e io vidi i suoi occhi nivei per l'ultima volta.


Quella di Leda fu quasi un'irruzione in sala d'attesa.

Affannata si trascinava dietro Gareth quasi vicino ad un attacco d'asma. -Siamo arrivati tardi?- Chiese correndomi incontro dopo avermi individuata.

Vedendomi scuotere la testa, Gareth fulminò la ragazza. -Te lo avevo detto che eravamo in orario.-

Lei si limitò a scuotere distrattamente la mano mettendo fine lì al discorso. -Nathan non è potuto venire, ma ti saluta e augura buona fortuna a Jake.- Mi informò. -A proposito, da quanto è in sala operatoria?-

-Due ore.- Dissi con lo sguardo perso nel vuoto e un buco nello stomaco.

La ragazza si accovacciò sulle ginocchia per guardarmi in volto mentre il ragazzo si lanciava sulla poltrona accanto a me con respiro affannato, massaggiandomi la schiena provò ad essere di conforto.

-Amby cos'hai? Sei pallida.- Mi domandò Leda rivolgendo uno sguardo preoccupato a Gareth.

Non risposi obbligandomi a pensare a qualcosa, qualsiasi cosa che non mi facesse pensare al ragazzo sotto i ferri.

Mi dava i brividi immaginare quella scena. Cercai di guardarmi intorno notando i minimi dettagli di ogni cosa: la moquette verde aveva delle piccole macchioline ai bordi, proprio vicino alle pareti bianche come il latte e addobbate da immensi quadri colorati.

La stanza era piccola, ma piena di poltrone talmente soffici che sembravano inghiottirti e una vetrata che prendeva il posto di un'intera parete si affacciava sulla strada sottostante lasciando entrare la poca luce del sole che ormai stava per sparire all'orizzonte.

Mi cominciai a mordicchiare un'unghia mentre la mia mente vagava alla ricerca di tutto ciò che era capace di distrarmi, ma il mio pensiero tornava sempre lì.

I miei occhi si fecero lucidi dalla preoccupazione, ma mi sforzai di non piangere.

Eppure pensare a come lui si dovesse essere sentito poco prima di addormentarsi, in una sala dove per lui c'era soltanto oscurità e senza nessuno al proprio fianco, mi distruggeva. Doveva aver avuto paura.

Leda prese delicatamente il mio viso con una mano costringendomi a guardarla negli occhi.
-Ascoltami.- Disse cercando il mio sguardo che piano piano stava tornando alla realtà.

-Fra poco uscirà da quella stanza come nuovo e quando si sveglierà tu sarai al suo fianco, non ti devi preoccupare di nulla. È nelle mani di dottori in gamba, credimi.- Con la coda dell'occhio vidi Gareth annuire con fermezza.

Fece per dire qualcosa ma si fermò quando un ragazzo alto e longilineo entrò nella stanza dirigendosi verso di noi.

-Axel!- Esclamai correndogli incontro. Lo abbracciai immediatamente, lui mi baciò la fronte.

-Scusa il ritardo, Principessa, c'era traffico.-
-Fa niente, grazie di essere qui.- Lui accennò un sorriso salutando con la mano Leda e facendo un cenno al cugino a mo' di saluto.

-Buon San Valentino!- Esclamò porgendomi un mazzo di fiori.

Oh, caspita.

Mi ero totalmente dimenticata di quella festa, anzi, non me ne ero mai ricordata.

Il 14 febbraio per me era un giorno come un altro, più che altro era una trovata commerciale o una giornata per uccidere moralmente tutti i single.

L'avevo sempre trovata una giornata forzata, quelle giornate che obbligano a sorridere e a essere felici, a far qualcosa con qualcuno.

E il motivo principale del mio disprezzo per quella festa era che, a parer mio, non ci dovrebbe essere una sola giornata dedicata all'amore, se si ama qualcuno si deve dimostrare tutti i giorni, settimana in settimana, mese dopo mese.

-Oh, oddio. Scusa io.. me ne ero dimenticata.-

-Come mai così agitata?- Domandò accarezzandomi i capelli quando presi i fiori.

-Beh, Jake è nel pieno di un'operazione.- Esclamai lanciando un'occhiata alla porta.

-Andrà bene.-
-Lo spero davvero.- Perché la sua presenza non sembrava tranquillizzarmi in nessun modo?

Lui stette in silenzio per un po'. -Vieni dai, ti porto a mangiare qualcosa.-

-Cosa?-

-Non vuoi andare a festeggiare il nostro primo San Valentino insieme?- Sembrava confuso.

-Sì, ma... non voglio allontanarmi da qui.- Si accigliò.

-E perché mai?- Non mi diede il tempo di continuare. -Dopotutto è solo il tuo capo.-

Mi allontanai dal ragazzo cominciando ad infastidirmi. -È un mio amico e gli ho promesso che ci sarei stata al suo risveglio.-

-Non succede nulla se non lo vedi appena esce dalla sala operatoria, tanto sarà ancora sotto anestesia.- Alzò la voce prendendomi per il polso, Gareth lo fulminò alzandosi di scatto.

-Come non succede niente se festeggiamo domani!- Esclamai liberandomi dalla sua presa. Il suo sguardo era un miscuglio di confusione e agitazione.

-Cosa non capisci, Axel? Semplicemente non voglio allontanarmi da quest'ospedale!- Sbottai e come mio solito cominciai a gesticolare nervosamente.

-Beh, allora ti porto qualcosa e quando esce ti riporto a casa.-

-Non voglio nemmeno tornare a casa sta sera.- Proprio non capiva.

-Allora puoi dormire da me, festeggeremo lì.- Scossi la testa.

Festeggeremo lì?

-Dormo qua.- Lui sbuffò.

-Ma che diamine dici?- Non notando nessuna traccia di ironia nel mio viso sembrò indignarsi.

Gareth studiava teso il cugino, vedevo come fosse indeciso se avvicinarsi o meno.

-Lui ti piace, vero?-
Il gelo.

Il suo sguardo mi supplicava di rispondere velocemente. Sembrava già conoscere la risposta, ma lui voleva sentirla uscire dalla mia bocca.

-No, io...-

-Lo vedo come lo guardi.-

Le sue labbra sottili ebbero un fremito.
-Tu non mi guardi mai come fai con lui.-

Il suo sguardo era spento.

-Hai idea di quanto sia difficile per me questa situazione? Ci vivi letteralmente insieme, passi tutto il giorno, tutti i giorni, in sua compagnia e ora scopro che ci vuoi pure dormire insieme.-

-Sai cosa intendo con dormire insieme.-

Lui strinse le labbra.
-Ormai non ne sono più così sicuro.-

-Axel...-
-Senti facciamo una cosa okay?- Mi interruppe, la voce spezzata.

-Vuoi già prendere una pausa?- Sentivo il respiro bloccarsi.

-Sì.- Ammise infine.

Repressi le lacrime annuendo lentamente, forse era meglio per entrambi.

Era il momento di mettere in chiaro le idee, fare i conti con me stessa. Dovevo fare una scelta una volta per tutte.

-D'accordo...- Nonostante concordassi con lui la mia voce tremò poco.

Axel se ne andò, mi lascio i fiori.

La LucciolaWhere stories live. Discover now