6. Lavinia ♀ Professore

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Questa università è enorme. Cerco invano di orientarmi, ma finisco col perdermi tre volte e sono costretta a chiedere indicazioni.

Quando vi metto piede, l'Aula Magna è gremita ed è difficile trovare un posto a sedere. Mi guardo intorno con poche speranze, ma mentre le passo vicino una ragazza si alza e mi indica il posto accanto a lei. «Lo tenevo occupato per il mio ragazzo, ma non credo che verrà. Ieri sera aveva gli allenamenti e a quest'ora probabilmente sta ancora dormendo.» Mi strizza l'occhio e sorride. «Comunque io sono Melanie.»

«Lavinia». Rotto così il ghiaccio scopro che Melanie è una matricola come me, mentre il suo ragazzo, Tony (Antonio), frequenta la USB già da un anno ed è il centravanti della squadra di calcio dell'Università. Da come ne parla si capisce che lo adora. A un certo punto smette di elencarmi le qualità del suo fidanzato e mi domanda a bruciapelo: «E tu? Hai qualcuno di speciale?»

Scuoto la testa, imbarazzata per quella domanda, mi volto e scorgo Christofer in mezzo alla folla. Mi sta guardando e non appena i nostri sguardi si incrociano mi fa l'occhiolino. Melanie, che ha assistito alla scena, ridacchia. «Beh, sono sicura che non rimarrai sola a lungo. Davvero un bel tipo, lo conosci bene?»

«Ci siamo presentati un'ora fa.»

«Sembra che lui non abbia finito di presentarsi. Guarda, sta venendo qui.» Christofer si sta facendo largo tra la folla per raggiungerci, ma non è facile vista la quantità di gente stipata qui dentro. Distolgo la mia attenzione da lui quando il microfono viene acceso e una bella donna di mezza età si avvicina al palco, scambiando saluti e strette di mano con quelli che già vi sono seduti. Poi si sistema davanti al microfono e inizia a parlare. 

«Cari studenti, stimati colleghi, anche quest'anno vi do il benvenuto qui all'università degli Studi Artistici e Filosofici di San Bartolo. Tutti gli studenti che scelgono la USB sono giovani brillanti e giungono qui pieni di entusiasmo: il nostro compito è nutrire il loro intelletto e affinare le loro innate capacità, affinché diventino un giorno uomini e donne in grado di fare la storia di questo paese.» 

«La Preside, Adele Moccia.» mi sussurra Melanie, mentre la donna continua il suo monologo, intervallato ogni tanto da scrosci di applausi. «Quello alla sua destra è il Professor Arnaldo Genghini, insegna Filosofia delle Culture Moderne e ha una pessima fama, pare che sia solito provarci con le studentesse, soprattutto quelle carine». Squadro il tipo dall'aria mansueta, i capelli prematuramente ingrigiti diradati sulle tempie e lo sguardo acquoso e non riesco proprio a immaginarmelo nelle vesti del seduttore. 

«Alla sua destra, invece, c'è la Professoressa Tiziana Ilardi. è una tosta, si dice che quasi tutti gli studenti dopo aver dato l'esame con lei si mettono a piangere.»

«Perché?» chiedo ingenuamente.

Melanie fa un sospiro teatrale. «Beh, alcuni piangono perchè li ha bocciati, ovvio. Altri invece, anche se ce l'hanno fatta, ne escono così a pezzi che a momenti decidono di cambiare corso di laurea. Non l'hanno mai vista ridere (se si esclude qualche malvagio sorrisetto di scherno), ed è talmente sadica con i suoi tesisti che sono sempre di meno quelli che hanno il coraggio di laurearsi con lei. Tutti i suoi assistenti sono dei fanatici che la venerano come fosse il Messia e baciano la terra dove cammina.»

«Che materia insegna?»

«Sociologia dei processi culturali e comunicativi».
Melanie indica altri insegnanti e mi racconta storie e pettegolezzi su ognuno. È molto ben informata, immagino grazie a Tony.

Provo a concentrarmi sul discorso della Preside, ma le sue parole suonano vuote e prive di qualunque attrattiva, perciò perdo interesse e mi guardo attorno. I miei occhi passano al vaglio decine di volti cercando inconsciamente un paio di penetranti occhi grigi.

Il viso dell'uomo misterioso torna ad affacciarsi nella mia mente. Ho come la vaga impressione di averlo già visto, ma è impossibile, perché una faccia come la sua non te la puoi dimenticare facilmente. Non saprei attribuirgli un'età precisa, ma credo sia più vicino ai trenta che ai venticinque. Troppo grande per essere uno studente e un po' troppo giovane per un professore. Forse un assistente? Il solo pensiero di lui mi provoca uno strano turbamento. Gli è bastato un unico sguardo per ridurmi a un ammasso di ormoni in subbuglio. E la sua voce... sexy da morire, musica per le orecchie, anche se aveva un tono arrabbiato. Mi domando se ce l'aveva davvero con me o se si è soltanto sfogato per il contenuto della telefonata. Sento le mie guance che si scaldano: se è capace di farmi questo effetto quando è incavolato, non oso immaginare come sarebbe chiacchierare con lui quando è di buonumore o addirittura vederlo sorridere.

Sono persa in quelle immagini oniriche quando il pubblico attorno a me esplode in un applauso più caloroso dei precedenti. Le ragazze in particolare sembrano in visibilio. Melanie mi dà di gomito e mi indica il palco. «Ma dico, hai visto che figo? E quello sarebbe un professore?»

Seguo la direzione del suo sguardo e mi trovo davanti l'oggetto delle mie fantasie in carne e ossa. Tiene una mano in tasca e con l'altra si sistema una ciocca di capelli ribelli. 

La voce della Preside Moccia mi riporta bruscamente alla realtà. «Vi presento Alexis Gerace, il vostro nuovo professore di Storia dell'Arte e Archeologia.» Poi passa a elencare tutti i suoi meriti e i titoli delle sue pubblicazioni, ma ne colgo solo una parte perché il brusio intorno a me è cresciuto e il pubblico femminile è così caldo che penso si potrebbe cuocere un uovo sulla fronte di ognuna di noi. 

Ignaro del trambusto che ha scatenato, con passo sicuro, il nuovo professore si avvicina al microfono. Ringrazia la Preside e il suo sguardo accarezza la platea di studenti. Le labbra si piegano leggermente all'insù nella pallida imitazione di un sorriso, ma basta questo a far sospirare tutte le donne presenti. Qualcuna si sventola pure con la mano. «Sono molto felice di essere qui con voi, oggi. Sono sicuro che ci intenderemo a meraviglia e a quelli che sono interessati ai miei corsi consiglio di venire a trovarmi più tardi, mi troverete al banco allestito per l'orientamento.»

«Oh, puoi giurarci che lo farò!» esclama Melanie tutta contenta. Lei è una di quelle che si stanno sventolando con maggior foga. «Vieni con me.» aggiunge, tirandomi per un braccio. «Qualcosa mi dice che quel banco a breve sarà molto affollato e noi dobbiamo essere le prime ad arrivarci!» Ci alziamo e attraversiamo l'aula affollata, scavalcando quelli che non avendo trovato posto sulle panche si sono accontentati di sedersi per terra. Rivolgo un'ultima occhiata al palco e scorgo la figura alta e inconfondibile del Professor Gerace. Il suo sguardo punta dritto verso di me e anche a questa distanza riesce a procurarmi un brivido. In un istante di pura estasi mi convinco che stia guardando proprio me, che mi abbia in qualche modo riconosciuta e che non voglia perdermi di vista: poi il mio lato razionale ha la meglio, mi dà un calcio nel sedere e mi ordina di smetterla con i voli di fantasia.

Torno a concentrarmi sulla schiena di Melanie e la seguo fuori dall'aula.

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