Mi alzai senza esitazione anche se la schiena mi faceva male. Mi sistemai i paracalli e tornai sullo staggio più carica di prima.

Quando atterrai di nuovo sul materasso, questa volta per indicare alla giuria la fine del mio esercizio, il pubblico applaudì. Scesi dai materassi e diedi il cinque alle mie compagne per poi andarmi a sedere su una sedia. Tutti quelli intorno a me, specialmente Will e Bella capivano che non fosse il momento più adatto per parlarmi, così rimasi per conto mio fino al cambio di rotazione.

La trave non andò meglio, gli sbilanciamenti non mancarono, specialmente per cercare di farmi cadere ma fortunatamente riuscii a mantenere l'equilibrio per metà esercizio. Ero molto sconcentrata dopo la caduta a parallele ed era difficile rimanere con la concentrazione totalmente sull'esercizio senza pensare che sarei potuta cadere da un momento all'altro deludendo tutti, ma soprattutto me stessa. Tutto il pubblico era in silenzio, come se volesse con una voce fossi potuta cadere. Infatti pochi elementi dopo, caddi stupidamente da una serie artistica di salti, non prendendo bene la trave con il piede. Appena atterrai mi guardai intorno, tutto per non vedere la faccia di Will e delle mie compagne.

Ero molto delusa dalle mie scarse prestazioni e soprattutto ero arrabbiata perché dopo tanto lavoro, sacrifici e sudate ero capace di fare molto meglio di questo. Ero migliore di quello che avevo appena fatto e sapevo di potercela fare. Ma in quel momento avevo solo dimostrato a chi poteva pensare di abbattermi che era possibile.

La mia gara terminò così, con me che ero incazzata con il mondo e cercavo di evitare ogni forma di vita umana piuttosto che scambiare due parole con qualcuno.

Rimasi al mio posto per quasi tutta la gara, andando solo qualche volta a bere. Era normale per me rimanere sola, isolata dal mondo ripensando al mio errore. Tutte quelle della squadra invece dopo essere cadute erano così serene che quasi mi facevano rabbia. Era impossibile per me rimanere serena e sorridente quando avevo sbagliato un esercizio che avevo provato un'infinità di volte. Ma io ero così, testarda e autocritica come se fossi sempre in guerra con me stessa e la mia coscienza. Non mi accontentavo mai.

La gara alla fine la vinsero le avversarie di qualche punto, probabilmente determinati da me. Forse ero esagerata o forse no, ma la cosa che proprio non riuscivo a spiegarmi era la felicità di tutti i presenti nonostante la vittoria degli avversari. Tutto il pubblicò applaudì e le mie avversarie sorrisero ed abbracciarono le sfidanti come se fossero amiche da una vita.

Uscii, finalmente, dal palazzetto con la testa che mi esplodeva. Il rimorso e i sensi di colpa per aver sbagliato l'esercizio erano così forti che quasi mi stavano travolgendo. Quando la brezza oceanica mi sfiorò, i miei occhi si riempirono di lacrime che minacciavano di uscire. Sapevo che essere troppo emotiva in campo gara non era una buona cosa, ma quando uscivo fuori da quell'ambiente mi facevo trascinare dai miei sentimenti che molte volte erano quasi distruttivi dentro di me, come una palla da demolizione.

Cominciai a camminare verso il nulla. Una meta precisa non la avevo, ma sapevo certamente che se fossi stata in quella zona per un altro minuto sarei morta.

Delle voci alle mie spalle cominciarono ad urlare il mio nome e per mia grandissima sfortuna dovetti girarmi verso di esse. Vidi alle mie spalle Sophia e Matt che mi stavano venendo incontro. Erano raggianti in volto con due sorrisi larghissimi che solo loro due possedevano. Erano uno il sole dell'altro, due stelle che brillavano anche nell'oscurità più assoluta. Loro due erano davvero la più bella coppia che avessi mai visto, si capivano con un cenno, si amavano e si rispettavano come marito e moglie, anche se in realtà erano soltanto una coppia di liceali.

Appena mi furono davanti mi abbracciarono ma non ero in vena così mi staccai il più velocemente da loro. Mi dispiaceva sembrare così fredda, ma in quei momenti desideravo soltanto rimanere sola con me stessa.

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