49. I see the truth in your lies

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"Quando la tempesta sarà finita, probabilmente non saprai neanche tu come avrai fatto ad attraversarla e ad uscirne vivo. Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c'è dubbio.
Ed è che tu, uscito da quel vento, non sarai lo stesso che vi era entrato.
Sì, questo è il significato di quella tempesta."

Fino a poco tempo prima, Harry viveva rapido, superficiale, pieno di certezze

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Fino a poco tempo prima, Harry viveva rapido, superficiale, pieno di certezze.
Adesso invece, si sentiva come l'inconsistente frammento di un enigma che sublimava l'intero universo, e si guardava attorno, l'animo fiero e composto, mentre si rendeva conto che di universi ne esistevano un'infinità impronunciabile e si chiedeva fino a che punto una verità potesse essere mentitrice.

Ciò che più amava della sua casa di Los Angeles, era il totale silenzio e la quiete che si respirava dall'alto di quella collina. Gli sembrava di essere intoccabile, là sopra, e restava in terrazzo a lasciarsi accarezzare dalla brezza marina che si mescolava con il vento del deserto, nascosto agli occhi di tutti, nei momenti in cui la sua piramide di solitudine si erigeva al di sopra di qualsiasi problematica potesse intaccarlo.
Perché l'essere irraggiungibile portava con sé come caratteristica indissolubile quello di essere totalmente solo.
Non gli importava, in quel momento.

Il mondo che lo circondava gli apparve improvvisamente come il riflesso di ciò che lui sentiva di essere in quella fase della vita. Il crepitio del tramonto scoppiettava nelle sue iridi fiammeggianti assumendo la forma di un desiderio ardente di rivincita.
Quanto potevano essere nere le stelle di chi aveva perso la voglia di lottare? Di chi si lasciava trasportare da ciò che era la mera concatenazione di causa ed effetto, o dalla volontà del destino, che dir si volesse.
Non c'era storia che potesse reggere: vivere la vita in modo passivo non faceva proprio per lui.

Puntellò entrambi i pugni sulla balaustra di cemento e rimase ad osservare l'orizzonte, che si stagliava di fronte ai suoi occhi impastati di pensieri che mulinavano al vento.
Sbaragliato dalla mancanza di sonno, dal jet lag, dalla mancanza di serenità.
Di lei.

Lei che portava negli occhi il sorriso epidemico di chi alla sua età non aveva ancora imparato le regole.
Che era dannatamente bella, vestita di tutte le sue paure infantili.
Che era dannatamente donna, tutte le volte che l'aveva spogliata.

Di quei giorni passati a raccattare caramelle sparse in mezzo alle lenzuola, a svegliarla tirandole giù le mutandine come se fosse un rito tacito e irrinunciabile, a fare la doccia mezzi ubriachi per riprendersi dagli aperitivi troppo sostanziosi che preparava lui.
Il suo Martini Dry alla Hemingway di cui andava tanto fiero, con nove parti di gin. A volte, glielo faceva bere direttamente dal jigger, e poi finiva a leccarle le gocce che ricadevano rapide e bollenti lungo il suo collo, che risplendeva di quel profumo tipico del Vermouth, a metà tra il vino, le mele golden e le piante aromatiche.
Di quei giorni sospesi, con le guance colorate dall'erica dei prati inglesi e gli occhi lucidi gocciolanti di stelle.

𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒚𝒐𝒖 𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒎𝒆Where stories live. Discover now