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Ho coltivato sogni d'amore, dipingendo immagini

di sguardi che si incontrano come stelle nel cielo,

ma nell'inesplicabile danza del destino, mai avrei previsto

che solo i miei occhi potessero donare luce ai suoi.


Le lacrime mi rigavano le guance e un peso sul petto mi rendeva difficile respirare.

Un freddo gelido serpeggiò per la mia schiena mentre le catene dell'immobilità si stringevano implacabilmente.

Un senso di impotenza divorava ogni pensiero, ogni tentativo di movimento schiacciato da una forza sconosciuta.

La mia mente era in uno stato di allerta, ma il mio corpo era una prigione, con il respiro affannato a suscitare solo una debole ondata di agonia.

Una presenza sfuggente si materializzava di tanto in tanto all'orlo del mio campo visivo, una figura evanescente che danzava al confine tra mondo reale e dimensione oscura.

Il suo volto rimaneva nascosto nell'ombra, ma emanava un'aura di malevolenza inconfondibile.

Mi strinsi alla coperta in cerca di un aiuto, schiusi le labbra pronta ad urlare ma le parole rimasero imprigionate in una gola stretta da dita invisibili.

Il terrore aumentava, una tempesta che gonfiava il mio petto, facendo affiorare l'angoscia in ogni centimetro del mio essere.

L'atmosfera si faceva sempre più densa, un'oscurità viscosa che inghiottiva il respiro e incrinava la ragione.

La paura diventò tangibile, un'entità viva che sembrava nutrirsi del mio sconforto.

Non c'era fuga, solo l'implacabile percezione di essere vulnerabile in balia di forze oscure.

E poi, dall'ombra, emersero gli occhi.

Due punti di luce malevola che fissavano la mia anima, una connessione diretta con l'ignoto.

Si muovevano lentamente, quasi fluttuando nell'aria, la loro intensità aumentò ad ogni battito del mio cuore.

Si avvicinarono, sinistri e inafferrabili, fino a toccare il mio corpo con un contatto che bruciava come ghiaccio.

Con un balzo, mi svegliai.

Il peso insopportabile che aveva oppresso il mio petto era svanito, così come l'incubo che aveva consumato la mia mente.

Il mio respiro era rapido, affannato, ma le guance erano ormai asciutte.

Tastai la coperta con le mani, cercando di discernere se fossi davvero sveglia o ancora intrappolata in un sogno.

Guardandomi intorno notai che si era fatta mattina, la luce calda dei raggi del sole filtrava attraverso la finestra, dipingendo motivi di luce sul pavimento.

Fu il suono dei clacson delle auto bloccate nel traffico a convincermi che ero veramente sveglia.

L'assenza di rumore del mio ricorrente incubo notturno sembrava ormai un ricordo lontano.

Mi sollevai dal letto, l'ansia ancora palpabile nelle vene. Forse cercare un aiuto professionale avrebbe dissipato questa spirale di terrore notturno.

Tuttavia, la realtà cruda e concreta era lì a ricordarmi delle mie limitazioni.

La ricerca di un nuovo lavoro era diventata una necessità pressante, e finché non avessi trovato una fonte di reddito stabile, non avrei potuto permettermi di consultare uno specialista.

La LucciolaWo Geschichten leben. Entdecke jetzt