3. Before our innocence was lost

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And if a double-decker bus
Crashes into us
To die by your side
Is such a heavenly way to die
And if a ten-ton truck
Kills the both of us
To die by your side
Well, the pleasure - the privilege is mine

«Ti fermi un po' a casa dei tuoi?»
Harry infranse il silenzio d'improvviso, dopo essersi schiarito un po' la voce, ché non riusciva più a sostenere la conversazione che stava avendo luogo nella sua testa da quando Estelle era salita in macchina, insieme a quella incomunicabilità che era piombata nell'abitacolo come un macigno desolante.
Per cui decise di aver bisogno di un po' di convenevoli.

«Il tempo di fare gli auguri, e riparto. Immagino che tu farai lo stesso.»
Non aveva gran voglia di chiacchierare. Non con lui.
Non perché Harry fosse mai stata una persona poco piacevole, perché lo era eccome.
C'era stato un tempo in cui si erano detti cose che non avrebbero mai immaginato di dire, e che non avevano mai più ripetuto. Poi erano arrivati i silenzi, troppi silenzi.

Non ne aveva voglia, perché la sua voce gli riportava alla mente cose che non aveva alcuna voglia di ricordare, per quanto fossero sempre presenti nella sua testa come un ronzio di sottofondo a cui stava cominciando a fare l'abitudine.

Ma doveva sforzarsi di essere gentile, glielo imponeva quantomeno la sua educazione, in fondo l'aveva davvero salvata da una situazione complicata e non poteva non tenerne conto.

E poi, quella leggera punta di curiosità femminile la stuzzicava in maniera innegabile, percorrendole la pelle come un brivido incontrastabile.
«Torno a Londra subito dopo Natale.» Harry si affrettò a colmare il suo interesse, mettendola al corrente dei suoi spostamenti. «Da quando mia madre si è trasferita anche lei non resto qui più di un paio di giorni. Poi avrei un aereo per i Caraibi, tra qualche giorno.»

Silenzio.

La mente di Estelle si era sconnessa e stava vagando lontano nel tempo.
Un singolare intreccio di spazio e tempo: l'apparizione unica di una lontananza, per quanto questa potesse essere vicina.
La telefonata di Harry. La sua voce talmente profonda e spaventata da far tremare anche lei.
La corsa in ospedale, la corsa contro il tempo tra i corridoi dei reparti.
E poi vederlo là, da solo, seduto su un letto vuoto in una stanza troppo deserta, immerso in una grossa felpa fuori stagione.
I suoi occhi enormi come due laghi smeraldini colmi di lacrime, inghiottito da una tempesta di solitudine.
Quei giorni difficili, infiniti, la pioggia in estate. Lui a cui era stato strappato via il sorriso, quel sorriso che per Estelle era vitale.
Mia madre si trasferisce a Londra, per stare più vicino a casa mia.
Giornate infinite, lui che scriveva musica, la sua chitarra sempre addosso come una seconda pelle, e poi tanto lavoro che si era messo in mezzo. Quella distanza tra loro due che ormai era diventata incolmabile.
E a un certo punto, il telefono che non squillava più.
E poi.. e poi lei.

Così, dal nulla, senza nessun preavviso, lo aveva saputo per caso, e si era sentita tutto d'un tratto una sconosciuta, ormai obbligata dalle circostanze a tornare alla sua vita da vagabonda errante, mentre una colata di lava inondava nuovamente il suo cuore già logoro.
Harry aveva una capacità disumana di ricominciare da capo e lasciarsi il passato alle spalle, di resettarsi, almeno apparentemente.

Lui, nella macchina, notó che Estelle sembrava quasi assente, con lo sguardo perso nel vuoto fisso su un punto imprecisato del finestrino, ma continuó comunque a parlare.
«Sono.. ospite di Jeff e Grethel. Pare che verrà persino Jayden, forse con la sua nuova ragazza. Non lo vedo da un secolo.»
Si sentì in dovere di specificare.

«E tu..?» Chiese Estelle, risvegliatasi da quel lungo flashback ad occhi aperti, prima di rendersi conto della trappola nella quale era appena caduta e che Harry le aveva tessuto alla perfezione, approfittando di un suo momento di distrazione. Si maledisse l'attimo dopo essersi morsa la lingua.

𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒚𝒐𝒖 𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒎𝒆Where stories live. Discover now