117. Alexis ☼ L'esca (parte II)

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Lo so, piccola. So che è una trappola.

E l'esca sono io.

Lavinia mi fissa con un'intensità quasi dolorosa. Pallida e scarmigliata, ha un'aria così fragile che temo potrebbe spezzarsi da un momento all'altro. Le trema il labbro inferiore e il terrore si riflette nelle sue iridi come i fari di un'auto in quelle di un cerbiatto.

Resisti ancora un po', principessa. Non sono il principe che meriteresti, ma sono qui per te. Farò fuori l'orco cattivo e mi assicurerò che non possa nuocerti mai più.

Le rivolgo uno sguardo rassicurante, voglio convincerla che ho tutto sotto controllo. Lei fa per dire qualcosa, ma il fragore della pietra che cozza contro il metallo rimbomba nell'aria e copre le sue parole.

Gli angeli del ponte atterrano sulla terrazza tutti insieme e ci circondano. Sono in dieci, giganti dai corpi flessuosi e i volti inespressivi. L'Oscuro li ha risvegliati dal loro sonno di pietra e li ha resi schiavi, burattini privi di volontà e pronti a eseguire i suoi ordini. In una parola: golem.

Il bastardo tiene Lavinia davanti a sé come uno scudo e sorride.

«Balthazor! È un piacere rivederti. Sei solo?»

«Non mi serve alcun aiuto per farti a pezzi».

«La tua schiettezza mi diverte anche quando rasenta la stupidità. Che posso fare per te?»

Sollevo un sopracciglio e getto un'occhiata significativa alle sentinelle di pietra disposte intorno a noi. «Hai allestito questo spettacolo per avere la mia attenzione, perciò pare che sia tu ad aver bisogno di me» osservo, ostentando una calma che non provo affatto. «Ora sono qui. Dimmi cosa vuoi e facciamola finita».

«Quanta impazienza!» replica l'altro, senza celare la nota di scherno nella voce. «Non ho mai visto un demone darsi tanta pena per un'umana. Proprio non capisco cosa ci trovi in lei. È per il suo corpo?» Lavinia lancia un urletto tra il sorpreso e il nauseato quando la mano di Asmodeo scende a palparle un seno. Mi guarda in cerca di aiuto e io devo mettere a tacere l'istinto che mi urla di precipitarmi lì e staccargli il braccio, subito.

«È graziosa, non lo nego, ma potresti avere di meglio».

Scrollo le spalle e fingo indifferenza, mentre la rabbia si accumula dentro di me come lava in un vulcano. Continuando in questo modo l'eruzione sarà inevitabile. «Possiamo discutere dei miei gusti in fatto di donne, oppure possiamo parlare di quello che ti interessa davvero».

«E sarebbe?»

«Restare vivo, per esempio. Ho sentito che hai qualche problema col tuo nuovo corpo».

Il sorriso beffardo sparisce di colpo. «Hai origliato. Meglio così. Almeno non dovrò spiegarti niente. Lasciami aggiungere che se non collabori sarò costretto a farle molto male». Ha appena finito di dirlo che un angelo - un colosso alto più di tre metri - afferra Lavinia come fosse una bambola, bloccandole i polsi dietro la schiena.

«I miei golem non sono molto bravi a dosare la forza. Una pressione anche minima basterebbe a spezzarle le braccia».

Serro i pugni e sento zanne e artigli allungarsi. Balthazor ruggisce e scalpita per farsi largo. Gli lascerei campo libero, ma c'è in gioco la vita di Lavinia. La sua sicurezza viene prima di ogni altra cosa. Non darò a quel bastardo un pretesto per mettere in atto le sue minacce.

«Michele». Cerco mio fratello con la mente, consapevole che può sentirmi. «A che punto siete?»

«Manca poco. Abbiamo quasi finito». La voce del Serafino mi rimbomba nella testa. È strano comunicare con lui in questo modo, soprattutto dopo infiniti secoli di silenzio. Non percepisco la sua aura, ma so che lui e le streghe sono qui e stanno lavorando a un incantesimo per isolare questo posto e impedire a sguardi mortali di scorgere quel che avviene tra le sue mura. La sua presenza doveva restare un segreto, ma quell'idiota non ha resistito. Si è esposto allo sguardo del nemico per salvare la vita di una bambina.

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