Un altro uomo era seduto al suo posto pronto a partire. Aveva la pelle scura e dei folti capelli ricci, vestito molto elegante sembrava essere l'autista dei signori Hale. 

-Buongiorno.- Disse quando salimmo. Non si presentò nemmeno e io fui l'unica a rispondere al suo saluto. 

Appena la macchina partì Jake sospirò rumorosamente, chiuse gli occhi ancora lucidi, sembrava ancora scioccato dal gesto improvviso della madre.

Il ragazzo non si era ancora mosso, i capelli scuri ricadevano come tende sul suo viso fino a nascondere gli occhi socchiusi e le labbra semiaperte. Le mani erano strette in pugni sulle gambe rigide, le sorpresi a tremare.

In un gesto esitante mi allungai verso di esse, fino a sfiorarne il dorso. All'inizio non sembrò neanche fare caso a me, poi le sua dita si intrecciarono alle mie. 

Strinse e col pollice mi accarezzò delicatamente la pelle, sperai non si accorgesse di tutti i brividi che iniziarono a correre sul mio corpo.

Rividi il suo corpo contro il mio, il suo caldo respiro sul mio collo la mattina di Natale. Molto in fondo avevo sperato un risveglio identico quella mattina, forse era per quello che la sera prima del divano me n'ero totalmente scordata.

-Era da quattro anni che non ricevevo un regalo di Natale.- Mormorò lui con voce rauca.
-Come?-
-Volevano fare buona impressione con te, ecco perché il maglione.- 

Dopo quello che avevo visto facevo fatica a non credergli. 

-E la signora Holland? Non ti ha mai fatto nulla?- Lui scosse la testa.
-No, non ho mai voluto. Odio le sorprese.- Disse soltanto. 

Eppure avevo la sensazione che, sotto sotto, gli avrebbe fatto piacere ricevere qualcosa dopo tanto e cominciò a nascere in me l'esigenza di fargli un regalo sincero, uno che avesse un significato. 

Lì mi ricordai di quel vecchio gatto, Harold. Jake non lo aveva neanche salutato e probabilmente quella era stata la sua ultima occasione. 

Avevo visto quanto in sintonia fossero, erano cresciuti insieme e l'idea che il micio trascorresse la sua vecchiaia a fianco dell'amico mi sembrò splendida. Forse avrei potuto fare qualcosa a riguardo.

Nonostante il tragitto durò molto meno rispetto a quello del giorno prima, fu nettamente più stressante. 

Non volò una sola parola per tutte le quattro ore e mezzo di viaggio successive, ma le nostre mani non si allontanarono neanche per un istante.

Lo squillo del mio telefono interruppe quel silenzio assordante. -Leda?- Dissi portando il cellulare all'orecchio e vedendo subito il viso del ragazzo fare una smorfia, non gli andava molto a genio la mia amica. 

Sotto sotto, però, sentii la sua mano rilassarsi. -Ho lasciato Vince.- Dall'altro capo della linea Leda sembrava aver appena smesso di piangere. -Stai scherzando?-

-No, non scherzo su queste cose.-
-Il motivo?- Lei sospirò. -Mi tradiva.- La voce le tremò un po'. 

-Nathan aveva ragione, tu avevi ragione, Amby.- Tirò su piano col naso. -Sto per chiamare anche Nathan e dirgli tutto.- Mi informò. 

-Appena torno a San Francisco ne parliamo di persona.- Sentii Jake massaggiarmi con discrezione la mano, il suo viso tuttavia non osava voltarsi nella mia direzione. 

Chiudemmo la chiamata poco dopo, rimasi qualche istante in silenzio massaggiandomi la tempia. In fondo, ero felice che finalmente Vince si fosse fatto vedere per quello che era in realtà.



Quando arrivammo alla villa il sole era calato da un pezzo, ci avevamo messo poco considerando che non c'erano molte persone per strada il pomeriggio di Natale.

La LucciolaWhere stories live. Discover now