Ci eravamo già abbondantemente preparate ad un'uscita lampo dalla nostra prigione dorata, in quelle lunghe ore di noia che non riuscivamo a riempire con delle conversazioni o dei gossip, quindi non perdemmo tempo a cercare di capire che oggetti portare o meno con noi, dato che avevamo già tutto pronto e radunato in quei molli ammassi di coperte stracciate che ora stringevamo saldamente.

Senza esitare, Cal si tolse due forcine dalla treccia perfettamente ordinata e le infilò nella serratura, smanettando per circa due minuti, cercando di farla scattare.

Una volta superata la prima porta, non avevamo più certezze.

Non eravamo mai uscite di lì, quindi il percorso che avevamo ipotizzato di intraprendere era del tutto basato su alcuni discorsi che avevamo origliato da alcune sentinelle, e sulla piantina tipo di un palazzo greco classico, gentilmente fornitami dalla memoria di Cal e dalla voce di Annie nella mia testa.

Mi parlava spesso di architettura, e non benedissi mai la mia voglia di ascoltarla tanto quanto lo feci quando abbozzammo per la prima volta la possibile planimetria dell'immobile.

Fortunatamente, per un primo momento i corridoi si erano snodati esattamente come previsto.
Il vero problema era che non c'era alcuna finestra, né nei pressi degli incroci fra essi, né da nessun'altra parte.

E le finestre erano essenziali per la nostra fuga.

Continuammo a scendere ancora un po', cercando disperatamente una qualche vetrata, fin quando non arrivammo nei pressi di una porta scura, ancora più nera delle pareti che la circondavano, lievemente socchiusa.

"Non è saggio infilarsi impulsivamente dentro la prima stanza aperte che capitava a tiro, ma magari lì troveremo finalmente una bella vetrata da spaccare..." pensai, lasciando che il tocco leggero delle mie dita schiudesse sempre di più quell'enorme blocco di legno.

Cal mi afferrò il polso, improvvisamente, facendomi pure sobbalzare.

Le chiesi con gli occhi quale fosse il problema, e lei mi fece cenno, toccandosi due volte un orecchio ed indicando poi la porta, di ascoltare un qualcosa appoggiandomi come lei al retro dell'apertura.

-"Sta arrivando. Non lo senti anche tu?"- stava mormorando concitatamente una voce sgradevolmente stridula.

-"Lo sento anche io, è vero, ma continuo a non capire quale sia il problema."- rispose un'altra persona, probabilmente donna, con un tono decisamente più calmo e melodioso.

-"Questa volta non avrai alcun asso nella manica da usare contro di lei, come potrai lasciarla spiazzata o farle abbassare la guardia?"- riprese la prima voce.

Pensai che si stessero riferendo all'imminente venuta della famigerata Nemica della Notte, la fatidica bionda che avrebbe sconfitto le tenebre.

Ero sempre convinta che si trattasse di Annie, ma non potevo adagiarmi sugli allori e aspettare che venisse a salvarmi.
Dovevo raggiungerla, incoraggiarla e raccontarle tutti i piani che ero riuscita ad origliare durante la mia permanenza.

-"Io ho sempre degli assi nella manica."-
Il modo glaciale in cui la sconosciuta pronunciò queste parole mi fece rabbrividire.
Sicuramente non avrei voluto averla contro in un eventuale lotta.

-"Ma Eris..."-

La prima voce non ebbe il tempo di finire la frase che si sentì un brusco rumore di vetri infranti.

-"Non esiterà a tradirla di nuovo. La discordia sa sempre da che parte stare"-

Stavano per caso parlando della dea Eris?
Sapevo che erano coinvolte molto divinità in questa guerriglia, ma non pensavo che ne sarebbero state coinvolte anche di così di rilievo.
Non che Eris sia chissà cosa, certo.

•Il dono degli Dei||storia di una ragazza molto particolare•Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora