Capitolo 19

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 Dicono che la notte porti consiglio ma al contrario passai la notte a girarmi nel letto e quando la sirena iniziò a suonare mi spaventò. Scesi dal letto, presi la divisa e la indossai togliendo il pigiama "Non hai chiuso occhio sta notte eh?" disse Sole mentre si cambiava anche lei "No per niente" presi la giacca gialla "Si vede! Sembri un panda" scoppiammo a ridere, mi avvicinai a lei "Non mi sono ancora scusata per ieri" in realtà ero al settimo cielo che Guzmán fosse vivo ma lo shock è stato leggermente traumatico e di certo la guardia non ha aiutato a far concludere nel migliore dei modi la giornata "Bambina mia stai tranquilla, ammetto di essere pesante a volte" aprii le braccia e mi stritolò forte riempendomi di baci.

Ci dirigemmo verso la mensa e da mia solita abitudine mi misi in coda per prendere una tazza di cereali, un succo alla pesca e una mela "Zahir hai una visita" alzai lo sguardo per vedere se si riferisse a mia madre ma la guardia si bloccò di fronte impedendomi la visuale, guardai le altre con faccia sorpresa "Qui lo scorpioncino ci sta nascondendo una cotta" bisbigliò Saray addentando una banana, ridendo mi alzai e lo seguii.

Arrivata lo vidi di nuovo, Guzmán era li anche oggi seduto su quella sedia con un sorriso a trentadue denti e gli occhi color cielo che gli brillavano di felicità "Buongiorno" mi disse con voce soave, fissandolo negli occhi e avvicinandomi leggermente gli risposi "Buongiorno a te" poi mi sedetti composta e continuai "Sto iniziando a pensare che questo posto ti piaccia" dissi sarcastica "No al contrario sono venuto qua sta mattina perché volevo dirtelo a voce" "Cosa mi devi dire Guzmán?" "Voglio una risposta secca, si o no, niente vie di mezzo" "Sto aspettando..." "Se ti dicessi che tra meno di tre ore sei fuori da questo posto di merda, tu verresti via con me?" la mia faccia si paralizzò lasciando la bocca semiaperta, l'unico movimento che si poteva vedere era la caduta delle lacrime che bagnavano il mio viso "Tu..." sospirai "Tu mi stai prendendo in giro vero?" appoggiò la mano contro il vetro "Si o no?" senza pensarci ricambiai unendo le nostre mani separate da un vetro "Si!" scoppiai a piangere ancora incredula "Ma come è possibile? Sono mesi che ci sto provando" "L'avevo detto che ti avrei portata fuori da qui no?" "Si ma Guzmán non sono passate 24 ore" scoppiammo a ridere "Proprio sta mattina hanno trovato Ismael e il suo amico in centro a Madrid con una grande partita di droga, ingenui vero? E dopo aver ricevuto la telefonata dal commissariato ho raccontato ai miei genitori la nostra storia, quanto tu sei importante per me e che non sopportavo l'idea che fossi rinchiusa ingiustamente" le mani mi tremavano "Così hanno deciso di pagarti la cauzione a costo che entrambi continuiamo gli studi" "Guzmán ma io non ho un posto dove stare" "Vuoi venire a vivere da me?" in quel preciso istante avrei voluto abbattere quel maledetto vetro e saltargli addosso stringendolo forte "Ti amo Guzmán" lui sorrise "Io di più Jada" rimanemmo per qualche minuti a guardarci negli occhi e come due scemi a ridere "Dai vai a prendere le tue cose, ci vediamo dopo".

Corsi in cella a prendere tutto sperando di incontrare le altre e poterle raccontare la fantastica notizia "Tranquilla le potrai salutare dopo, ora fatti una doccia" disse Yerro tranquillizzandomi "Grazie davvero" mi fece l'occhiolino e mi accompagnò al bagno. Finita la doccia andammo in una stanza, la stessa stanza che il primo giorno del mio arrivo in carcere mi ficcarono una mano nel buco del culo per vedere se avessi qualcosa al suo interno, non è un bel ricordo ma di sicuro non è una cosa che dimenticherò facilmente; vicino alla sedia posizionata al centro della stanza c'era uno specchio verticale e un appendiabiti con i miei vecchi vestiti puliti "Hai quindici minuti okay?" disse Yerro uscendo dalla porta, iniziai a togliermi quella giacca gialla e la posai nella vaschetta di plastica, poi la canottiera, il reggiseno e infine i pantaloni, quando mi riguardai allo specchio fissai il mio riflesso attentamente pensando che pur indossando quei vecchi vestiti non sono più la Jada del primo giorno, la prigione ti cambia, qua dentro mi hanno insegnato a essere più egoisti e a pensare a se stessi, mi hanno insegnato a non chiedere favori e a combattere per non farti schiacciare come un insetto, che una famiglia si può creare anche nei luoghi più oscuri perché non importa dove ma con chi decidi di affrontare questi giorni brutti, anche se ne ho passate tante a questo posto devo dire grazie.

Notai che cambiammo strada, andammo in una stanza lontana dalle celle "Dove stiamo andando? Io devo andare a salutare mia madre e le ragazze" "Lo so ma purtroppo siamo stretti con i tempi" mi bloccai "Andiamo?" mi domandò "Hai carta e penna? Me lo devi!" iniziò a toccarsi le tasche dei pantaloni da cui tirò fuori un volantino di una festa e poi dal taschino della camicia prese la penna e iniziai a scrivere con le lacrime agli occhi, passò qualche minuto piegai il volantino "Daglielo per favore, deve saperlo" mi sorrise "Sei pronta?" presi un respiro "Si" risposi sorridendo.

CRIMEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora