyle ieri mattina?». Sono curiosa della risposta.
«Ha voluto venire lui... molto buona questa pizza, dovremmo tornare in questo ristorante» dice Meg provando a sviare il discorso su altro, ma non mi arrendo.
«Come mai si è proposto di venire?»
«Credo voglia provare a riappacificare seriamente i rapporti con te dopo tutti questi mesi». Dubito che queste siano le sue vere intenzioni, considerando che ha sempre un doppio fine ogni qual volta compie un'azione. «Magari pensa di poter ricominciare un'amicizia, dopotutto siete andati sempre d'accordo anche prima di iniziare una relazione».
«Sarà, dopotutto ieri mattina non è andata così male... se non all'inizio» mormoro, preparandomi al rimprovero della mia amica.
«Si, sei stata un po' scontrosa».
«Al mio posto avresti fatto la stessa cosa...» la interrompo, mettendomi sulla difensiva.
«Potevi essere un po' più educata ed evitare tutti quei sorrisi finti che gli hai rivolto, perché si, me ne sono accorta e anche lui» faccio spallucce, finendo la mia ultima fetta di pizza.
Un sorriso beffardo mi spunta sulle labbra.
«Vogliamo parlare della figura di merda che hai fatto con il tipo vicino al nostro tavolo, quando ti sei voltata?» chiedo, dopo aver finito di masticare.
Megan arrossisce ancora, ricordandosi dell'accaduto.
«Avresti dovuto dirmi di non girarmi, non sapevo che ti stava guardando... Cavolo, sembrava che stessimo spettegolando su di lui».
«E non era quello che stavamo facendo?» continuo a sorridere, trattenendo una risata.
«No, cioè sì, ma volevo solo sapere chi fosse il tipo per cui non prestavi più attenzione a quello che stavo dicendo» sbuffa, appoggiando la schiena alla sedia, sconsolata.
Io non ce la faccio più e lascio sfuggire una risata.
«Smettila, smettila subito. È colpa tua. Se non vi foste fissati per cinque minuti, io non mi sarei girata facendo quella figura!»
Ormai non mi trattengo più e le rido in faccia, contagiando anche lei.
Dopo aver smesso, decidiamo che è il momento di trovare un vestito per la festa, dato che ormai si sono fatte le due e i negozi stanno aprendo.
Ci alziamo e camminiamo verso la cassa dove, come sempre, ognuna paga la sua parte.
Una volta, mi sono offerta di pagare io, ma la mia amica mi aveva quasi mangiato, dicendo che poteva benissimo pagarselo da sola.

Checkmate | K.Th.Donde viven las historias. Descúbrelo ahora