11. I'm coming out of my cage

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Ma allo stesso tempo, fin da quando lo guardava, ancora ragazzino, darsi da fare sul palco delle feste di scuola con la sua band strampalata, dietro quella faccia pulita notava in lui un carisma che lei ammirava e che avrebbe sempre desiderato.
Forse era quella stessa intraprendenza mescolata ad incoscienza, quel mix esplosivo che lo portava oggi a comportarsi in un certo modo, con quella stessa voglia di conquistare il mondo che aveva anche Estelle, pur non sapendo se ne avrebbe mai avuto la stoffa o il coraggio: forse il problema era che in fondo, un po' lo invidiava, perché lui era libero, e la sbatteva in faccia a tutti la sua libertà.

Charlene arrivò a prenderla verso sera con un Porsche Cayenne bianco, per niente vistoso, ed Estelle notò quasi subito che si stava dirigendo verso il nord di Londra.
«Dove stiamo andando?»
«Al compleanno di Jay.»
«Dove festeggia?» Incalzò Estelle che cominciava a nutrire un presentimento, visto che Charlie era così reticente a giocare a carte scoperte e a parlare chiaro. Ci stava solo girando intorno.
«A casa di Harry Styles.»

Eccola lì, senza via di fuga: era caduta nella trappola della sua amica con tutte le scarpe.
Charlene sapeva che, se l'avesse messa al corrente, avrebbe inventato una scusa qualunque per darle buca, mentre ora era impossibilitata a farlo, e le sarebbe toccato passare una serata nell'ultima casa dove avrebbe voluto mettere piede.
Estelle gettò indietro la testa e roteò gli occhi, alzandoli al cielo.
«Ma cos'è, una maledizione?»
«Si può sapere perché ti sta tanto sulle palle?»
«Me lo ritrovo ovunque, nell'ultimo mese avrò incontrato più lui di mia sorella.»
«Non capisco cosa te ne freghi. Ha una casa enorme, non lo incontrerai nemmeno.»
Si certo, come no.

Fu un amico di Jayden ad aprire la cancellata scura, osservandole per qualche istante di troppo attraverso il videocitofono, come se non riuscisse bene a decifrare le immagini.
«Santo cielo, non sono neanche le dieci, è possibile che la gente sia già strafatta?»
Era evidente che fosse possibile.

Estelle rimase in silenzio per tutto il tempo, sia quando scesero dalla macchina che quando si incamminarono sulla scalinata che le condusse all'interno dell'abitazione.
Si guardò intorno con aria poco interessata: era una villa completamente bianca, su due o forse le sembrarono tre piani, decisamente troppo grande per un ventenne che viveva da solo.

«Estelle! Dio ti benedica. Voi due ragazze, alzate decisamente il livello della festa.» Le salutò Jeff con un bacio sulla guancia, e poi gli fece strada per portarle all'interno dell'abitazione: sembrava abbastanza sobrio e non sapevano se quello fosse un buon segno oppure no.

Harry l'aveva osservata, di sottecchi e a braccia incrociate, entrare in casa sua, restando nascosto nell'ombra della scalinata che portava al piano di sopra: scrutò la sua immagine riflessa in un grande specchio posizionato all'ingresso, mentre salutava i suoi amici e si serviva del prosecco, da sola, perché i suoi amici erano un branco di scimmioni maleducati senza speranza e nessuno sapeva comportarsi decentemente con una donna.

Faceva uno strano effetto vederla dentro casa sua. Ma il vero effetto, quello violento, che gli prese a pugni il basso ventre per poi diramarsi verso lo stomaco, lo ebbe nel trovarsela davanti, in mezzo al suo salone doppio, vestita della sua più luminosa bellezza.
Indossava dei pantaloni di pelle bordeaux e un top nero leggermente scollato.
Aveva scelto degli stivaletti con poco tacco e si era presa perfino una mezza sgridata da Charlie per quella scelta, ma per Harry era semplicemente perfetta, da togliere il fiato, e gliel'aveva portato via sul serio il respiro, quando lei si era voltata e il suo sguardo si era soffermato su quella visione celestiale.
Anche se i pensieri che lei gli ispirava, di celestiale avevano ancora ben poco.

Era chiaro che quella fosse un'attrazione fisica fortissima, bella e buona: ormai doveva farci i conti, con quella cocente consapevolezza.
Gli occhi marcati di nero, le labbra nude, i capelli lunghissimi che la incorniciavano fino a sotto il seno: era bella da fargli male come un colpo basso, e dentro il suo salone, seduta sul suo divano, era ancora più bella.

𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒚𝒐𝒖 𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒎𝒆Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora