34. Lavinia ♀ La chiave della vita

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Seguo Christofer fuori dall'università. In cielo, il sole gioca a nascondino dietro le nuvole che corrono veloci, trascinate dal vento. Giriamo attorno all'edificio e ci troviamo in un giardino ben curato, con siepi potate alla perfezione e alberi che stanno lentamente perdendo le foglie. «Carino qui» osservo. «Non ci sono mai stata.»

Chris mi indica quello che ha tutta l'aria di essere un antico castello, con tanto di torre e mura merlate. «Vedi quel palazzo? È identico a come era quando ancora ci abitavano i marchesi. Adesso ospita la biblioteca.»

«Chissà se qualche fantasma si aggira per i corridoi.» scherzo, ma Chris non sorride alla mia battuta. «Sono preoccupato per te, Lavinia.»

Sospiro e mi fermo per guardarlo in viso. «Non devi, non ce n'è bisogno.» cerco di rassicurarlo, ma la mia voce non suona abbastanza convincente.

«Mi dici dove sei stata ieri notte? Eva ha chiamato ed era fuori di sé dalla preoccupazione.»

Rabbrividisco e mi strofino le braccia con le mani. Nella fretta non ho preso un giubbotto e il vento fresco penetra il tessuto sottile della mia camicia.

«Non posso, Chris, mi dispiace.»

«Non puoi o non vuoi?» Si passa le mani tra i capelli in un gesto nervoso. «Credevo fossimo amici noi due.»

«Lo siamo!»

«Allora non escludermi, confidati con me!» La sua richiesta - all'apparenza così ragionevole - mi fa arrabbiare. «Tu invece te li tieni ben stretti i tuoi segreti» ribatto.

Lo vedo trasalire. «Di che parli?»

«Di te e la Professoressa Ilardi. Lo sai che vi ho visti dietro ai campi da tennis, te l'ho detto, eppure non mi hai dato nessuna spiegazione.»

«Ci hai visti? Quando me lo avresti detto, scusa?»

Ora tocca a me osservarlo con attenzione. Pare sorpreso sul serio, non sembra stia fingendo. Che non sia l'unica ad avere problemi con la memoria a breve termine? «Ieri, al lago... davvero non ricordi?»

Lui scuote il capo, confuso. «È stato poco prima che vedessi...» il mio tatuaggio. Abbasso lo sguardo sul polso e sento la pelle formicolare sotto la manica, non un dolore vero e proprio - come è accaduto poco fa a casa di Alexis - solo un lieve, fastidioso, prurito. Sono sul punto di mostrarglielo quando qualcuno pronuncia il mio nome.

«Chi si rivede.»

«Amedeo.» Il cugino di Alexis si fa avanti e ci raggiunge. I suoi occhi sono fissi su di me mentre sfodera un sorriso irresistibile. «Cosa ci fai qui?» gli domando. Lui alza le spalle. «Frequento questa università adesso. Anzi, visto che sono nuovo, ti andrebbe di farmi fare un giro?»

«Ehm, noi...» getto un'occhiata a Chris che sembra diventato una statua tanto è immobile e sta fissando Amedeo senza nemmeno sbattere le palpebre. Gli rifilo una gomitata e finalmente si scuote. «Continueremo questa conversazione più tardi, Lavinia.» dice, e senza aggiungere una parola se ne va.

Resto a fissare la sua schiena per qualche istante, sconcertata, prima che Amedeo richiami la mia attenzione. Manca più di un'ora all'inizio del corso di Filosofia, perciò ho tutto il tempo di accompagnarlo in una rapida esplorazione dell'ateneo.

Gli mostro il corpo principale della facoltà, in cui si trovano le aule delle lezioni e i laboratori, gli edifici che ospitano i dormitori, la palestra, la piscina e la mensa. «Laggiù, vicino al bosco, ci sono i campi da calcio e da tennis» dico, indicando in quella direzione.

Lui non sembra particolarmente colpito e si limita a registrare le mie informazioni con un cenno del capo. «Hai già scelto i corsi da seguire questo semestre? Se ti servono degli appunti te li presto volentieri.»

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