Capitolo 33

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POV. JADA

Ero così felice di aver passato una bella serata che entrai in casa fischiettando "Tutto bene amore?" urlò Guzman della camera da letto. Corsi velocemente da lui e senza pensarci mi ci buttai addosso, pronta a fare fuochi e fiamme sopra quel letto. Finito di fare l'amore m ritrovai tra le sue braccia "Allora raccontami com'è andata, sono curioso" mi accoccolai "All'inizio è stato strano. Ho perseguitato Zulema fino a un bar in periferia dopo che aveva finito di lavorare, la zona non era molto bella, c'erano parecchi barboni per strada e i negozi cadevano giù talmente erano vecchi" gli partì una risata "E tu come lo sapevi scusa?" "Perché le insegne erano rotte o spaccate, poi da fuori sembravano chiusi perché tenevano le luci soffuse, ma poi che te ne frega lo so e basta" scoppiai a ridere, mi voltai verso di lui poggiando il gomito sul cuscino "Poi l'ho raggiunta all'interno, lei era li tranquilla che beveva qualcosa e mi sono seduta. Era sorpresa della mia visita, tanto che all'inizio c'era un po' di imbarazzo, poi mi è bastato incominciare il discorso rompendo il ghiaccio che iniziò il discorso di entrambe. Sincera? Non mi ricordo precisamente quello che abbiamo detto, perché non mi sono preparata niente. Semplicemente le ho aperto il mio cuore spiegandole che per lei ci sarò sempre e che sono pronta per incominciare una nuova vita insieme, stando dietro ai suoi tempi e senza pressarla troppo" "E lei che ti ha detto?" "Che le andava bene. Ho invitato le ragazze al gala di sabato" "Dovrai chiamare mia madre per inviare le partecipazioni, ne sarà contenta" mi avvicinai baciando le sue morbide labbra "Lo so".

Martedì è il giorno più impegnativo, Guzman non lo vedo tutto il giorno e la madre mi lascia un sacco di compiti da fare: vai ad assaggiare la torta, controlla che le partecipazioni siano arrivate a tutti... Insomma un vero e proprio casino che ho imparato a gestire nel corso degli anni. Stavo facendo colazione quando mi arrivò una chiamata da un numero che non conoscevo, incuriosita risposi "Pronto?" "Jada?" era una voce famigliare "Si sono io, chi parla?" "Sono Goya! Tua madre non sta bene, puoi raggiungerci a casa?" era in ansia lo si sentiva dal tono di voce "Se è grave chiamate l'ambulanza! Arrivo subito" "Ti aspettiamo, fai in fretta" presi di corsa le chiavi della macchina, indossai le scarpe e afferrai la borsa, avevo lasciato la cucina in disordine. So che non ci dovrei pensare, ma crescendo con la nonna sono diventata maniaca dell'ordine. Mentre ero in viaggio verso casa sua non riuscivo a smettere di pensare che ieri sera stava bene, eravamo tutte insieme a ridere e scherzare, cosa mai le sarà potuto accadere. Parcheggiai e arrivai sotto il portone, guardai il mio riflesso sul vetro e capii di essere un vero e proprio disastro, non mi sono nemmeno aggiustata. Dovrei smetterla di pensare a queste piccolezze, la sopra c'è mia madre che non sta bene e ha bisogno di me. Penso sia l'agitazione a farmi venire questi pensieri inutili.

Attesi una decina di secondi prima che aprirono il portone dopo che avevo suonato. Iniziai a correre su per le scale, pensando che sarei arrivata prima dell'ascensore, e con il fiatone bussai in continuazione cercando disperatamente l'attenzione di qualcuno, fino a quando la porta si aprii lentamente. Non c'era nessuno ad aprirmi, magicamente la porta si era aperta da sola. Entrai senza pensare all'accaduto, andai in salotto ma non c'era nessuno "Goya?" iniziai a urlare "Zulemaa".

Buttai la borsa sul tavolo in cucina e cercai in tutte le stanze mia madre, ma niente. Dopo aver controllato anche sul terrazzo ed essere rientrata cercando di capire, vedo uscire Goya dal nulla "Dov'eri? Sto urlando da mezz'ora" notai che la sua faccia era preoccupata, le scendevano delle gocce di sudore dalla testa "Siediti" "Goya dove si trova mia madre?" cercai di raggiungerla "Ho detto siediti cazzo" intuisco alle mie spalle una presenza e lì dopo qualche millesimo di secondo che la sua ragazza mi punta un coltello alla gola, mi inchioda sul posto e mi immobilizza mani e piedi.

Cercai di liberarmi ma niente, quelle fascette erano davvero strette "Perché lo state facendo?" gli domandai "Guarda qua, il cucciolo dello scorpione è in trappola" disse la mingherlina tenendo il coltello fermo sulla mia gola "Sai la tua mammina insieme alla sua fidanzatina hanno deciso senza di noi di voler annullare il piano" la sua voce acuta mi stava iniziando a dare sui nervi "A non lo sai?" s'intromise Goya vedendo l'espressione della mia faccia "Zulema voleva rubare la spilla preziosa al Gala di questo sabato, per poi scappare dividendo il bottino" da quella bocca gli uscì una risata inquietante, sembrava finta "Destino vuole però che con tutti gli autolavaggi di questa città, tu vada proprio in quello dove lavora tua madre" il coltello si spostava su e giù sul mio petto, voleva ricordarmi che qualunque mossa stupida avessi in mente, sarei morta con un piccolo taglio sulla carotide "Cazzo dovrei farti i miei complimenti, sei riuscita a farle cambiare idea in meno di una settimana!" chiudo gli occhi per non vedere, non ci voglio credere "Apri quei maledetti occhi e guardaci in faccia puttana" un bel ceffone dalla mano di Goya colpì la mia guancia destra facendo ruotare di novanta gradi la mia testa "Ora ti alzi e ci segui senza fiatare, avrai un coltello puntato alla schiena pronto a essere penetrato nella tua carne".

Arrivammo nel parcheggio sotterraneo dove raggiungemmo la macchina, aprirono il bagagliaio e con la loro finta delicatezza mi ci buttarono. Polsi e caviglie di nuovo legate con fascette e un bel pezzo di scotch nero mi impediva di fiatare. Il cuore iniziò a battere sempre più veloce, avevo paura ed ero completamente in ansia. Dovevo iniziare a prendere il controllo del mio corpo, se no sarei morta li dentro soffocata dalla mia stessa aria. Sincera non sapevo dove mi stessero portando, ma ho imparato vivendo in carcere che ogni tanto tenere la testa bassa e la bocca chiusa ti evitano la morte certa.

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