41. Leave me hypnotized, love

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"Chissá se un giorno riuscirai ancora a ricordare come cambiava di colpo il mio sguardo, quando guardavo te. Avevo gli occhi intrisi di quella voglia disperata di chi voleva te sopra ogni cosa.
Nessuno ti guarderà mai più così.
In tanti altri modi magari si, ma mai più così."

Sentire l'asfalto scontrarsi con le suole delle sue scarpe mentre il ritmo aumentava, scandito dall'accelerare del battito del cuore, e vedere la strada scorrere rapidamente dietro le sue spalle, era sempre stata sensazione più appagante al mondo

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Sentire l'asfalto scontrarsi con le suole delle sue scarpe mentre il ritmo aumentava, scandito dall'accelerare del battito del cuore, e vedere la strada scorrere rapidamente dietro le sue spalle, era sempre stata sensazione più appagante al mondo.
Insomma, a parte giusto qualcun'altra.

Il vento fresco che si scontrava con il suo viso accaldato senza concedere tregua, gli donava in realtà una percezione di benessere indiscutibile. Ma soprattutto, il cuore che aumentava le pulsazioni in modo sfrenato, il sangue che pompava nelle vene, la carne dei muscoli che si contraeva per lo sforzo costante, lo facevano sentire vivo.

Cosa di cui ultimamente necessitava come l'aria che respirava.
Svoltò un angolo e rallentò l'andatura mentre il passo si fece sempre più pesante, quando si rese conto di essere ormai molto vicino alla sua abitazione. Tirò fuori dalla tasca una chiave elettronica che inserì in un impianto di sicurezza molto avanzato, e si accasciò un pochino a riprendere fiato facendo leva con le mani sulle ginocchia flesse, mentre vedeva l'imponente cancellata dipinta di grigio antracite scattare e aprirsi di fronte a sé.

Si incamminò con passo grave verso il suo ingresso, pregustandosi già la sua doccia bollente e asciugandosi il sudore sulla fronte, mentre tirava fuori il cellulare per rendersi conto del fatto che in quell'ora abbondante di corsa non era stato cercato da anima viva, ed il pensiero in parte lo sollevò.

Era ancora provato da quel respiro affannoso che gli appesantiva il petto, mentre saliva la scalinata bianca che lo avrebbe condotto a casa, arrancando e reggendosi stancamente alla ringhiera in marmo.
Mentre tirava giù il cappuccio in felpa, il suo occhio allungato fu catturato da un piccolo particolare completamente assurdo.
Aveva chiaramente cominciato a soffrire di allucinazioni: il primo pensiero che lo sfiorò, fu quello che avrebbe dovuto informare il Dr. Cohen quanto prima, e farsi prescrivere qualche medicinale.

Una testolina bionda troppo nota faceva capolino nel suo giardino, al di lá del parapetto, e a lui sembrò di afferrarne con lo sguardo solo la parte superiore.
Aveva i capelli così sfumati quando erano scompigliati dal vento, lui si sporse di sotto e la vide seduta sulla panchina, raggomitolata in un giubbotto imbottito che le arrivava in vita e non le copriva affatto le gambe sottili. Si vedeva, che stava chiaramente morendo di freddo, eppure, stava anche certamente aspettando lui.
Non poteva credere ai suoi occhi, sbatté le palpebre più volte in un riflesso incondizionato.

C'era Estelle nel suo giardino, stretta nel suo silenzio d'imbarazzi ed eterea come una piuma trascinata dal vento.
Sentì uno strappo all'altezza del petto, il suo povero cuore sfibrato fece un balzo che gli tolse il respiro, e ricominciò a pompare più di prima, senza che avesse avuto più di qualche minuto di tregua dalla corsa estenuante alla quale lo aveva sottoposto.

𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒚𝒐𝒖 𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒎𝒆Where stories live. Discover now