-Chapter 40-

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Mi svegliai piano piano. Sentivo un leggero venticello sopra la testa, ma non ci feci troppo caso. Sentivo gli occhi pesanti nonostante mi fossi appena svegliata e non avessi ancora aperto le palpebre. Il letto era più scomodo di quel che pensassi e la mia testa era poggiata su una superficie piuttosto compatta. Non ricordavo di avere dei cuscini così duri.

Alzai il braccio, ovviamente senza aprire neppure un occhio, e cercai di sistemare quel guanciale così scomodo per il mio povero cranio. Tastai all'indietro con la mano, ma la superficie sembrava immensa, quasi non finisse mai. Nella mia testa passò un flashback della notte precedente e sperai solamente di aver sognato tutto. Mossi di scatto il busto e osservai Logan ancora nei più bei sogni. Sperai di avere allucinazioni, o che fosse soltanto un ologramma, ma non lo era. Per mia grande sfortuna, quanto fortuna.

Continuai a guardare quella figura mitologica che era Logan. Indecifrabile e misterioso, proprio come un'opera d'arte.

Buttai la testa all'indietro, disperata. Sembrava che fossi stata io quella ubriaca, non lui. Ma lo avevo assecondato, facendomi trascinare da lui come se fosse una marea incontrollabile. Un'onda improvvisa.

Le punte dei miei capelli sfiorarono la pelle del suo torace. La sua mano si sollevò per grattare via il prurito. Trattenni il fiato mentre lui riappoggiava la mano sul materasso e tornava tranquillamente a dormire. Non sapevo cosa fare, se muovermi o restare esattamente dove ero ora. Solitamente non avevo questa gran fretta di alzarmi e cominciare una nuova giornata, ma oggi sembrava che dovessi fare tutto in fretta. Non sapevo neppure che ore fossero o se la sveglia avesse già suonato e fossi in ritardo per l'allenamento.

Non feci neppure in tempo a finire tutte le mie domande che sentii un mugugno. Girai lentamente il viso verso quello di Logan e lo ritrovai a fissarmi con un occhio socchiuso mentre l'altro era ancora chiuso. Io guardavo nella sua direzione e lui nella mia. Stavo cercando di capire cosa gli passasse per quella mente così complicata, ma era impossibile capirlo.

Lui alzò la mano destra per grattarsi l'occhio e aprì anche l'altro. Ci stavamo studiando, cercando di capirci l'un l'altro, ma guardandoci sembrava che ci fossero venuti più interrogativi di prima.

<<Che è successo ieri?>> chiese infine lui mettendo fine allo scambio di sguardi che c'era stato fino a quel momento. Lo guardai come se mi fossi aspettata fino a quel momento, ed era vero. Non mi aspettavo di certo che si ricordasse cosa facesse da ubriaco.

Cercai le parole adatte. <<Niente>> risposi infine alzandomi dal letto. Andai verso la sedia dove erano riposti i miei vestiti. <<Rispondimi>> mi infilai la maglietta non badandolo. <<Puoi rispondermi?>> chiese alzandosi anche lui infastidito. Lo guardai con i pantaloni della tuta ancora in mano. <<Te l'ho detto. Niente>> gli voltai le spalle andando verso il piano di sotto.

 <<Non credo di essere venuto qui senza una motivazione>> mi arrestai sul pianerottolo tra il primo piano e il piano terra. <<Tu ieri non mi hai dato una motivazione, quindi non so proprio dirti perché ti trovi qui>> alzai le spalle. Dire che era infastidito era poco. <<Abbiamo scopato come non hai mai fatto in tutta la tua vita e ti vergogni, giusto?>> gli risi in faccia. Il suo ego era grande come io villone in cui ci trovavamo. 

<<La tua finezza mi lascia sempre senza fiato>> mi fece un sorrisetto sarcastico. <<Credo tu sia rimasta senza fiato anche da qualcos'altro>> alzai gli occhi al cielo senza rispondergli. Scesi fino in cucina e ringraziai che tutta la ciurma di persone ingaggiate dai miei genitori fossero con loro e non in quella casa. Sarebbe stato imbarazzante dover affrontare la cameriera e doverle spiegare del perché ero in mutande con un ragazzo dietro di me che mi inseguiva facendo battutine. 

SaudadeWhere stories live. Discover now