11. I'm coming out of my cage

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La prima volta non fu quando ci spogliammo
ma qualche giorno prima,
mentre parlavi sotto un albero.
Sentivo zone lontane del mio corpo
che tornavano a casa.



«Dove hai detto che dovrei venire??»
Per poco non si strozzò con il suo stesso respiro.
«Al compleanno di Jay. Compie ventitré anni.» Cinguettò elettrizzata Charlene dall'altra parte della cornetta.
Estelle non era affatto entusiasta alll'idea, considerando che la compagnia di Jayden non era proprio tra le sue preferite, nell'ultimo periodo: si limitò a non rispondere affrettando il passo, mentre saliva per Adelaide Road e attraversava il ponte in direzione Primrose, con un paio di buste della spesa nelle mani.

Infine sospirò arrendevole, perché quando si trattava di Charlie non era proprio capace di dire di no. Si stava ancora frequentando con quel ragazzo un po' ombroso e con lo sguardo spento, che era anche un amico di qualcuno che Estelle non aveva proprio voglia di rivedere.
«Le cose vanno ancora bene tra voi due?»
«Alla grande.» Rispose Charlie, ed Estelle riuscí ad immaginarsela dall'altra parte del telefono, raggiante con un enorme sorriso sul volto e una maschera all'oro 24 carati spalmata in faccia.
«Non sono stata nemmeno invitata.» Provò a ribattere.
«Ma io si, e io non ci vado, senza di te.»

«Ok, ti accompagno.» Si arrese, infine, rassegnata. «Mi dai l'indirizzo o andiamo insieme?»
«Ti adoro Elle, grazie. Ti passo a prendere io, tu pensa a vestirti da strafiga.»
Era euforica, come sempre, perché viveva al massimo e pensava il minimo: sembrava che vivesse sopra un'auto da corsa lanciata alla massima velocità possibile, assaporando continuamente il brivido dello schianto.

Nei giorni appena trascorsi, Estelle si era interrogata più volte sul comportamento che aveva avuto quella sera, al The Box, e aveva finito sempre per giustificarsi dando tutta la colpa all'alcool.
Così aveva deciso di raccontarsela, anche se un piccolo eco della sua coscienza le urlava in lontananza che l'ebrezza alcolica, per antonomasia, sviscera e porta in superficie le parti più istintive di noi stessi, ma probabilmente anche le più vere.

Se avesse dovuto pensare a quanto potesse suonare inquietante e patetico il fatto che lei si fosse strusciata sul primo ragazzo attraente che le era capitato a tiro, solo per farsi vedere da Harry che stava dandosi da fare con due donne contemporaneamente, si sarebbe scavata una buca e seppellita da sola.
Suonava incredibilmente sbagliato, e terribilmente vicino al concetto di gelosia.

Era molto più semplice raccontarsi di essere stata talmente ubriaca da fare delle cose senza senso.
A Charlie ad esempio, aveva raccontato che non aveva visto bene il soggetto con cui si stava intrattenendo, ma quando lo aveva messo a fuoco aveva realizzato che non era il suo tipo, e quindi lo aveva mollato senza pensarci due volte.

La sua amica, decisamente in un altro mondo, non aveva voluto indagare oltre, e se l'era bevuta in pieno, come tutto il resto di quello che era finito nel suo bicchiere.
Ma la verità era che, sebbene non ci avesse pensato molto, perché presa da tanto lavoro, quando le ritornava alla mente quella scena di Harry su quel divanetto, ancora le si rovesciava il cibo nello stomaco.

Va bene, era un ragazzo giovane e libero, una celebrità che aveva le donne ai suoi piedi, non stava facendo male a nessuno, continuava a ripetersi: erano tutti adulti e consenzienti. Nel mondo della moda e dello spettacolo succedevano continuamente cose molto peggiori di quelle, e lei era la prima a non essere esattamente uno stinco di santo.

Il problema era che quell'immagine, come la sua reputazione che lei conosceva ben prima di incontrarlo di nuovo, macchiava irrimediabilmente l'idea che lei aveva sempre avuto di lui.
Estelle lo aveva notato e osservato negli anni della scuola come se fosse un'anima affine alla sua, qualcuno che avrebbe potuto comprenderla in quel deserto inconsistente di persone vuote, qualcuno che aveva la vita che gli ribolliva nelle vene, che gli faceva splendere gli occhi con quella luce che possedeva chi aveva sempre desiderato qualcosa di più per se stesso, di una provincia inglese sperduta nel nulla.

𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒚𝒐𝒖 𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒎𝒆Where stories live. Discover now