5. We were silenced by the night

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Non comprese a pieno quell'ondata di emozioni che lo stavano travolgendo senza alcun motivo: era rabbia mischiata a fumi di un dolore mai sopito, e nostalgia, e quel senso di solitudine che ormai si portava dentro come se fosse un'amica fidata. Era stato colpito d'improvviso, tutto insieme, da un'ondata malsana di sensazioni tossiche.
Ma lui non era mai stato il tipo che si lasciava travolgere. Non era uno che piangeva sul latte versato, o che si deprimeva della sua condizione.
Erano solo momenti, e anche quel momento sarebbe passato.

Eppure si sentì d'improvviso come qualcuno che aveva sprecato del tempo, un sacco di tempo. Nonostante tutto quello che aveva costruito, i soldi, le case, la fama. Il tempo non avrebbe potuto riaverlo indietro, nemmeno con tutti i soldi di questo mondo.
Aveva riflettuto a lungo pensando a come sarebbero dovute andare le cose nella sua vita, era stato tanto tempo da solo, ed era stato solo pur essendo in compagnia, ma mai si era reso conto in maniera così lampante che aveva solamente rimandato qualcosa che sarebbe stato inevitabile.

Non si sentiva mai così, in preda alla violenza delle proprie debolezze.
Ma Harry era tutto istinto.
Come in preda a un incantesimo che gli offuscava le capacità di raziocinio, sterzó il volante di scatto, e le ruote dell'auto slittarono lievemente sul brecciolino bagnato.
Nel giro di pochi minuti, con gli occhi come due fanali puntati verso una strada che conosceva a memoria e avrebbe potuto percorrere a fari spenti, aveva di nuovo frenato di fronte ad un vialetto ben noto.
Due volte in due giorni. Non accadeva da anni.

Scese dall'auto e respiró profondamente l'aria opprimente della nebbia notturna, il gelo si diffuse rapido nei suoi polmoni accaldati da un'angoscia sottile.
Si guardò intorno, voltandosi verso la villetta a tre piani, e notò che alcune finestre avevano la luce accesa, mentre con aria decisa si incamminava verso la porta di casa di Estelle.

Parcheggiata praticamente davanti alla porta principale, spiccava una gigantesca Lamborghini Urus nuova fiammante che sembrava appena uscita dal negozio, di quelle che in quella zona dell'Inghilterra non se ne vedevano affatto. Se fossero stati a Los Angeles non l'avrebbe nemmeno notata, ma in quel posto dove l'apparenza restava ancora al di fuori dei confini, era un tipo di macchina decisamente inusuale.
Ma ció che colpì l'attenzione di Harry fu soprattutto in modo in cui era parcheggiata, quasi a voler impedire o rendere difficoltoso l'accesso alla porta di casa.
Mentre cercava di superare l'auto senza dover finire a camminare dentro la siepe, la sua attenzione cadde inspiegabilmente su un cappellino blu da barca a vela appoggiato in bella vista sul cruscotto, era blu e aveva due iniziali ricamate in un bel corsivo giallo: L.R.

La sua mente tornó a vacillare, instabile, trascinata via da una spirale di sensazioni vaghe che gli provocarono un lieve giramento di testa.
Gli venne in mente quel nome che gli aveva nominato sua sorella quella sera stessa, ma che comunque aveva letto e sentito nominare diverse volte.
Logan Rothschild.
Si sentì improvvisamente un idiota totale, e si maledisse per essere stato così ingenuo e impulsivo: d'un tratto divenne qualcuno che stava andando a sbattere contro un muro di cemento armato che incombeva di fronte a sé, con l'acceleratore premuto fino in fondo alla velocità massima, e che adesso stava facendo una virata clamorosa per non finire schiantato.

Era corso da lei senza sapere affatto cosa dire e cosa fare, fuggendo dai suoi amici e fiondandosi davanti a casa sua come se quella fosse stata l'ultima cosa che avrebbe fatto nella sua vita, e se non avesse visto quel ridicolo cappello che lo aveva salvato letteralmente, si sarebbe ritrovato a bussare alla porta nel pieno di una nottata di riconciliazione tra ex, o qualunque cosa fossero quei due.
Come un perfetto scemo.

𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒚𝒐𝒖 𝑬𝒗𝒆𝒓𝒚 𝒎𝒆Where stories live. Discover now