Mentre la cena proseguiva, Théo diventò un po' più socievole e cominciò a fare domande su New York, era affascinato dalla grande mela, e io raccontai storie su Central Park e i grattacieli, suscitando negli occhi di Théo quella luce scintillante dell'immaginazione.

Fu un piacevole pasto, con una conversazione leggera, e mi resi conto che avevo gradito molto la compagnia di Axel e Théo. 

La serata proseguì con una camminata nel piccolo parco accanto al ristorante, dove Théo si lasciò andare alle risate, correndo attraverso l'erba fresca mentre cercava di catturare gli ultimi raggi di sole al tramonto.

Quando il bimbo si allontanò, ci fu qualche istante di silenzio. -È stata una bellissima serata, grazie.-  Un piccolo sorriso si formò all'angolo delle labbra di Axel.

-Grazie a te, se domenica prossima ci sei per uscire...-

-Sarebbe grandioso.- Esclamò e, con impaccio, mi strinse in un timido abbraccio di arrivederci.

Ci salutammo poco dopo prendendo due strade differenti, non volevo chiamare Liam o avrebbe lasciato di nuovo Jake da solo. 

Così cominciai a passeggiare. Camminai sola per le strade illuminate, ma la luce artificiale rendeva difficile scorgere le stelle o la luna dietro gli alti palazzi. 

Una volta avevo provato a dipingerlo, il cielo notturno.
Ma ero stata ingenua a pensare di catturare la sua magia su tela, soprattutto con la mia impazienza. 

L'arte richiedeva pazienza, e il mio perfezionismo non faceva altro che ostacolare il mio progresso.

Avevo pianto, quando mi era toccato vendere la mia attrezzatura.
Mi mancava, dipingere, ma mio zio era la priorità.

Poi, come un fulmine, li vidi. 

Uscivano da un'auto parcheggiata vicino, una chioma nera tinta seguita da mio fratello. 

Si tenevano per mano, pronti ad entrare in un appartamento, probabilmente di Cassidy. 

Non avrei dovuto, mi sarei dovuta fare gli affari miei, ma non ci vidi più.

-Mattew Hooper!- Urlai incamminandomi verso i due che sembrarono paralizzarsi.

-Chi sei?- Mi chiese la ragazza diffidente per poi voltarsi verso il mio gemello. -Non è Esther.-

-Sono sua sorella, gallina.- Sibilai, scrutandola dalla testa a piedi con occhi furenti. 

-Cassy, te intanto sali. Arrivo subito.- Con uno sguardo tagliente, Matthew la spinse all'interno.

Appena Cassidy sparì dalla vista, mi avvicinai a Matthew, con il dito puntato minacciosamente contro di lui. 

-Sei un deficiente, un idiota insensibile. Come puoi fare questo a Esther?- Chiesi, ma non ricevetti risposta immediata. 

-Matthew, rispondimi! Da quanto intendevi tenere nascosto tutto ciò?- Gesticolai con rabbia, indicando l'appartamento. 

-Da quanto lo sai?- Non permise all'imbarazzo di strozzare la sua voce. 

-Importa ora? Senti razza di cretino, da quanto tradisci la tua ragazza?- Alzai nuovamente la voce attirando l'attenzione dei passanti. 

-Non urlare...-
-Come posso non farlo? Sono furiosa, Matthew. Sono... delusa da te.- Dissi piano, non lo guardai nemmeno in faccia. 

Sapevo delle lacrime agli angoli dei miei occhi: non sapevo litigare senza piangere, era una lotta che non potevo vincere. 

-Da quanto va avanti questa storia?-
-Qualche mese.- Ammise, le labbra strette. 

Continuò a fissarmi e notai che aveva avuto la mia stessa reazione. Stavamo diventando viola, i nostri volti gonfiati dalla rabbia, il senso di colpa. 

Era consapevole del suo errore, ma non era disposto ad ammetterlo. 

-Matthew, io non voglio immischiarmi, ma non mi sembra giusto tenerle nascosta una cosa del genere.- Mormorai.

-Quindi o glielo dici tu, o lo farò io. Lo giuro sul mio lavoro.- Assunsi un tono autoritario alzandomi nuovamente sulla punta dei piedi, cercando di mettere un po' di paura in lui. -Una settimana, Matthew, non puoi continuare ad approfittarti di entrambe.- 

Sospirai distogliendo lo sguardo, mi provocava un senso di disgusto incrociare i suoi occhi. Mi voltai lasciandolo lì in piedi, attonito. 

Non avevo più parole da dedicargli.


Quando tornai alla villa, non c'era traccia della macchina di Liam. 

Era tardi, e immaginai che fosse tornato a casa sua da un pezzo. 

La casa era avvolta nel buio, il silenzio regnava sovrano. Con passi leggeri e silenziosi, mi diressi al piano superiore. 

-Bentornata.- Esordì una voce impastata dalla camera di Jake. 

-Grazie, Signor Hale. Scusi se l'ho svegliata, buonanotte.- Dissi tirando su col naso in silenzio.

-Buonanotte.- La sua voce era un sussurro, e superai la stanza.

Una volta in camera fu già un miracolo che riuscii a mettermi il pigiama e struccarmi prima di cadere a peso morto sul soffice letto.

Come sempre, appena chiusi gli occhi caddi in una sensazione di relax tale da non sentire quasi più il materasso sotto di me. 

Mi addormentai in pochi minuti dando inizio al mio solito tormento giornaliero, non iniziò immediatamente, non iniziava mai subito. 

Prima feci qualche sogno, erano confusi e agitati come ogni sogno che facevo, col tempo tutto diventava nero e una volta intrappolata in quell'oscurità era impossibile uscirne prima della mattina successiva.

La LucciolaTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon