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Chiamai Axel solo per sentire la voce metallica della sua segreteria.

Avevo passato una settimana e mezzo facendo avanti e indietro dalla villa alla clinica in cui Jake era stato trasferito, visto che poteva permetterselo, e in tutto quel tempo Axel non si era fatto sentire, cercavo di non pensarci ma il suo silenzio mi feriva.

I giorni successivi all'operazione erano stati un inferno per il ragazzo con le ferite che ci avevano messo più del dovuto a cicatrizzarsi.

Quel giorno sembrò non arrivare mai ma, quando la sera prima realizzai cosa sarebbe accaduto il giorno successivo, pensai che sarebbe stato gentile andare a vedere come stesse per tenergli compagnia... e per non farlo restare solo coi propri pensieri.

Se la situazione fosse stata inversa io lo avrei apprezzato.

Voltai il capo e lo vidi leggere, il suo profilo nella penombra mi provocò le farfalle nello stomaco.

Nonostante i miei sforzi di dimenticarlo i miei sentimenti si erano solamente rafforzati maggiormente.

La stanza era grande, con un solo letto. Non era enorme, ma in confronto a quello dell'ospedale immagino fosse molto più comodo.

Le pareti erano di un colore caldo e due grandi finestre permettevano alla luna di illuminare la stanza.

-Ancora nulla?- Abbassò il libro e schiuse impercettibilmente le labbra perfette. Distolsi lo sguardo quando sentii il cuore contrarsi. -Non risponde.-

-Tsk.- Una smorfia gli attraversò il volto. Sistemò uno dei tanti cuscini che teneva dietro la schiena con frustrazione.

-Perché non mi hai detto che vi siete presi una pausa?- Nonostante la dura espressione vidi i suoi lineamenti più sereni. -Come lo sai?- Lui accennò un sorriso sfuggente.

-La tua amica snervante mi è venuta a trovare nel pomeriggio.- Alzai un sopracciglio visibilmente colpita.

-Leda?-
-Ti viene in mente qualcun altro di così snervante?- Sorrisi, alzandomi dalla poltrona mi stiracchiai.

-Comincio a pensare che la pausa per lui fosse una scusa per lasciarmi.- Mormorai osservando le mie scarpe.

-Non sembri così disperata però.- Potevo percepire la tensione nel suo tono.

-Perché?- Chiese poi. Pensai bene prima di parlare.

-Perché non sono più sicura dei miei sentimenti per lui.- Sentii il suo respiro mozzarsi e per un momento la sua espressione lasciò trapelare la gioia che lo stava travolgendo.

Si schiarì la voce. -Peggio per lui.- Esordì distante.

Mi appoggiai al muro con la schiena incrociando le braccia. -Vuoi prendere un po' d'aria?- Gli proposi ma lui scosse la testa.

-Ho già fatto un giro prima.- Mi spiegò, si spostò di lato invitandomi a sedermi al suo fianco.
-Ti ricordi quando abbiamo cucinato i biscotti?- Aggiunse di punto in bianco.

-Certo.- Rimasi a fissare il ragazzo per qualche secondo, le farfalle nello stomaco.
-Lo rifacciamo appena esco di qui?- Piacevolmente sorpresa sorrisi.

-Ovvio che sì.- Il mio sguardo cadde sul suo grande libro. -E te ricordi quando volevi insegnarmi a leggere il braille?- Esordii prendendolo con delicatezza.

Lui accennò un sorriso annuendo piano, mi sedetti finalmente al suo fianco. -Sei negata.- Scherzò sfoderando una smorfia.

-E se te lo chiedessi... mi daresti un'altra lezione?- Chiesi aprendo il libro alla prima pagina, fui travolta dai ricordi.

La LucciolaWhere stories live. Discover now