105. Lavinia ♀ L'amore di un padre

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«Papà».

Non riesco a crederci. Proprio qui, davanti a me, c'è mio padre.

Non lo vedevo da prima dell'estate, quando ha riunito me e mia madre in salotto per comunicarci che sarebbe andato via di casa.

Giovanni Coletti è un tipo aitante, che si prende cura del proprio aspetto, ma con un debole per la buona cucina che lo ha condannato a essere sempre un po' in sovrappeso.

Se fin da piccola ho insistito per imparare a far da mangiare è stato solo per lui, perché mi piaceva la luce che vedevo nei suoi occhi quando gustava il cibo che gli avevo preparato.

Era bello cenare insieme raccontandogli la mia giornata, in attesa che la mamma tornasse dal ristorante. A lui potevo dire qualunque cosa, anche i dettagli che a mia madre preferivo tacere perché sapevo che li avrebbe criticati o fraintesi.

L'intimità di quei momenti contribuiva a rendere speciale il nostro rapporto.

Poi lui se n'è andato, ed è finito tutto.

L'uomo che ho davanti non ha niente in comune con quello che abita i miei ricordi. Indossa abiti informi, troppo grandi di almeno due taglie, e io fatico a riconoscere in quel viso smunto e segnato dalla stanchezza i lineamenti forti e decisi che ho avuto davanti per tutta la vita. 

«Lavinia!» La sua voce però è ancora la stessa... e quanto mi è mancata! Senza pensarci, supero Edoardo e mi butto tra le sue braccia. Sussulto avvertendo l'estrema magrezza del suo corpo.

Come hai fatto a ridurti così, papà? Sollevo lo sguardo e l'osservo con attenzione. Sembra sorpreso ed emozionato quanto me, ma ci sono anche tristezza e un dolore immenso nei suoi occhi.

«Che ti è successo? Come mai sei qui, papà?»

«Amore mio...» mormora. «Dio... perché mi fai questo?» Lo osservo, confusa, poi capisco che non ce l'ha con me. Sta fissando Edoardo con un'aggressività che non avrei mai creduto di scorgere in un uomo mite e gentile come lui. 

Prima che l'altro possa rispondere, qualcuno esclama: «Ma che bella riunione di famiglia! Mi dispiace intromettermi... no, non è vero. Non mi frega un accidenti di urtare i vostri sentimenti.» 

Volto appena il capo, senza staccarmi da mio padre, e spalanco gli occhi per la sorpresa. «Amedeo? Che ci fai tu qui?»

Lui ammicca nella mia direzione. Indossa un paio di jeans e la felpa blu cobalto con il logo dell'università. La luce morbida delle plafoniere accarezza le lucide corna nere e ritorte, simili a quelle di un ariete, che spuntano in mezzo ai capelli castani, poco sopra le orecchie.

Una parola risuona nella mia mente come uno sparo: demone.

«Ciao Lavinia. È un po' che non ci si vede. Devo scusarmi con te per il pessimo comportamento che Kyramechi ha avuto nei tuoi confronti. Se non ci avesse già pensato mio cugino, le avrei dato volentieri una lezione.»

Per un po' mi limito a fissarlo, confusa, poi finalmente comprendo. «L'hai mandata tu da me? Stava per uccidermi!» Sento mio padre sussultare al mio fianco e non so più se è lui a sostenermi o il contrario. 

Amedeo alza le spalle, accantonando la questione con un gesto. «Un piccolo errore di valutazione. In ogni caso, ora sei qui». Si rivolge a Edoardo, ignorandomi. «Lo stregone mi ha riferito che dovrà accadere stanotte. Perché stai perdendo tempo invece di fare la tua parte?»

Edoardo replica al suo tono seccato con un'espressione altrettanto infastidita. «Lei non è pronta. Sai bene quanto me che uno stupro non servirà alla nostra causa. Perché funzioni, deve essere consenziente.»

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