6. We're not who we used to be

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Estelle si alzò di scatto, come colta da un pensiero improvviso, ed Harry, che era rimasto in piedi, la osservò salire le scale, fasciata in un paio di leggings a vita alta con sopra un maglioncino corto in velluto, color verde bosco.
Scosse la testa per scacciare un pensiero che era completamente fuori luogo, e si maledisse nel trovarlo così dannatamente inopportuno e familiare.

Era talmente evidente cosa fosse successo quella sera: era ovvio cosa Logan volesse da lei, glielo aveva letto, mentre gli rompeva la faccia, in quell'espressione febbrile di aspettativa che da uomo Harry conosceva fin troppo bene.
Sapeva perfettamente cosa volesse dire la bramosia del possesso di una persona, sia quello fisico che mentale, e uno come Logan non era chiaramente abituato a ricevere molti no.

Ed Estelle era esattamente quel tipo di ragazza che alimentava frustrazione in quel genere di uomini, perché proprio quando pensavi di averla finalmente agguantata tra le mani ingorde, lei rifuggiva via come un'onda sfuggente che deride il lido.
Era mettere le mani in un ruscello di montagna, che concedeva di dissetarsi e di bere un po' della sua acqua, ma se si trattava di interromperne il corso rapido che fluiva deciso e incontrastabile verso la valle, allora non c'era proprio storia.

Pochi minuti dopo Estelle tornó al piano di sotto, con il cellulare in mano.
«Ho scritto ad Ivy. Le ho detto che è tutto ok.» Annunciò, mentre aspettava una risposta da parte di sua sorella, che però non arrivò affatto.
Si rese conto che era veramente tardi, e che probabilmente chiunque a quell'ora stesse ormai dormendo. Ma il sonno in quel momento non le aveva neanche lontanamente sfiorato le membra sfiancate.

«È tutto ok?» Chiese lui, solo per assicurarsene, ancora una volta.
Estelle annuì con un cenno della testa, senza parlare. Per cui fu Harry a rompere nuovamente quel ghiaccio che vedeva ogni tanto cristallizzarsi nei suoi occhi lontani.
«Senti, sicuramente io non sono la persona adatta con cui parlarne, ma forse Ivy lo è.»
«Adesso non è il momento. Non ne ho voglia.» Replicò decisa, scrollando il capo, perché l'idea di parlarne estraneo ai fatti con qualcuno era ancora intollerabile.
Lui trovò la cosa comprensibile, e abbassò lo sguardo restando taciturno, optando ancora una volta per un confortante silenzio.

Harry era il classico tipo che dava l'impressione di essere a suo agio in qualunque situazione, ma ci fu un istante in cui si chiese se non fosse il caso di andare via e togliere il disturbo, perché il pensiero improvviso e sgradevole di non essere esattamente la persona preferita di Estelle gli attraversò la mente, mentre concretizzava di essersi intromesso abbastanza nella sua vita privata.
«Forse non sono nemmeno la persona adatta a stare qui, in questo momento.» Dichiarò infine, tra il serio e il faceto, mentre cominciava a tormentarsi le dita bollenti.

Vide un leggero sorriso comparirle sul volto ancora accaldato, con cui soffocò una risatina di nervosismo.
«Cazzo Harry, sto facendo di tutto per avercela con te, e tu piombi a salvarmi due volte in due giorni.»
Lo aveva detto scherzando, per sdrammatizzare una situazione che la metteva un po' a disagio, anche se in realtà, in cuor suo quello era un pensiero che la stava assillando.
Perché avrebbe dovuto ringraziarlo, e lei lo sapeva. E avrebbe dovuto anche odiarlo, o quantomeno evitarlo, esserle indifferente: ma quella era una cosa che proprio non riusciva a fare. E più cercava di auto convincersene, più il mondo sembrava girasse in modo tale da mostrarle la verità, nonostante lei cercasse di chiudere gli occhi.

«Tu non hai bisogno di essere salvata.»
Aveva d'improvviso la voce grave e profonda, e parlò con il tono di chi avesse detto una verità immutabile.
«Lo pensavo anche io, ma mi pare evidente che i fatti dicano il contrario.» Rispose Estelle con quel sorrisetto un po' aspro, che si trasformò rapidamente in una smorfia di amarezza.

«Io invece continuo a sembrare una specie di stalker.»
A quelle parole, Estelle provò per Harry un moto di empatia, e decise di far cadere almeno una parte di quel muro che aveva eretto così faticosamente, giorno dopo giorno: semplicemente perché gli occhi di lui erano stati sinceri, quando l'aveva vista in difficoltà, fragile come un fiore spezzato, ed era impazzito di furia cieca di fronte al suo aggressore. Quando per ben due volte avrebbe potuto restare sordo a quello che era una chiara richiesta di aiuto, e non si era mai tirato indietro.
Si rese conto che neanche per lui, tutto quello da cui erano stati travolti in quella manciata di giorni, doveva essere stato facile.

𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒚𝒐𝒖 𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒎𝒆Where stories live. Discover now