22. Another star, you fade away

18K 759 747
                                    




"Cos'è questo?"
"Un abbraccio."
"E cosa posso fare qui dentro?"
"Puoi fare di tutto. Vivere o morire. Piangere o sorridere. E se non ti basta, puoi costruirci una casa."


Osservava il movimento dei muscoli delle spalle, del braccio e della mano di lui poggiata sul cambio della sua macchina, in silenzio, per un tempo che le parve infinito

Oops! This image does not follow our content guidelines. To continue publishing, please remove it or upload a different image.






Osservava il movimento dei muscoli delle spalle, del braccio e della mano di lui poggiata sul cambio della sua macchina, in silenzio, per un tempo che le parve infinito.
Lo sguardo fisso sulla strada, la mandibola affilata, le sopracciglia aggrottate dietro un paio di occhiali da sole completamente inutili, almeno per il loro scopo primario.
La perfezione dei suoi capelli un po' in disordine e il profumo dei vestiti del giorno prima, e si ritrovò ancora una volta a perdersi nei lineamenti del suo profilo.

Dopo il temporale della sera prima, Londra si era svegliata sotto uno spesso strato di umidità, ma per il momento aveva smesso di piovere. Estelle percepiva quel clima come se riflettesse il proprio stato d'animo, il cielo era plumbeo, coperto da un'opprimente cupezza e nubi color petrolio, come se fosse in aspettativa di un nuovo uragano.
Anche Harry non parlava, rimase con la testa immersa nei suoi pensieri, perché l'ansia nell'abitacolo della sua auto era palpabile al tatto, nonostante la radio suonasse una canzone abbastanza allegra.

«Ma ti ha detto almeno come sta?»
Aveva rotto il silenzio con quella domanda carica di apprensione.
«È ancora priva di conoscenza.»
Harry contrasse ritmicamente la mascella, mentre stringeva il pugno attorno al volante e osservava l'asfalto umido scorrergli di fronte agli occhi, mentre la sua auto sfrecciava in direzione Waterloo.

Il gigantesco ospedale centrale che affacciava sul Tamigi era un edificio monumentale, che però ad Estelle era sempre sembrato come un enorme alveare in vetro e cemento: quel giorno le apparve come un posto quasi spettrale, avvolto da quello strano silenzio irreale che segue sempre un temporale così violento.
Harry aveva fatto un paio di telefonate per avere accesso con l'auto ad un'entrata che non fosse quella per il pubblico, ed Estelle non aveva osato contestare.
Parcheggiarono all'esterno e si diressero velocemente verso l'ingresso.
Dopo aver percorso un numero imprecisato di corridoi e aver chiesto informazioni ad un paio di uomini della sicurezza, erano saliti su un ampio ascensore che li avrebbe portati nel reparto dove gli avevano detto di recarsi, che era quello della terapia intensiva.

Harry l'aveva osservata tormentarsi nervosamente le labbra con le mani: non le sembrò la stessa Estelle con cui aveva passato le ultime dodici ore, ma era altrettanto adorabile seppur ammantata di una bellezza differente, offuscata da uno sguardo smarrito nel vuoto, disorientata come una bambina, i cui lineamenti eterei e i colori caldi di angelo in terra contrastavano con quel glaciale ascensore di metallo, facendolo apparire ancora più tetro.

Quella bolla di sapone in cui si erano cullati, il tepore in cui si erano crogiolati per tutta la notte, come se non fosse esistito nulla al di fuori delle loro braccia, era scoppiata senza chiedergli il permesso, e la vita reale aveva squarciato il loro velo di favola, facendoli precipitare di punto in bianco in un freddo ospedale desolante.

𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒚𝒐𝒖 𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒎𝒆Where stories live. Discover now