Capitolo quarantadue.

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Come deciso, il giorno dopo io e Cameron ci siamo recati dalla polizia, spiegandogli tutto l'accaduto nei minimi dettagli e mi hanno detto che faranno il possibile per trovare il responsabile.
Nelle settimane successive sono andata a trovare Jade ogni giorno per minimo due ore. Ancora non si è svegliata, ma almeno è viva. Abbiamo fatto a turni ed io sono sempre più stanca, la pancia ormai si è ingrandita e ho continui dolori alla schiena.
Più guardo Jade in queste condizioni e più mi sento orribile, non posso fare a meno di pensare che sia stata tutta colpa mia, non dovevo parlarne con nessuno. Ma ormai è successo e da una parte dopo averne parlato con i ragazzi mi sono sentita molto meglio, ma dall'altra sapevo che non sarebbe andata a finire bene.
«Buongiorno», mi saluta Hayley, porgendomi il caffè della macchinetta dell'ospedale.
«Ehi, grazie. Già sei qui?» le rispondo, dandole un bacio sulla guancia.
«Volevo vedere come stavi, sei qui tutta sola»
«Grazie, sei un tesoro. Come vuoi che stia, si tira avanti», faccio spallucce ed Hayley annuisce, continuando a bere il suo caffè. Oggi me ne serviranno minimo venti. Si sono fatte le tredici, il che significa che sta per iniziare il turno di Hayley e Carter, così ne approfitto per tornare a casa e mangiare qualcosa, anche se è l'ultima cosa che vorrei fare.
Appena entro in casa sento il silenzio più totale, dovrebbe esserci Nash in casa. Salgo di sopra ed entro nella sua camera, trovandolo sul letto che fissa il soffitto.
«Vuoi mangiare qualcosa?» gli chiedo.
«No», risponde secco.
«Sei sicuro?»
«Sì». Dato che ancora non si è ripreso del tutto, decido di lasciarlo stare, così torno di sotto.
Non so proprio cosa mangiare, il mio stomaco brontola ma non ho per niente appetito. Lascio stare e mi sdraio sul divano, dato che sono giorni che non chiudo occhio, ma tanto non serve a niente.
Dopo l'incidente di Jade non sono più me stessa, è come se fosse morta una parte di me, qualcosa si è spento e questo non fa bene né a me, né alla bambina.
Negli ultimi giorni Cameron mi è stato molto vicino, si fa forza per tutti e due. Lo sconosciuto non mi manda messaggi da un po', ma ormai non mi stupisce più, prima o poi si fa sempre vivo e stavolta spero si faccia sentire, così lo incontrerò e lo ucciderò con le mie mani.
«Ei, hai mangiato qualcosa?» mi chiede Cam, neanche mi sono accorta che è tornato.
«In realtà non ne ho voglia», rispondo svogliatamente.
«Dovrai mangiare prima o poi, ti ricordo che hai mia figlia in grembo e anche lei starà morendo di fame», scherza Cam, che mi strappa un sorriso.
«Va bene, va bene», mi arrendo e Cam sorride soddisfatto.
Si dirige in cucina e dopo qualche minuto mi porta il pranzo sul divano.
«Grazie amore. Comunque più tardi ho una visita all'ospedale, devo fare i soliti controlli», informo Cam, mentre mangio il mio panino.
«Va bene. Ti accompagnerei, ma devo andare con Shawn da Bart, dobbiamo dirgli che non siamo ancora pronti per continuare a fare le interviste o le foto fino a quando Jade non starà meglio», mi risponde Cameron e annuisco.
«Capirà. Sembra un duro ma alla fine vuole bene a tutti noi. Spero possano capire anche quelli della redazione della Vogue», ribatto accarezzandogli la guancia.
«Già, lo spero anche io. Vado di sopra da Nash, è a pezzi vero?» continua e annuisco, mio fratello non si riprenderà facilmente.
Appena finito di mangiare, mi alzo dal divano con fatica e raggiungo la mia stanza. Decido di vestirmi pesante, qui fa molto freddo.
Saluto Cameron e Nash ed esco di casa, salgo in macchina e mi dirigo verso l'ospedale con cautela, in quanto le strade sono ricoperte dalla neve. Dopo i controlli, che sono andati bene, ne approfitto per raggiungere il reparto dov'è ricoverata Jade, trovando seduti i Jacks e Matt.
«Ei Alison», mi saluta JackJ.
«Ciao ragazzi. Novità?» domando, sedendomi accanto a loro.
«Ancora no. Stamattina l'hanno portata in sala operatoria, di nuovo e spero sia andato tutto bene», risponde Matt passandosi una mano nei capelli.
«Dovremmo parlare con il dottore che la sta seguendo, solo che non c'è mai», continuo e i ragazzi annuiscono. Il dottore un giorno c'è e gli altri sei no.
Saluto i ragazzi, dicendogli che ci saremmo visti più tardi e ritorno alla mia macchina, dove trovo un foglietto attaccato al finestrino.
"Lake Norman, ti aspetto"

Ormai non sono neanche più sorpresa di ritrovarmi ovunque questi messaggi anonimi. Chiudo il biglietto ed entro in macchina, ma non so se andarci o meno. Forse scoprirò chi è una volta per tutte, forse vuole incontrarmi per spiegarmi tutto quello che sta succedendo. Ma cosa dico, di certo non mi confesserà il motivo.
Sbuffo e decido di andare a Lake Norman, altrimenti me ne sarei pentita.
Una volta arrivata, parcheggio l'auto e spengo il motore, ma non ho intenzione di scendere. Aspetto, senza smettere di guardarmi intorno, ma niente. Dopo una manciata di minuti che sono ancora in macchina, mi arriva un messaggio: "Alza lo sguardo".
Distolgo velocemente lo sguardo dal cellulare, guardando avanti e il cuore inizia a battermi all'impazzata. Vedo una figura davanti a me, a qualche metro più distante, totalmente vestita di nero e con un passamontagna che copre il suo viso. È immobile e mi sta fissando.
Prendo coraggio e scendo, senza avvicinarmi troppo.
«Bene, finalmente. Eccoci, io e te. Che cosa vuoi? Vuoi lasciarmi in pace una volta per tutte? Mi stai rovinando la vita!» grido, fissando negli occhi la persona davanti a me e in base alla corporatura deduco sia un maschio. Non mi risponde, rimane immobile.
«Bene, sto anche parlando da sola. Mi stai facendo perdere tempo, ti prenderei a pugni. Non mi fai paura, non più», continuo e mi giro, incamminandomi verso l'auto. Prima che possa fare più di tre passi, lo sento tossire.
Mi fermo, chiudo gli occhi per qualche secondo e mi giro di nuovo verso di lui, che non si è mosso di un centimetro.
«Mi stai prendendo in giro?» gli chiedo, sapendo già che non avrei ricevuto risposta, ma lo vedo scuotere la testa e portarsi una mano sul collo, all'inizio del passamontagna.
Sta per toglierlo, finalmente sto per scoprire chi si nasconde dietro quel maledetto numero che mi ha spaventato per mesi.
Alza lentamente il tessuto appena sotto il naso, quando mi squilla il telefono. Titubante, abbasso lo sguardo verso la tasca della mia felpa e appena lo prendo, l'uomo è sparito, scomparso nel nulla. Sospiro, non accorgendomi che fino a questo momento ho trattenuto il fiato per tutto il tempo.
Maledico mentalmente Cameron e rispondo.
«Che c'è? Sto tornando», rispondo scocciata, salendo di nuovo in macchina.
«Ho parlato con Bart, è andato tutto bene e ora sono all'ospedale con gli altri, sembra che Jade si stia riprendendo abbastanza in fretta», mi avvisa e non posso fare a meno di sorridere.
«È fantastico! Arrivo subito, però dobbiamo parlare, devo dirti una cosa», rispondo.
«Ti aspetto e non farmi preoccupare»
«Stai tranquillo, sto arrivando», lo rassicuro e chiudo la chiamata.
Jade sta bene, si sta riprendendo, conta solo questo. Appena arrivata saluto gli altri e mi avvicino a Cam, abbracciandolo.
«Piccola, cosa mi devi dire?» mi chiede, lasciandomi un bacio sulle labbra.
«Non ti arrabbiare. L'anonimo si è fatto vivo e l'ho appena incontrato e-»
«Tu hai fatto cosa?! Cristo, Alison! Non dovevi andarci da sola», esclama Cam, alzando la voce.
«Fammi finire! Sto bene, non mi ha fatto nulla. Sono andata a Lake Norman, avevo trovato un biglietto sulla macchina, quindi sono andata lì e l'ho visto, stava per togliersi il passamontagna quando mi hai chiamato tu», spiego velocemente e Cameron si passa una mano nei capelli.
«Cosa significa? Ora vuole rivelarsi? Sono confuso»
«Non lo so e nemmeno mi interessa, mi sono stufata dei suoi giochetti. Voglio vedere Jade», rispondo e Cam annuisce, accompagnandomi davanti alla stanza. Entro e la vedo distesa sul lettino, con addosso delle flebo ed ha ancora gli occhi chiusi.
«Poverina, è ridotta piuttosto male», commento.
«Già, ma i dottori hanno detto che si sta riprendendo velocemente. Ti lascio qualche minuto», risponde Cameron e mi lascia un bacio sulla guancia prima di uscire dalla stanza.
Mi siedo accanto alla mia amica e le prendo la mano, senza staccare gli occhi da lei.
«Sono contenta che stai meglio, davvero. Forse ora non riesci a sentirmi, ma credo di doverti delle scuse, mi sento in dovere di farlo. So che quando ti sveglierai vorresti menarmi, ripetendomi che non è colpa mia, ma io credo il contrario e non sai cosa darei per tornare indietro e cambiare quello che ti è successo. Questa storia finirà, te lo prometto. Ti voglio bene J e te ne vorrò sempre», confesso con le lacrime agli occhi.
Con fatica, mi alzo in piedi e lascio la stanza, raggiungendo gli altri.
«Vado a riposare un po', tanto ci vediamo domani no?» avverto i ragazzi, che annuiscono.
«Wow, certo che questa gravidanza ti sta facendo diventare davvero brutta», sdrammatizza Taylor e gli rispondo alzando il dito medio.
«Forse Taylor ha ragione. Ti raggiungo dopo piccola», risponde Cam e gli sorrido, dandogli un bacio sulle labbra. Mi lascia una carezza sulla pancia, dopodiché mi dirigo verso la macchina e appena arrivata davanti casa di mio fratello scendo distrattamente dall'auto.
Perché riesco a chiudere appena lo sportello, quando sento un rumore dietro di me. Guardo il finestrino, che riflette una figura alle mie spalle, così mi giro di scatto, ma la persona davanti a me è stata più veloce.
Ricordo che mi ha messo una mano davanti alla bocca, dopodiché non vedo più nulla.

Il migliore amico di mio fratello 2 || Cameron Dallas.Where stories live. Discover now