Prologo

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Gli alberi sono tutti uguali. I loro rami mi frustano il viso, le radici affiorano dal terreno, costringendomi a rallentare se non voglio rischiare di inciampare un'altra volta.

L'ultima caduta mi ha lasciato le ginocchia sbucciate e una caviglia slogata. Mi sono rialzata e ho continuato a correre, ma sento che si sta gonfiando e il dolore è diventato insopportabile.

Ho permesso al panico di impadronirsi di me, ho smesso di pensare e ora non so più dove sono. Al buio i sentieri sembrano tutti uguali. Non so dove sto andando, ma so che devo allontanarmi più che posso, allontanarmi da lui.

Mi guardo alle spalle, verso l'antica necropoli etrusca, scenario del nostro ultimo incontro, e improvvisamente rabbrividisco al ricordo del tocco delle sue mani, delle sue labbra capaci di aprire per me le porte del paradiso.

Questa sera, però, ho capito che il paradiso non esiste, invece l'inferno è fin troppo reale. Letteralmente.

La caviglia o forse un'altra maledetta radice mi tradisce e mi ritrovo di nuovo faccia a terra. Cerco faticosamente di rimettermi in piedi, appoggiando il peso sulla gamba buona, quando sento un fruscio e mi immobilizzo. Potrebbe essere un animale, questi boschi ne sono pieni, soprattutto di notte, ma l'istinto mi dice che non è così. È lui che si sta avvicinando. Sapevo che non mi avrebbe lasciata andare facilmente. La mia fuga lo ha colto di sorpresa, ma non è tipo da arrendersi: non smetterà di cercarmi finché non mi avrà trovata.

Con tutti i sensi all'erta, cerco riparo nel buio e mi appiattisco sul tronco dell'ennesimo albero senza nome, sperando che non mi scorga. Poi mi ricordo cosa è lui e capisco che si tratta di una speranza ridicola.

Mi troverà, ne sono sicura, è soltanto questione di tempo. Posso anche sfuggirgli stanotte, ma non riuscirò a farlo per sempre.

Lui è laggiù, da qualche parte, e sta venendo a prendermi.

Luce alle tenebre Where stories live. Discover now