5. We were silenced by the night

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"Voi siete belle, ma siete vuote.
Non si può morire per voi.

Certamente, un qualsiasi passante crederebbe che la mia rosa vi rassomigli, ma lei, lei sola, è più importante di tutte voi, perché è lei che ho innaffiata. Perché è lei che ho messa sotto la campana di vetro. Perché è lei che ho riparato col paravento. Perché su di lei ho ucciso i bruchi. Perché è lei che ho ascoltato lamentarsi o vantarsi, o anche qualche volta tacere. Perché è la mia rosa.

È il tempo che hai perduto per la tua rosa, che ha reso la tua rosa così importante."





Non ci mise molto tempo a rendersi conto che stava stringendo i pugni delle mani, che teneva sopra le ginocchia, stritolandosi le nocche sotto il tavolo in legno di cedro, nascoste allo sguardo di chi invece lo vedeva sorridente e divertito come al solito.
Dentro la grande sala della casa del suo amico d'infanzia, quel brusìo fastidioso, prolungato e molesto, la musica alta e i suoi amici che intorno a lui cominciavano ad essere tutti ubriachi, mentre lui non era riuscito a buttare giù un altro goccio di qualsiasi bevanda, venne colto da un senso di nausea che gli attanagliava lo stomaco: tutto stava iniziando a dargli alla testa in modo insopportabile.

Non che non fosse avvezzo alle serate di divertimento sfrenato: anzi, era abituato a ben altro che a quel genere di raduni alcolici del suo paese, semplicemente, forse quella sera non era la serata adatta. Si disse che probabilmente non era in vena, e ne fu dispiaciuto, perché era veramente raro che riuscisse a passare del tempo con i suoi vecchi amici d'infanzia.

Cercò con lo sguardo Ivonne, in mezzo a quella massa disordinata di gente sfatta che parlava ad alta voce.
Era con Oliver e una coppia di amici, seduta sul grande divano chesterfield, mentre chiacchierava serenamente, e aveva l'aria rilassata. Non c'era alcuna ombra di turbamento sul suo viso.
Si chiese se Estelle le avesse risposto.
Si chiese se fosse tutto a posto.
Se era vero che l'ansia si attaccava come un virus altamente contagioso, Ivonne lo aveva certamente infettato.
Probabilmente avrebbe dovuto alzarsi e andare a chiedere se avesse avuto qualche notizia, ma poi si rese conto che era un'idea fosse assolutamente fuori luogo.
Se poteva apparire in qualche modo tenero il modo in cui Ivonne si preoccupava per sua sorella minore, da parte sua quella stessa apprensione sarebbe sembrata semplicemente ossessiva e inopportuna.

La testa riprese a martellargli come prima, ma con più intensità, per cui decise che era arrivato il momento di tornare a casa e gettarsi sul letto.
Non aveva alcuna intenzione di fare l'alba in quel posto, e quella netta sensazione alla bocca dello stomaco continuava a impossessarsi di lui come una sostanza letale e altamente tossica, qualcosa di terribilmente simile ad un brutto presentimento. Una percezione di pericolo e di panico gli arrovellava la mente, e non avrebbe saputo dire da cosa provenisse.

Ovviamente, tutto ciò era assolutamente ridicolo.
Era tutto frutto dell'autosuggestione, che si stava insinuando nelle sue vene come un veleno accattivante, una droga melliflua che surriscaldava il sangue: forse in realtà stava solamente cercando negli anfratti della sua testa offuscata, una scusa per andare via da quel posto senza sentirsi troppo in colpa.
Immaginava la reazione che avrebbero avuto un po' tutti se avesse annunciato che stava andando via, per cui avvertì poche persone, tra cui il padrone di casa, sua sorella e un paio di amici più stretti, e tentando di dare nell'occhio il meno possibile, sgattaioló via di casa dall'uscita sul retro, perché lì era parcheggiata la sua auto.

Due fasci di luce bianchissima dei fari a led illuminavano la strada completamente buia e deserta, mentre le ruote della sua auto sfrecciavano sull'asfalto umido.
Harry si mise a spingere sull'acceleratore senza sapere dove stesse andando, come posseduto da una forza esterna e sconosciuta: non si spiegava se fosse effetto dell'alcool ancora in circolo, ma stringeva con forza il volante tra le mani come se fosse sotto l'effetto di una carica adrenalinica disumana.

𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒚𝒐𝒖 𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒎𝒆Where stories live. Discover now