CAPITOLO 25

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"Va tutto bene?" La domanda era sempre la stessa, eppure la risposta cresceva di intensità in senso negativo ogni volta che Louis la poneva: stavo sempre peggio.
"Sto bene, si."
"Siamo quasi arrivati.. Vuoi.. Vuoi che ti accompagni o qualcosa del genere?" Era impacciato, ma adorabile, cercava di rendersi utile ma capivo che non sapesse davvero cosa fare. I suoi occhi, così maledettamente blu in cui avrei tranquillamente potuto perdermi, cercavano di infondermi sicurezza, ma credo fosse lui il primo a camminare su una lastra di ghiaccio.
"Va tutto bene Lou.." Sorrise per il nomignolo che gli avevo attribuito, come un bambino il giorno di natale.
Il silenzio calò nell'abitacolo e io mi dedicai alle mie considerazioni sull'imminente incontro con mio padre e pregai perché la situazione non diventasse troppo pesante.
"È questa giusto?" La voce delicata e angelica di Louis mi colse alla sprovvista.
"Come?"
"Dico.. Casa tua.. È questa qua?" Accostò davanti al cancellino giusto, così annuii con ritrosia.
"Mi raccomando, per qualunque cosa, ci sono, chiamami pure.. Anche se in realtà non credo tu abbia il mio numero, e probabilmente chiamerai Harry ma.. " Louis cominciò a farfugliare e la tenerezza che provavo nei suo confronti crebbe, era totalmente adorabile e davvero dolce, ma non era il momento di rassicurare gli altri, era il mio turno.
"Scrivi, che poi scendo.." Dissi velocemente, porgendogli il mio cellulare. Il suo volto si illuminò e scrisse rapidamente, prima di ridarmi il telefono. Entrambi sapevamo che non mi sarei rivolta a lui se avessi avuto bisogno, non che non fosse un ragazzo davvero meraviglioso e una bravissima persona, ma era Harry la persona a cui mi sarei rivolta, era lui la mia persona. Era contro la mia volontà, contro il mio senso di autodifesa e di autocontrollo, ma era lui e non potevo farci niente, era una di quelle persone che capitano nella tua vita perché deve essere così, e le devi sopportare, le devi sorreggere, le devi apprezzare, perché non puoi in alcun modo liberartene, sono nella tua vita e non potranno più uscirne, neanche volendo. E non lo vorrai.
Cercai di mettere da parte il "problema Harry" per concentrarmi sul "problema famiglia", ma il muro nella mia resta era ormai troppo fragile e frantumato per essere utilizzato. Ora i miei problemi erano li, usciti da quella barriera che li aveva resi ancora più grandi e imponenti, ed erano in una lunga fila, classificati in ordine di Gravità, a cibarsi della poco a forza rimastami.
"Ora vado. Grazie ancora davvero" non attesi più un attimo e scesi dalla macchina, poiché se avessi aspettato ancora, la familiarità del volto di Louis e la sua dolcezza, mi avrebbero reso impossibile farlo.

Camminai speditamente fino alla porta di casa, ma poi i miei passi rallentarono involontariamente, appena giunta ai tre gradini che conducevano al portone d'ingresso. Non ero sicura di essere pronta, eppure sapevo che era necessario aprire quella porta, e con essa quella che racchiudeva le mie paure più recondite. Appoggiai la mano sulla maniglia, ma non fu necessario girare la chiave, perché da dentro qualcuno aprì. In quel momento maledissi mentalmente e, probabilmente, ingiustamente, Harry, che mi aveva permesso di ricominciare a provare emozioni, o meglio, di constatare ciò che veramente provassi, poiché il dolore mi colpì con violenza e impertinenza, non lasciandomi spazio per respirare. Sussultai, alla vista dell'uomo davanti a me, i suoi occhi azzurri erano piccoli e raggelanti, nonostante il sorriso stirato sulle sue labbra, che cercava di infondere calore. Conoscevo bene quell'uomo, era sangue del mio sangue, generatore della mia stessa vita, eppure, in quel momento, mi parve uno sconosciuto: fosse per il lungo periodo intercorso dall'ultima volta in cui lo avevo visto, fosse per la stanchezza e la freddezza dei suoi occhi, o fosse perché ero io ad essere profondamente mutata, fatto sta che rabbrividii vedendolo e il primo istinto fu quello di cedere alle lacrime che minacciavano di uscire dai miei occhi frustrati. Ma resistetti e mi feci avanti quando mio padre pronunciò un sospirato "ciao, bambina mia.." Spostandosi per farmi entrare.

Pov Louis
Rimasi qualche minuto in macchina, aspettando chissà qualche sua reazione. Continuavo a perdermi in quei profondi occhi verde-grigio che mi facevano letteralmente impazzire, e il mio giudizio diventava più offuscato ogni volta che la vedevo. Meredith era una droga per me, eppure non potevo averla, non potevo neanche avvicinarmici. Era così tanto tempo che ero innamorato di lei, che neanche mi ricordavo quando era iniziata: avevamo parlato su Twitter e io le avevo pure chiesto l'amicizia su Facebook, ma probabilmente si era cancellata da quel social network, perché non la trovai più fra gli utenti. Lo avevo sempre capito che sarebbe stata il mio più grande ostacolo e il mio più grande scopo, pur non conoscendola, era come se sapessi nel profondo che doveva essere lei la chiave di volta della mia vita.
Quando l'avevo vista con Harry, la sera della festa, il mio cuore aveva perso un battito, o forse due o tre, perché non sarebbe potuta essere più bella; eppure non era mia, e nella parte più razionale, e al contempo recondita, della mia mente, sapevo che non lo sarebbe mai stata. Perché c'era già lui, nel suo cuore, per quanto non avessi ancora intuito quale fosse il rapporto con mio cugino, sapevo che c'era qualcosa di profondo fra loro: ulteriore impedimento per me. Certo, dicevano di essere amici, ma mi sembrava piuttosto strano, anche se non avevo veramente le basi per poterlo dire; non conoscevo Harry così bene, conoscevo quello che lui mi faceva vedere di sè, ossia il ragazzino rancoroso e rabbioso che mi odiava profondamente, ma non sapevo nulla di chi fosse veramente. Poteva essere che Harry avesse già una ragazza, o qualcosa del genere, ma sarebbe stato davvero un idiota se si fosse lasciato sfuggire una come Meredith.. O meglio, Meredith, perché ero più che sicuro che fosse unica.

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