12. When I run out of road, you bring me home

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Riecheggerò
nelle coincidenze

Riemergerò
dagli angoli di un sorriso
che a nessuno mai racconterai.



Si svegliava nelle stanze d'albergo senza più ricordare in quale città si trovasse.
Apriva gli occhi, frastornata, senza sapere se fosse giorno o notte, e ci metteva un po' a realizzare in quale parte del mondo dovesse affrontare il resto della sua giornata.
Il suo fisico spossato ormai non reggeva più tutti quei cambiamenti di orario: le giornate erano talmente piene da sembrarle interminabili, e la sera, molto spesso a notte fonda, si ritrovava con in testa una marea di nomi e di volti di personaggi incontrati poche ore prima che si accavallavano e confondevano tra loro.
Poi, alla fine, si addormentava con scolpito nella mente, un solo ed unico paio di occhi.

Nel giro di un mese, Estelle era dovuta volare a New York almeno tre volte, e poi a Parigi, e a Milano, e di nuovo a Parigi.
Le collezioni da presentare erano tante e non potevano attendere, il ritmo era frenetico, sovraeccitato, e le città scintillavano di quella frizzante creatività che solo la moda riusciva a donare loro. Estelle cercava di vincere la stanchezza assorbendo la linfa vitale di quell'euforia generale e nutrendosi di essa.
Aveva dato tutta se stessa in quelle giornate, e il suo volto cominciava ad essere noto agli esperti e alle riviste di settore, il suo nome cominciava a circolare e a destare interesse, in una lunga catena umana di passaparola.

Quando tornó a Londra, a novembre, era soddisfatta di tutto quello che era riuscita ad ottenere, ma era decisa a riposarsi e a rimettere insieme le forze.
Non aveva più visto Harry, sapeva che era stato ospite a qualche sfilata o a qualche after party ma non lo aveva nemmeno incrociato, e non aveva neanche avuto molto tempo per pensarci, ai suoi spostamenti, a dire la verità.
Era solo quando rimaneva sola, e quando si sentiva più spaesata, o quando sfilava immaginandosi che tutti attorno sparissero e che la passerella fosse il salotto di casa sua, era a quel punto che gli tornava il mente il sorriso sincero di quel ragazzo che diventava d'improvviso il tessuto su cui si ricamava la sua ispirazione.

Era inevitabile che accadesse che, ogni tanto, inciampasse senza volerlo a leggere notizie di ogni genere su di lui: oltre ad aver appreso il fatto che lui avesse cominciato a registrare un nuovo disco, gli venivano costantemente attribuiti una quantità di flirt veri o presunti che faceva abbastanza spavento.
Che fosse un lupo travestito da agnello, con quella faccia d'angelo ironicamente e magnificamente intagliata attorno a uno sguardo che era tutto fiamme infernali, su quello ci avrebbe messo la mano sul fuoco. E forse era anche lo stesso lupo che avrebbe perso il pelo, ma non il vizio.

Harry era un predatore vero, affascinato impudentemente dal gioco perverso della conquista, eppure qualcosa dentro di lei continuava ossessivamente a suggerirle che quel narcisismo apparente non fosse piazzato strategicamente a celare un vuoto interiore. Probabilmente il bisogno di soddisfare un vuoto o una carenza esisteva, ma forse era qualcosa che più che altro lo circondava, e non qualcosa che costituisse il nucleo pulsante del suo essere.

Erano cresciuti, ed Harry la confondeva molto più di quanto non avesse mai fatto in precedenza, quando tutto quello che condividevano era solo qualche sorsata impacciata di sguardi rubati, centellinati lentamente, nel corso degli anni.
Per quanto lui fosse schietto, diretto, e avesse lo sguardo limpido, restava ai suoi occhi un intreccio di contraddizioni fluide che non aveva la forza di sbrogliare, per quanto le rimanessero incagliate nella testa come una nave andata in secca.

Quello di cui cercava di auto convincersi, era che a lei di tutto quello non doveva affatto interessare.
Ma come succedeva ad Harry, più se lo ripeteva costantemente nella testa come una cantilena ossessiva, e più si ritrovava inevitabilmente invorticata a pensare a lui.

𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒚𝒐𝒖 𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒎𝒆Where stories live. Discover now