Prologo

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«Papà, papà!» corro per gli immensi corridoi del palazzo, cercandolo per mostrare finalmente quello che le mie piccole mani erano riuscite a far scaturire tra le dita qualche minuto prima.

Sentendomi urlare, mio padre si affaccia dal suo studio fermando la mia corsa con un abbraccio e chiedendomi il motivo di quel frastuono.
Gli mostro le mie mani, sperando che brillino ancora di quel luccichio che mi ha sorpresa poco prima mentre giocavo nella mia stanza con le mie amate bambole di porcellana. Era successo tutto in un breve istante: il calore che avevo sprigionato, prima che si manifestasse qualcosa, mi aveva obbligata a far cadere il giocattolo dai lunghi capelli biondi sul pavimento, per evitare che venisse bruciato dalle piccole fiamme che le mie dita avevano liberato.

«Pensi di riuscire a farlo vedere anche a me?» chiede mio padre guardandomi incuriosito. Alzando lo sguardo dalle mie mani, potei notare il fuoco ardere nei suoi profondi occhi scuri che mi misero in soggezione.
Annuisco cercando in ogni modo di ridare libertà a quel calore che percepisco sotto la pelle, ma di cui non sono mai riuscita concretamente ad avere il controllo come mio padre e mia madre.
Ci provo e mi impegno tanto da cominciare a tremare, ma quelle piccole scintille che prima hanno danzato tra le mie dita non si manifestano.
Mio padre mi incoraggia appoggiandomi una mano sulla testa, ma vedo l'entusiasmo nel suo sguardo affievolirsi ogni secondo che passa senza che dalle mie mani si produca un misero bagliore; sapevo che percepiva, o comunque sentiva, quel leggero calore innaturale che si irradiava dalla mia pelle, ma niente di più.

Ha sempre temuto che, con il passare degli anni, non possedessi un dominio potente che potesse un giorno darmi quella forza che mi avrebbe permesso di prendere il suo posto.

Lo vedo nel suo sguardo tutte le volte che si apposta sulla porta dello studio, dove svolgo le mie lezioni con i migliori maestri del regno che, inutilmente, tentano di insegnarmi qualcosa senza mai giungere a dei risultati incoraggianti.

Passato qualche minuto, non riesco più a trattenere le lacrime e comincio a piangere perché, nonostante ci mettessi tutta me stessa, l'energia non si liberava nell'aria.
Mio padre mi guarda sconsolato. Ha sempre creduto in me, ma la speranza si affievolisce con il passare dei giorni dato che ormai ho passato gli otto anni da qualche mese e dovrei esercitarmi con il controllo e scoprire l'arma che più mi si addice.

Ad un tratto, una guardia nella sua uniforme scarlatta interrompe il momento con mio padre facendomi immediatamente asciugare le lacrime e rimettere dritta con la schiena.
Riconosco in lui il soldato che non si è mai sottratto dal giocare con me, dal regalarmi qualche fiore o fare una battuta per farmi ridere.
Sembra alquanto pensieroso, tanto da non accorgersi di me in un primo momento.
«Sono insorti alcuni problemi» comincia con un tono di voce profondo «sembra che...» ma si interrompe immediatamente, quando si accorge della mia presenza.
Sul suo viso compare un piccolo sorriso, ma appena rialza lo sguardo su mio padre si fa subito serio e preoccupato.
«Tesoro che ne dici di tornare a giocare con le bambole nella tua camera?». Annuisco e, dopo aver accennato ad un inchino, mi incammino per il corridoio illuminato dagli ultimi raggi del sole che filtrano tra le tende delle ampie finestre.

Arrivo nella mia stanza e decido di lasciare perdere i giocattoli troppo delusa da me stessa. Mi sdraio sul letto cercando di non lasciare che le lacrime prendano di nuovo il sopravvento e chiudo gli occhi.

Non mi rendo conto di essermi addormentata fino a quando una stilettata mi sveglia di soprassalto.
Dalle tende non penetra più la luce del Sole. Ormai deve essere sera e mancherà poco all'ora di cena. Comincio a chiedermi cosa le cuoche avranno preparato di buono e, con questo pensiero, decido di uscire dalla mia stanza e inoltrarmi nei corridoi che stranamente sono immersi nel buio. Un brivido mi accarezza la schiena mentre vago nel palazzo deserto. Più mi allontano dalla mia stanza, più sento salire la sensazione di essere seguita.

Checkmate | K.Th.Where stories live. Discover now