THE WEM

De Moon0354

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Iris sognava una vita normale, eppure dopo un tragico evento, si ritrova catapultata in un mondo del tutto di... Mai multe

Premessa
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De Moon0354

La nostra corsa si concluse davanti ad un cancello di un parco ormai inutilizzato da anni.

Volsi uno sguardo curioso a Javier, lui si limitò a farmi un cenno con la testa di seguirlo.

Esegui senza proferire parola. 

Osservai come si tolse dalla spalla il borsone e lo lanciò in aria, in modo che arrivasse dall'altra parte del cancello, iniziando successivamente a scavalcarlo.

Arrivato in cima, con un salto atterrò dalla parte opposta. Aprii il cancello, così che io potessi entrare senza troppe difficoltà.

Mi guardai attorno. Era pieno di erbacce abbastanza alte, con al centro una fontana ormai prosciugata e di un colore opposto dal bianco.

Javier, mi riprese la mano e procedette la sua camminata, trascinandomi con sé.

Di fronte a noi si innalzò un portone di ferro abbastanza alto.

Javier alzò la mano e bussò due volte. Poco dopo dall'altra parte si udirono quattro colpi di risposta, successivamente la porta si schiuse mostrando un uomo in una tuta blu. 

<Genus?> pronunciò l'uomo.

 <Limus> rispose Javier.

L'uomo chinò il capo per fare un inchino, si spostò di lato per farci entrare. All'interno l'atmosfera era differente. 

C'era tutto un altro mondo.

Passammo varie stanze, una dopo l'altra, tutte piene di ragazzi e quattro o cinque ragazze, a giudicare dai loro visi erano dai venti ai trent'anni.

Erano impegnati in varie attività: Pugilato, tiro a segno e altre di cui non avevo conoscenza.

La nostra meta, considerando la lunga camminata che stavamo compiendo, era una delle ultime stanze dell'infinito corridoio.

Predissi il giusto. 

Javier questa volta non si scomodò a bussare, entrò direttamente, attirando l'attenzione di tutti gli uomini presenti al suo interno, impegnanti a discutere attorno ad un tavolo malandato.

Rivolsero uno sguardo vuoto a Javier, per poi squadrarmi da capo a piedi con uno sguardo diffidente.

Si mandarono occhiate tra di loro e annuirono.

In un battito di ciglia, le loro pistole erano puntate verso di noi.

Sussultai e strinsi più forte la mano di Javier.

Lui, prontamente si piazzò di fronte a me, per proteggermi dai loro mirini. 

<Siamo con Babi. Dobbiamo parlare con lei> dichiarò Javier con le mani in alto, in segno di pace.

Gli uomini non abbassarono le armi.

Si spostarono di lato mostrando una figura all'estremità del tavolo. 

<Permit concessa> pronunciò quell'uomo vestito in modo elegante.

Javier cautamente sorpassò il gruppo di uomini, che tenevano ancora le pistole puntate contro, proseguendo verso una porta.

Fece per aprila, ma un coltello, che passò nello spazio tra di noi, accanto alla nostre teste, sfiorandole, glielo impedì.

<Conviene allacciarti le scarpe>.

Tentai di voltare lo sguardo dietro di me per capire chi avesse parlato.

<No!> gridò sottovoce Javier, ed io mi bloccai.

<Allacciati le scarpe e usciamo da qui il più veloce possibile> Mi accovacciai, forse troppo velocemente, perché sentii dei rumori alle mie spalle e poi la voce di Javier. 

<Stai attenta! Abbiamo ancora le pistole puntate addosso> Annuii e procedetti con cautela a farmi i lacci della scarpe.

Una volta concluso, mi rialzai cautamente, e afferrai la mano di Javier, che non perse tempo ad uscire da quella stanza, e marciare a passo veloce un percorso segnato da delle frecce poste sul pavimento, che portarono ad un'altra porta.

Questa rispetto alle altre sembrava più quella di un caveau.

Javier prese il suo cellulare dalla tasca dei pantaloni per poi muovere le dita sullo schermo e rivolgerlo successivamente allo scanner posto sulla porta.

Dopo un segnale di apertura, procedemmo ad entrare.

<Iris!> Sentii il mio nome venire chiamato e due braccia avvolgermi dolcemente le spalle.

Era Babi.

Si staccò velocemente e mi rivolse un sorriso che ricambiai.

<Avete avuto problemi?> questa volta si rivolse a Javier. Lui scosse la testa.

<Bene. Vieni Iris ti spiegherò tutto>. Mi trascinò fino ad un tavolo molto lungo e mi fece sedere ad una delle grandi sedie poste attorno.

 <Cos'è questo posto?> domandai a Babi, impegnata a riempire tre bicchieri di acqua. Camminò verso di noi, poggiò i bicchieri sul tavolo e allargò le braccia sorridendo beffarda.

<Benvenuti nella mia casa delle bambole!>.

<Quindi quando da piccole mi chiedevi se volevo giocare con la casa delle bambole , intendevi questo?> Alzai le mani per indicare la stanza attorno.

<Più o meno si> rise lei, tornando, però , seria subito dopo. 

<A parte gli scherzi Iris. Dobbiamo partire ora. Alcuni dei miei soci hanno saputo di un programma, chiamiamolo così, da parte della polizia>.Bevve un sorso di acqua, per poi continuare. 

<Sapevano che c'entrava qualcosa la WEM. Qualcuno ha fatto lo sleale. Ovviamente non sappiamo chi e neanche da che Genus>.

<Ma, cosa sono queste Genus?> domandai quando il mio cervello ricollegò gli attimi prima, quando l'uomo all'entrata con la tuta blu pronunciò le stesse parole.

 <È latino, significa stirpe. È un modo per chiamare i vari gruppi della WEM. Non chiedermi quanti siano, perchè, onestamente non ne ho la minima idea> scosse le testa.

<Ma...insomma...come faremo? Dove staremo?...Stiamo partendo in quinta rischiamo di rimanere a piedi> metaforizzai.

<L'alloggio e l'ultimo dei nostri problemi> prese in giro lei. <E poi, non saremo soli>. 

Aggrottai le sopracciglia confusa.

<Ci saranno guardie ad ogni angolo, ogni nostra mossa è stata progettata, non c'è pericolo> le rivolsi uno sguardo scettico.

<Più o meno> Rise nervosamente.

<Iris> Voltai la testa verso Javier, che, per la prima volta, da quando eravamo in quella stanza, parlò.

<Sono sicura che tu vuoi sapere della morta di Coco e Luis, come noi d'altronde>. Annuii.

<Ma voglio essere anche prudente>. Ammisi

 <In situazioni come la nostra, non c'è spazio per la prudenza>Disse Babi guardando il vuoto.

La situazione stava diventando, per loro, irritante.

La suoneria del mio cellulare interruppe la conversazione.

Lo tirai fuori dalla borsa e guardai lo schermo, su cui c'era scritto un numero sconosciuto.

<Non rispondere!> gridò Babi, quando il mio dito si mosse sulla cornetta. 

Me lo strappò dalle mani e lo scaraventò dall'altra parte della stanza, rompendo il vetrino.

Rimasi a bocca aperta.

<Te lo ricompro. Ma adesso dobbiamo seriamente andare>.

Babi marciò con passo pesante verso un letto a castello, che notai solo in quel momento. Tirò fuori da sotto il letto due borse grandi.

Le scosse per pulirle dalla polvere che vi era sopra e afferrò il borsone di Javier, mettendoselo in spalla. 

Fece cenno con la testa di seguirla. Javier mi prese per il braccio e cominciò a trascinarmi.

Io seguii senza fiatare ancora scioccata per il mio telefono, ormai inutilizzabile, che giaceva sul pavimento grigio.

Aprì una porta che condusse a delle scale. Le salimmo per arrivare sul tetto della struttura.

Girai la testa per ammirare la vista della città, riscaldata dal sole di mezzogiorno. Non ci volle molto per capire che era passato tanto tempo da quando ero uscita dalla casa famiglia. 

L'appuntamento con la polizia era due ore fa.

Cosa avevano pensato tutti? Ci stavano cercando?

Erano queste le domande che mi ronzavano in testa, alle quali però non avrei potuto dare risposta.

Venni risvegliata dai miei pensieri quando un forte vento mi colpì il volto.

A pochi metri da me e Javier era parcheggiato mezzo di trasporto misto a un elicottero e un Jet privato. Rimasi stupefatta, per, non so quale numero di volta.

Babi salutò con un cenno di mano, quello che credo fosse l'autista, per poi lanciare i tre bagagli all'interno del veicolo.

<Prima gli ospiti> Ci invitò allargando un braccio. Guardai Javier, che nel frattempo mi aveva lasciato andare. 

Mi sorrise e, dopo avermi fatto l'occhiolino, prese posto. Rimasi ferma, ancora incerta se partire o meno.

Tutta la determinazione che ebbi all'inizio, stava svanendo.

<Ti lascio tempo per riflettere Iris, io ti aspetto dentro con Javier>. Mi assicurò Babi prendendo posto vicino a Javier.

Presi un lungo respiro. La gravità della situazione non era difficile da capire. Il problema è che avevo paura. 

Stavo per andare in contro ad una delle azioni più illegali che potessero esistere.

Io, una semplice ragazza che aveva paura persino di saltare un giorno di scuola all'insaputa degli altri, stava per diventare una criminale.

Per quanto potesse essere elettrizzante, c'erano anche dei lati negativi.

Ma, per i miei fratelli, Luis e Coco, sarei andata in capo al mondo.

Con qualche colpetto, sul cuore, per farmi coraggio, presi a camminare con passo sicuro verso l'elicottero, mentre gli sguardi di sollievo e affetto di Babi e Javier, mi accoglievano.

Presi posto davanti a loro e annuii la testa, per indicare che finalmente potevamo partire.

<Possiamo andare> gridò Babi per farsi sentire dal pilota.

Sospirai mentre ammiravo la città, che si allontanava sempre di più a mano a mano che l'elicottero si alzava.

<Andrà tutto bene iris> Mi assicurò Javier prendendomi per mano.

Strinsi la sua, per conforto, rivolgendogli un sorriso di speranza, provocato dall'affatto che mi stava mostrando.

<Lo spero>. Furono le mie ultime parole, prima di chiudere gli occhi e abbandonarmi ad una sensazione di sfinimento che mi travolse improvvisamente. 

Destinazione: sconosciuta.

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