Ma ormai loro avevano preso la loro decisione. Andare con la massa, seguire gli ingenui. E non ci potevo fare niente, se non alzare le mie barriere e continuare a non fidarmi delle persone. Perché la razza umana continuava a deludermi. Costantemente. Senza neanche il bisogno di cambiare, ero io quella che doveva adattarsi.

Arrivammo all'aeroporto di Portland. Era pomeriggio e subito avremo avuto allenamento per provare il campo di gara. Della squadra avversaria conoscevo una ragazza bruna con cui avevo gareggiato quando ero ancora più piccola. Ci avevo fatto due chiacchiere prima che il coach mi chiamasse per iniziare il riscaldamento. Il coach Strauss nella squadra era quello che mi aiutava di più. Ogni giorno mi chiedeva come stessi e come fossi messa con le valigie per il ritorno in Michigan. Era anche diventato più tollerante con Will, cosa non molto facile neppure per me. Troppa euforia e voglia di vivere concentrate in una singola persona mi davano la nausea.

<<Ci sei Ashley? Sei pronta per gareggiare un'ultima volta in mia compagnia?>> mi chiese mettendo il braccio intono alle mie spalle. Molte volte mi ricordava proprio Noah nei modi di fare e nell'approcciarsi con gli altri. <<Credo di essere pronta, anche se devo dire che mi dispiacerà un po' non gareggiare con questo body, per una squadra inseguendo un obbiettivo comune a tutti>> ed era vero. Il bello di gareggiare per una squadra era proprio quello. Eravamo tutte uguali, vestite uguali, con l'obbiettivo comune di conquistarci il gradino più alto del podio. Quando gareggiavo da sola invece era tutta un'altra storia.

<<Ci mancherai anche tu, ma qualche volta puoi tornare a trovarci. Magari anche con il fidanzato>> mi fece l'occhiolino prima di andare incontro a Megan lasciandomi andare. Sospirai e tornai verso la pedana del corpo libero per continuare il riscaldamento.

Quella sera la ragazza della squadra avversaria che conoscevo, Felicity, mi invitò ad andare a bere qualcosa insieme al bar dell'hotel.

<<Ciao>> la salutai raggiungendola al tavolo a cui era già seduta. <<Ciao Ashley, che piacere rincontrarti>> mi riservò un sorriso luminoso con i suoi denti bianchi perfetti. <<Che cosa mi sono persa in questi anni in cui non ci siamo viste?>> mi chiese. <<Oh beh, lo vedi anche tu>> indicai prima me e poi quello che avevamo intorno. <<Alla Saint Ville, eh? Bella la California?>> mi chiese. Lei non ricordavo di dove fosse. 

<<Si mi piace molto, ma tra due settimane devo tornare in Michigan>> annuì con sempre il sorriso stampato in volto. <<Eri in prestito?>> <<Non proprio, i miei genitori si sono trasferiti ad ovest per affari e sono andata con loro, ma ora che sono in nazionale il mio allenatore vuole tornare alla base di tutto>> sembrava curiosa di saperne di più. <<Ah è vero che avevo sentito che sei in nazionale! Complimenti! Mi ricordo ancora che quando avevamo gareggiato insieme alle nazionali avevi vinto molte medaglie, te lo meriti davvero>> le riservai un piccolo sorriso. Era una persona buona. 

<<Ti ringrazio>> continuai il discorso sempre sulla stessa via. <<Tu invece, Oregon?>> alzò la mani in segno di resa. <<Purtroppo. Non fraintendermi, è bella la squadra, ma preferisco il Midwest>> la domanda mi venne spontanea. <<E come mai sei finita a Portland? E' bizzarra come decisione>> <<Mia madre>> disse con voce arrendevole. 

<<Mi vuole mandare qui all'università e per agevolarmi il trasferimento l'anno prossimo, ha deciso di anticiparlo di un anno>> mi ricordavo che sua madre era una donna alternativa. Voleva il bene della figlia, questo lo capivo. <<Oh me la ricordo tua madre, salutamela>> sorrise pensando alla donna. <<Domani dopo la gara vieni a prendere un gelato con noi, è da tanto tempo che non ci vedevamo e lei sicuramente sarà curiosa di rivederti>> abbassai lo sguardo sul tavolino che ci separava. 

<<Tua sorella come sta? Me la ricordo quando ti aveva urlato contro perché eri caduta dalla trave>> rise al ricordo, ma io rimasi seria. Rialzai lo sguardo su Felicity. <<E' morta alcuni anni fa. Incidente d'auto>> il mio tono non oscillava. Ormai ero abituata a non far trapelare emozioni dal mio tono della voce o dai miei occhi. La ragazza che avevo di fronte si coprì la bocca con le mani. <<Scusami. Non lo sapevo. Mi dispiace così tanto>> alzai le spalle. <<Non fa niente, è tutto apposto>> lei cercò di continuare il discorso senza tornare sul discorso della mia famiglia e lo apprezzavo, ma ormai mi ero distratta dalle chiacchiere.

Tornai a casa Robinson ormai quando erano le due. Erano passati due giorni da l'ultima volta che avevo messo piede nella casa e sperai di non fare caos e soprattutto di non svegliare Noah. Era insopportabile se svegliato nel bel mezzo della notte. Salii le scale cercando di fare il più piano possibile. Vidi la porta della camera di Noah socchiusa. Stava dormendo e alle sue spalle, distesa vicino a lui c'era una ragazza. Lui però la teneva distante con il piede. Sorrisi e poi andai in camera di Cameron. Lui stava dormendo beatamente e accanto a lui si vedeva Logan illuminato dalla luce dello schermo del telefono. Mi appoggiai allo stipite della porta aspettando che mi notasse.

I suoi occhi passarono in rassegna la stanza buia fino a trovare l'ombra del mio corpo. I nostri occhi, anche se quasi nel buio più totale, si trovarono. Un brivido mi percosse il corpo mentre lui si alzava e mi veniva incontro. Mi superò e lo seguii fino in camera sua. Le sue spalle scolpite dai muscoli e la sua camminata sicura di se accesero qualcosa dentro di me. Chiusi la porta dietro di me e mi avvicinai a Logan. Ormai era chiaro come sarebbe andata a finire.

Mi fermai a qualche centimetro da lui. Lo guardai negli occhi e la sua mano cominciò ad accarezzarmi la guancia. Chiusi gli occhi godendomi il suo tocco lieve. Nella stanza si sentiva solo il mio respiro accelerato mischiato al suo. Era sempre come se cancellassimo il mondo intorno a noi per goderci quei pochi momenti in cui potevamo toccare il cielo con un dito. Come lui non c'era nessuno al mondo.

Mi avvicinò a lui e le nostre bocche tornarono ad assaporarsi. Ogni volta era un'emozione nuova, ogni volta anche se poteva sembrare sempre uguale, era diverso. Ogni bacio era unico nel suo genere.

Alzò la mia felpa oversize per toccarmi la schiena ed avvicinarmi ancora di più a lui. Io gli sfilai la sua per sentire il suo petto alzarsi ed abbassarsi appoggiato al mio.

Mi alzò facendomi mettere in ginocchio sopra il letto mentre continuavamo ad approfondire il bacio. Si inchinò anche lui spingendomi più in là verso la testiera del letto. Si distese e io mi sistemai sopra di lui. I miei capelli, mentre continuavamo il bacio gli caddero sul volto. Me li rimise dietro alle orecchie e si staccò un attimo per riprendere fiato. Lo guardai negli occhi mentre continuava ad accarezzarmi il fianco. <<Dove trovi uno come me?>> mi chiese. 

<<Più che altro tu dove trovi una come me?>> sorrise mostrando quella piccola fossetta che si notava lievemente soltanto quando sorrideva davvero. Gliela sfiorai con la mano. <<Mi accontenterò di te>> disse lievemente senza smettere di sorridere. Era una cosa rara quanto meravigliosa. Logan Robinson non era uno di quei ragazzi che sorrideva, non come Noah. I suoi sorrisi ti coglievano di sorpresa ogni volta. Se ne vedevi uno voleva dire che davvero si stava aprendo con te. Ed essere lì, davanti a lui ad osservare quello spettacolo era strano. Mi faceva sentire importante.

<<Sei imprevedibile>> gli dissi. 

<<Imprevedibile quanto fantastico>> finì lui la frase.    


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Ciao a tutti, come state? Spero vi sia piaciuto il capitolo anche se lo ho pubblicato un po' in ritardo e di questo mi voglio scusare infinitamente. Seguitemi su instagram e tik tok per eventuali aggiornamenti. 

Vi voglio bene,

Giada  

SaudadeWhere stories live. Discover now