112. Lavinia ♀ Il Signore delle illusioni

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Per alcuni terribili istanti, quella rivelazione mi paralizza. Poi però mi ricordo chi ho davanti e torno a respirare. «Sono tutte menzogne. Non credo a una parola.»

L'essere col volto di Edoardo scrolla le spalle. «Sei libera di credere quello che vuoi, non cambierà la verità. Il sangue mortale ti rende umana a tutti gli effetti, eppure percepisco qualcosa di diverso in te. Ho avuto a che fare con innumerevoli esemplari della tua razza ma mai avevo visto una cosa simile. Forse è una conseguenza della maledizione, che ha attivato il gene divino rimasto sopito per generazioni.»

Gene divino?

Ignorando il mio sconcerto, prosegue: «Sarebbe interessante scoprire di quali poteri tu sia dotata e fin dove possono spingersi. Peccato che non ce ne sarà il tempo.»

Quest'ultima affermazione mi strappa al caos di interrogativi in cui sono precipitata. «Perché dici questo?»

Il volto del mio interlocutore si rabbuia. «Ho atteso per più di tre secoli la tua nascita - la nascita di una femmina con il sangue giusto - invece è andato tutto storto. Il mio unico desiderio era far parte della Creazione, carpirne i segreti, prendermi tutto ciò che il mondo può offrire. Adesso però basta. Sono stufo di attendere. Se non posso salire a bordo, affonderò la nave assieme a tutti i passeggeri.»

«Non... non puoi dire sul serio!» esclamo, al colmo dell'orrore.

Un sorriso malvagio gli piega le labbra. Potrei supplicarlo, promettergli qualunque cosa, ma non servirebbe. Un mostro simile non possiede una coscienza alla quale appellarmi.

«Quello che temi è già cominciato. L'eterno conflitto tra bene e male, luce e oscurità, esiste da sempre ed è destinato concludersi prima o poi. Io gli ho solo dato una spinta.» La sua mano traccia un segno nell'aria. Al suo comando, le tenebre si spalancano, creano una finestra dalla quale filtra uno spiraglio di luce. «Osserva bene. Quel che sta avvenendo è anche merito tuo.»

C'è una voce dentro di me che mi grida di chiudere gli occhi e restare nell'ignoranza. Nonostante questo, mi avvicino e con un brivido di terrore fisso lo sguardo sulle immagini che scorrono come sopra uno schermo.

Alberi. I rami scheletrici si agitano, mossi dal vento. Delle persone - circa una trentina - se ne stanno al riparo tra i tronchi, cercando una tregua dalla tempesta. I loro volti mi sono familiari. Ci sono Eva, Chris e Melanie. La professoressa Ilardi e Raffaele. Alma, Consuelo e le streghe della congrega di Margareta. Hanno l'aria sconvolta e spaventata, alcuni sembrano confusi o in preda al panico e tutti tengono gli sguardi fissi sullo stesso punto.

Quasi avesse colto la mia curiosità, l'inquadratura si sposta nella medesima direzione. L'aria trema e l'eco di un ruggito mi percuote i timpani. È Balthazor. Guardarlo è come osservare il viso di Alexis riflesso in uno specchio deformante. La sua bellezza è intatta, ma ha assunto una sfumatura rude, selvaggia, brutale. Scuro come la notte e saldo come un bastione, le corna che sembrano sfiorare le nubi, il demone appare visibilmente a suo agio mentre tira fuori gli artigli e si accanisce contro un'alta figura alata.

Michele. Pur apparendo più "umano", in quanto a forza e possanza l'angelo non è secondo a nessuno. Il suo corpo - coperto solo da un paio di jeans - è una scultura vivente, tanto perfetto quanto letale. Le ali enormi frustano l'aria, tenendolo appena al di fuori dalla portata del nemico. Nel pugno brandisce una spada di fiamme, capace di ferire anche a distanza, come il sole che quando provi a fissarlo ti brucia le cornee.

Nonostante la stazza, i duellanti si muovono con l'agilità e la grazia di ballerini su un palcoscenico, parando e schivando gli assalti dell'avversario con consumata abilità.

Luce alle tenebre Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora