CAPITOLO 10

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"Puulcee! Sono così noioso?" Una voce roca ma armoniosa mi risvegliò con dolcezza; strinsi gli occhi prima di aprirli e ritrovarmi nel parcheggio del ristorante, il mio vestito a scoprirmi un po' troppo le cosce, la testa appoggiata al finestrino.

"Oh scusa! Devo essermi addormentata" bofonchiai sistemando velocemente l'indumento per come era prima che il mio corpo incosciente perdesse il controllo dei movimenti.

"Direi che è ovvio!" Esclamò sarcastico ma dolce il riccio.

Sbuffai e alzai gli occhi al cielo prima di scendere dalla macchina e dirigermi alla porta del ristorante, seminando il mio presuntuoso accompagnatore.

Sentii poche falcate dietro di me finché la voce a cui mi ero oramai abituata mi solleticò il collo. "Hai un tatuaggio!!" Con entusiasmo.

Gli sorrisi quando mi aprì la porta del ristorante, rimandando la scomoda risposta a quando ci saremmo seduti a tavola, il che accadde solo pochi istanti dopo.

"Styles per due" esclamò Harry. Mi accorsi che ancora non sapevo il suo cognome.. Sapevo davvero pochissimo di lui.

"Prego!" Disse con tono impersonale il cameriere barbuto prima di indicarci un tavolino nell'angolo della grande sala affollata.

"Allora?" Harry mi rimbeccò per la risposta sul tatuaggio.. Sparavo l'avesse dimenticato.

"Oh beh si... L'hai visto!" Esclamai un po' stizzita e inacidita senza una ragione precisa.

"Si beh speravo mi dicessi un po' la sua storia" azzardò.

"Cosa intendi?" Lo guardai con le sopracciglia alzate, nascondendo parte del mio viso tondo dietro al grande menù.

"Ogni tatuaggio ha una sua storia.., o almeno così è per i miei!" Si indicò le braccia con lo sguardo, come se non fossero già visibili.

"Tu sei ricoperto di storie allora!" Allusi al gran numero di disegni a inchiostro sulla sua pelle, cercando di fare una battuta che non uscì molto bene. Harry sorrise e i suoi occhi brillarono: avrei giurato stesse leggendo i miei pensieri, e per un istante, breve ma definito, credetti di poter fare lo stesso con i suoi.

"Comunque si, una storia ce l'ha, ma..-"

"Ma non hai molta voglia di raccontarla vero?" Poteva davvero indagare nella mia mente?

Annuii, imbarazzata.

"Non devi preoccuparti Mer.. So cosa vuol dire odiare un tatuaggio per la storia che contiene, ma ho imparato che ogni cicatrice, ogni ferita ci rende le persone che siamo, ci insegna ad essere forti e a combattere il dolore...- fece una pausa soppesando le parole- e un tatuaggio è solo un promemoria." Concluse poi, lo sguardo basso, intimidito dalle sue stesse parole.

Rimasi a dir poco colpita ed esterrefatta che quei pensieri tanto profondi provenissero da un ragazzetto un po' sbruffone e impertinente, contraddittorio in ogni suo atteggiamento. Era diverso da quello che sembrava.

"Raccontami una delle tue storie- indicai con la testa i suoi numerosi tatuaggi- e ti dirò la mia.." Affermai poi, dopo aver riflettuto e appoggiato il menù sul tavolo, disinteressandomi del cibo.

"Mmh.. Promesso?" Sbuffò.

"Promesso." Affermai.

Harry cominciò ad arrotolare le maniche della camicia, fino all'avambraccio.

"Non sarà una bella storia.. Sicura di volerla sentire pulce?" Chiese alzando un sopracciglio, conoscendo già la mia risposta. Annuii con vigore e aspettai che fosse pronto per parlare. Cominciavo ad essere davvero curiosa, Harry era enigmatico e difficile da comprendere, ero già venuta a conoscenza di una rivelazione importante della sua vita e questa avrebbe potuto darmi un quadro più completo riguardo al mistero che era Harry Styles.

"Innanzitutto devi sapere che io vivo solo con mia madre... L'anno prossimo andrò al college, ma per ora vivo con lei, siamo solo noi due." Si fermò qualche istante per bere un bicchiere d'acqua, lasciando la mia mente in un turbinio di domande, prima di proseguire, sempre molto adagio. "Non vedo mio padre da quando avevo 10 anni.." I suoi occhi si fecero lucidi e lui abbassò lo sguardo, evitando il contatto visivo con i miei, colmi di preoccupazione e stupore.

"Mi aveva fatto una promessa, mi aveva stretto la mano, la mia piccola mano da bambino" mi indicó, sempre senza guardarmi, il tatuaggio raffigurante due mani che si stringevano, nel retro del suo avambraccio, per poi proseguire, la voce rotta "e mi aveva fatto una promessa, prima che.. Prima che lui..." si interruppe cercando le parole "..io.. Non posso farlo mi dispiace... Avrei voluto dirti tutto, ma non ci riesco davvero... Scusa.."

Rimasi spiazzata, letteralmente esterrefatta da quella sua tanto profonda e radicata sofferenza, la voce rotta, lo sguardo cupo, puntato sulla tovaglia rossa, gli occhi di un verde scuro, così tetro da sembrare quasi nero, le mani a tormentarsi le pellicine attorno alle unghie, le labbra quasi viola per la pressione dei denti.

"Harry.." Sussurrai. Sussurrai senza pensare al fatto di essere circondata da molte persone, che allegramente parlavano e ridevano, impedendo così al mio sussurro di giungere alle orecchie del ragazzo di fronte a me.

Allungai la mano e l'appoggiai sulla sua, istintivamente.

"Harry, non avrei dovuto chiedertelo.. Mi dispiace moltissimo.." Cominciai a sentirmi incolpa per la mia ossessiva curiosità e mitigai qualche borbottata scusa nel tentativo di farlo stare meglio. Mi sentivo malissimo per la sua condizione, erano mesi che non provavo tanta tristezza per qualcuno, che non fossi io.. La ragazza irlandese, lei si che si preoccupava sempre per gli altri, che cercava di alleviare i dolori altrui, che regalava un sorriso solo perché la sua vita era bella, gioiosa e poteva permettersi di rendere felice qualcun altro. Ma l'americana no, la ragazza americana pensava a se stessa e basta, si sentiva l'unica persona triste sulla faccia della terra ed era debole, terribilmente debole, troppo per vagare nella sua testa per decidere cosa fosse giusto e cosa sbagliato, perché la sua testa era un luogo oscuro e ormai abitato solo da demoni, che lei non aveva il coraggio di rivedere. L'irlandese era forte, ma l'americana no, lei era debole. Debole perché al suo fianco non c'erano un paio di occhi celesti a renderla felice, non c'era più nessuno. E nel tentativo di aprirmi uno spiraglio nella vita di Harry, da cui poter capire chi era e da dove veniva, mi ero finalmente resa conto che avevo perso di vista chi ero io.

Harry alzò lo sguardo dopo qualche minuto di silenzio, in cui io avevo riflettuto più che in un anno intero. La sua mano avvolse la mia in un gesto di premura, che mi provocò un fremito ed una ritrovata sicurezza, i suoi occhi, ora nuovamente chiari, si fissarono nei miei, prima che le sue labbra carnose si schiudessero.

"Ecco a voi Miss e Mr. Allegria" non mi sarei mai aspettata una frase del genere, e scoppiai a ridere per la prontezza e la forza di quel ragazzo. Allungò una mano e raccolse una lacrima che non mi ero accorta fosse sfuggita dai miei occhi.

"Che dici.. Mangiamo qualcosa?" Le sue fossette si marcarono sulle guance mentre cercava di richiamare l'attenzione del cameriere.

Ordinammo e cominciammo ad alleggerire la conversazione, parlammo di hobby, di musica, anche della scuola: Harry avrebbe frequentato scienze naturali, non amava studiare, proprio per niente, ma adorava le scienze. Io gli dissi che ancora non sapevo cosa fare della mia vita, che i progetti a lungo termine mi avevano sempre spaventato e ancora di più dopo il trasferimento.

Terminata la piacevole cena tornammo in macchina, diretti alla festa.

"Appena riuscirò a raccontarti la mia storia dovrai raccontarmi la tua, non credere l'abbia dimenticato.." Esordì dopo qualche minuto di strada.

Sorrisi con una dolcezza che non ricordavo di avere.

"Ceertoo.." Risposi cantilenando. Mi diede un colpetto al braccio per la mia incerta risposta e io gli feci la linguaccia, come una bambina.

"Sai mi diverto ad avere un amico gay.. Non devo preoccuparmi di niente... Posso essere me stessa!" Esclamai poi, con un'audacia ed una franchezza dettata dalla naturalezza che avevo in compagnia del riccio.

"Siamo arrivati!" Sorrise in risposta, parcheggiando la macchina di fianco ad un muretto, che divideva la strada, non asfaltata, dalla spiaggia. Per qualche istante mi sentii inadeguata per il mio abbigliamento nel camminare sulla sabbia, poi però il mio sguardo si soffermò sulle ragazze in tubino aderente, lungo fino a inizio coscia e tacchi a spillo, e capii che probabilmente nessuno si sarebbe accorto ne di me, ne tanto meno di come ero vestita.

Finding HappinessWhere stories live. Discover now