44°

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Il buio era fitto, le mie gambe inchiodate al materasso mentre il mio petto diventava sempre più pesante.

L'aria nella stanza era carica di tensione, neanche un rumore osava interferire con quell'agonia.

Sentivo i suoi occhi osservarmi, valutarmi, ormai come da abitudine.
Sapevo che era un allucinazione; me l'ero ripetuta tante di quelle volte.

Eppure i miei occhi erano spalancati e fermi su quelle due perle rosse che sembravano volermi sopraffare.

Sentii le vene pulsarmi nelle tempie per la troppa pressione.

E quando la sveglia squillò balzai sul letto coi respiri da affogato.


Procedendo nel lungo corridoio dalle pareti fredde intimai nuovamente al ragazzo di tacere.
-Fai piano o ci sentirà.-

-Ma se ci saranno almeno altre venti persone qui vicino che parlano ad alta voce.- Sbuffò lui lasciandosi condurre tenendo stretto il suo bastone bianco.

-Non mi importa.- Voltammo l'angolo per poi ritrovarci davanti a una porta identica alle altre, l'unica cosa che la distingueva era il numero "12" scritto sopra di essa.

Notando che ci eravamo fermati Jake si grattò la nuca dubbioso. -Siamo arrivati?-
-Ti ho detto di fare piano!-
-Ma sto bisbigliando!-
-Non è vero!-
-Sei tu quella che sta parlando a voce alta, Mocciosa!-
Ci fermammo quando la porta davanti a noi si aprì di scatto.

La signora Black mi guardò sorpresa per poi spostare lo sguardo sul ragazzo al mio fianco.
-Amber? Che bello vederti.- Mi disse facendosi da parte per farci entrare.

-Jacob, anche tu qui?- Sembrava stupita di ritrovarsi davanti quel ragazzo dopo così tanto. Lui accennò un sorriso che si sforzò di tenere solo per lei. -Jake, signora.- La corresse educatamente.

-È un piacere rincontrarti.- Disse stando anche lei molto attenta a non usare quel verbo.

Entrammo nella stanza molto ordinata e Madelyn ci fece sedere su un piccolo divano proprio sotto una grande finestra che illuminava tutta la stanza.

Lei si sedette a sua volta sul bordo del letto sistemandosi lo chignon argentato tutto spettinato.

In quei mesi il velo della vecchiaia sembrava essere balzato su di lei come un felino, rallentando i suoi movimenti e lasciandole nuove e profonde rughe sul volto.

-Ricordavo che eri un bel ragazzo, ricordavo bene.- Gli occhi aguzzi della donna balzarono da me a Jake che non sapeva come rispondere al complimento.

-Anche Amber la pensa come te, Madelyn.- La corporatura robusta di mio zio uscì dal piccolo bagno della stanza.

Nonostante stesse dicendo ciò che ormai doveva essere ovvio sia ai miei occhi sia a quelli di Jake, vidi il ragazzo stringere la presa attorno al suo bastone.

-Zio...- I suoi occhi bruni esaminarono il ragazzo al mio fianco, poi le sue guance paffute, nonostante il viso sciupato, si contrassero in un sorriso genuino.

-Com'è bello conoscerti! Amber mi ha parlato di te, sai?- Si avvicinò lentamente. Jake accennò una smorfia di sorriso porgendo la mano al vuoto e zio Barnaby si precipitò a stringerla amichevole.

La signora Black mi scrutò per bene per poi sospirare sorridendo sotto i baffi e stiracchiandosi.
-Eppure io vi vedrei così bene insieme.- Ci stuzzicò esaminandoci con gli occhi grigi.

L'espressione marmorea del ragazzo al mio fianco vacillò un istante lasciando intravedere una scia di turbamento. Cercai di trattenere la frustrazione cominciando a torturami una pellicina sul mignolo sinistro.

-Sono molto felice di vedervi qui, insieme.- Mio zio ci guardò dolcemente. -Volevo tanto conoscerti, ci tenevo a ringraziarti per il tuo aiuto.- Jake annuì lentamente e aprendo gli occhi nivei attirò l'attenzione di Madelyn.

-Non hai ancora trovato nessun donatore, caro?- Chiese poi con poco tatto, curiosa. Al ragazzo al mio fianco sembrò fare un po' male, ma mascherò tutto con un debole sorriso.

-Ancora no.- La donna si fece tristemente pensierosa. -Capisco, mi dispiace veramente tanto caro.- Si alzò dirigendosi al comodino lì vicino.

Afferrò un pacco di biscotti per poi porgercelo sorridendo, io non rifiutai.





Per l'ora e mezza seguente parlammo di molte cose, fumio zio più che altro a raccontarci, insieme a Madelyn, delle poche coseinteressanti che accadevano nell'ospedale.

Sperai fino alla fine chel'argomento Mattew non saltasse fuori, ma fu inevitabile.
-Tuo fratello ... mi hadetto che non vi parlate da un po', Amber.- Disse ad un tratto l'uomo.

Sentiiuna fitta al cuore. -Ho bisogno dei miei tempi, zio.- Lui annuì. Steso nelletto non sembrava avere voglia di insistere sull'argomento.

-Prometti al tuo vecchio che prima o poi farete pace.-
-Te lo prometto, zio.- E fu difficile formulare tale promessa perché, in cuormio, la consapevolezza che nulla sarebbe più stato come prima ardeva fino asfregiarne l'interno.

Lo zio chiuse gli occhi facendo grossi sospiri,soddisfatto della promessa.
Vederlo così sereno mi rasserenò.

Le cure lo avevano gonfiato, i suoi movimenti e occhi lasciavo trasparire lastanchezza, ma la sua spensieratezza era rimasta quella di sempre.


Quando tornammo alla villa la prima cosa che il ragazzo fece dopo essersi toltole scarpe fu raggiungere il divano.

Lì rimase per un tempo inimmaginabile, a leggere. Dovevo ammettere di trovarealquanto affascinante quella sua passione.

Lo vedevo, vedevo come ogni suo muscolo si rilassava ogni qualvolta le sue ditasfioravano la carta ruvida, solo nei libri sembrava trovare conforto.

Percepivo il suo respiro farsi calmo e regolare e la sua espressione addolcirsi. Non capivo come, ma sembrava vivere ad ogni libro una vita diversa, nuova.

Vite che gli consentivano di scappare dalla realtà.

Si stiracchiò ascoltando i miei passi avvicinarsi, come se fosse appena tornato cosciente del fatto che avesse una vita reale da vivere.

Quel giorno indossava una semplice maglia di cotone nera e un paio di jeans chiari su cui erano cuciti piccoli ricami neri arzigogolati che quasi non sinotavano, i capelli legati in piccolo codino avevano dei ciuffi ribelli che gli ricadevano davanti agli occhi bianchi e sottili.

Era tutta una così perfetta combinazione.

-Hai intenzione di rimanere lì impalata o di andarti a preparare?- Sbuffo facendo capolino da dietro il libro.

-Vado.- Dissi, corsi su per le scale alla velocità della luce.
Mentre, qualche minuto dopo, mi asciugavo i capelli non potei non pensare aquanto sforzo facesse Jake a sembrare così calmo, probabilmente soffriva al solo pensiero che stessi frequentando un altro.

Ma, in fondo, quello era l'unico modo che avevo per farmi dimenticare.
E per dimenticarlo.

Axel aveva accettato immediatamente l'invito alla villa e sarebbe arrivato di lì ad una mezzoretta, quindi dovevo sbrigarmi.

Sandie mi stava aiutando cucinando al piano di sotto, le avrei dato il cambio una volta finito di sistemarmi.

Indossai un vestito bordeaux lungo fino al ginocchio, il giro vita stretto che evidenziava i fianchi e le maniche lunghe ed eleganti. Lasciai i capelli sciolti e misi degli orecchini a cerchio.

Nonostante dovessimo stare in casa, indossai anche una calzamaglia color carne, magari dopo cena Jake avrebbe acconsentito a lasciarci fare un giro in città.

La LucciolaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora