51. Alexis ☼ Ricerche

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Quando vi rimetto piede, il mio appartamento è vuoto e silenzioso. Sono sollevato: per un attimo ho temuto di trovare Kyra ad attendermi, o peggio, Asmodeo.
Mi libero degli indumenti sporchi e strappati, gettandoli nell'immondizia. Le costole sono ormai del tutto saldate, mentre i graffi che Nix mi ha procurato sono ancora ben visibili, la pelle arrossata fa fatica a rimarginarsi. Sospetto che le sue unghie fossero imbevute dello stesso veleno in cui vengono immersi gli Akra.

Quella stronza ha avuto esattamente ciò che meritava, ma avrei preferito che Maverik non fosse così rapido nel toglierla di mezzo. Come tutti i sicari infernali, Nix era insensibile alle torture, perciò dubito che interrogarla sarebbe servito a qualcosa, tuttavia, anche così, la sua scomparsa creerà un mucchio di problemi. Asmodeo non la prenderà bene e quando è in collera le sue reazioni possono diventare imprevedibili.

Dopo una doccia veloce, indosso un completo scuro senza cravatta ed esco di nuovo. Il cielo grigio promette pioggia e il vento freddo mi fa pentire di non aver preso almeno una sciarpa, tuttavia non c'è tempo per tornare indietro, perciò stringo il bavero della giacca e affretto il passo.

L'università possiede una banca dati informatica che contiene informazioni riservate su tutti gli studenti. L'accesso a questi files è precluso a chiunque tranne il Rettore e - in sua assenza - la Preside, Adele Moccia. Ogni sabato, quella donna si reca a Roma per far visita all'anziana madre, ospite in una casa di riposo, perciò sono sicuro di non trovarla in ufficio. Ciò nonostante, mi sono preparato una scusa, nell'eventualità che abbia cambiato programma e sia già lì ad attendermi.

Entro nell'edificio e mi avvicino al gabbiotto, dove il custode di turno, invece degli schermi delle telecamere di sorveglianza allineati sulla parete, è intento a guardare una partita di calcio in quello che ha tutta l'aria di essere un piccolo televisore. Nell'accorgersi della mia presenza, l'esultanza per il goal della sua squadra si tramuta in un singulto.

Lo saluto in tono cortese. «Buonasera Ernesto. Temo di aver dimenticato il telefono in ufficio, sa se qualche addetto alle pulizie lo ha trovato?»

«No, professore, non mi pare...» balbetta, in preda a un crescente imbarazzo. «Vuole che l'accompagni di sopra a controllare?»

«Non ce n'è bisogno, posso arrivarci da solo. Lei torni pure alle sue incombenze» replico, strizzandogli l'occhio, e lui, sollevato, mi lascia andare.

Prendo l'ascensore e salgo al quarto piano. Attraverso il corridoio con passo sicuro, dirigendomi verso il mio studio, ma non appena supero la telecamera montata nell'angolo, con un rapido movimento mi infilo in quello della preside. Come immaginavo, lei non c'è, perciò mi siedo alla scrivania e avvio il computer. La schermata di blocco mi dice che per effettuare l'accesso è necessario inserire una combinazione di due password.

Una seccatura, certo, ma nulla che non possa risolvere.
Perlustro la scrivania con lo sguardo e intanto rifletto, cercando una soluzione. La luce proveniente dallo schermo illumina due pile di fogli ordinati, un posacenere di cristallo e una grossa lampada da tavolo in vetro e ottone. Accanto al computer, una cornice di legno circonda la foto che ritrae Adele, sorridente, insieme ai suoi cani.

Uno dei vantaggi di essere un demone millenario consiste nel saper leggere la mente umana come fosse una cartina stradale. Quando scelgono una password, le persone comuni temono sempre di dimenticarla, perciò - nella maggior parte dei casi - si limitano a imboccare la via più facile, come la propria data di nascita, scritta in numeri o lettere, oppure il nome del coniuge o dei figli. Quasi nessuno usa quello dei genitori o dei fratelli, preferendo, in alternativa, quello del proprio animale domestico.

I due cocker spaniel di Adele si chiamano Spillo e Grace e con i loro grandi occhi scuri, il tartufo umido e la lingua penzoloni, ricambiano il mio sguardo dall'unica foto presente sul ripiano.

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