✯ Contiene riferimenti alla storia. Scappa se non l'hai ancora letta, ma hai intenzione di farlo e non vuoi spoiler ✯
In questo libro ci sono parole che abbiamo imparato a conoscere nostro malgrado dall'inizio del 2020. Tra virus, vaccini e varianti può sembrare che sia stata la pandemia a instillare in me la malsana idea.
Non è così. Ho scritto questa storia tra la fine 2017 e l'inizio del 2019 e a ispirarmi è stato qualcosa di molto diverso: il videogioco "Fallout 4". In barba a chi sostiene che i videogiochi rincretiniscano, trovo che molti RPG pongano dilemmi etici non da poco; ed è stato così in questo il caso.
I sintetici, spesso inconsapevoli della loro natura, a volte perfino ostili ai loro simili (e in qualche occasione ostili anche dopo aver scoperto la propria identità), hanno lasciato uno strascico in me. E da quello è nato "Marchio di fabbrica".
Inizialmente Skyler doveva chiamarsi Jade, nome che ho poi usato per la gemella di Emerald. Avevo preso il considerazione anche la variante Skylar, ma non mi convinceva.
E, no, il suo personaggio non è autobiografico; non le ho dato il mio nome, al contrario: ho preso in prestito il suo semplicemente perché mi piace.
Il nome originale di Jacen era Kanan, in onore di uno dei miei Jedi preferiti (qui torna il mio amore per l'universo di Star Wars). Però mi piaceva troppo il cognome Kinall, che suonava male con il nome, e ho preferito ribattezzarlo, pur restando in famiglia.
Anche la Serania all'inizio aveva un nome diverso: Valesia. Ambrian invece è sempre stata la capitale, mi sono subito innamorata del suo nome.
Come per "Ombre su Nephle City", anche per "Marchio di fabbrica" ho pensato e scritto una marea di dettagli sul funzionamento della vita in Serania, Mendelia, Terasia... Dettagli che però non potevo inserire nella storia se non forzando la narrazione e appesantendo ogni cosa con inutili spiegoni.
Il titolo di questo libro è rimasto in sospeso per molti mesi. Avevo fretta di farlo leggere ai miei lettori abituali per sapere cosa ne pensassero, e non aveva ancora un nome. Quindi ho piazzato sulla copertina un banalissimo "Un nuovo inizio" e l'ho lasciato lì fino a che non mi sono decisa a dare una dignità al tutto. E, all'ennesima rilettura, è stato il buon Rory a suggerirmi il titolo perfetto.
Il progetto iniziale non prevedeva che il caso Tannor fosse collegato alla storia. Ma, durante la stesura, mi sono resa conto che quell'accenno a un assassinio, buttato lì in fretta e furia, poteva creare confusione al lettore. E ho capito che, al contrario, poteva essere utilissimo a me. Quindi il poveruomo da spietato omicida è diventato synth e vittima.
BOLLINI: