.Capitolo 1.

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<<Quindi, come è andata questa settimana Sirio?>> mi chiese Luis, il mio psicoterapeuta, appena mi sedetti sul divanetto del suo studio.
Non resistetti dal fargli una smorfia, lo sapeva benissimo come era andata.
L'uomo ridacchiò:<<direi un pò diversa dalle altre, le borse sotto gli occhi sono passate da chanel a luis vitton, e sei entrato zoppicando. Mica hai deciso si aprire un fight club??>> mi domandò, porgendomi una tazza di thè e un vaso pieno di biscotti.

Ridacchio, era sempre riuscito a strapparmi un sorriso, anche nei momenti più bui.
Ci conosciamo da 20 anni ormai, da poco prima della guerra. Era l'apprendista dello psicoterapeuta dell'accademia militare, stava imparando a gestire tutte le patologia psichiatriche legate al mondo della guerra e delle milizie, per poi seguirci al fronte per supporto sul campo, durante la guerra tra il '93 e il '95.

Laureato in Medicina, specializzato in psichiatria e con una valangata di master, rispetto quell'uomo dal profondo delle mie ossa. I suoi modi semplici e diretti lo avevano contraddistinto dagli altri strizza-cervelli, i quali con voli pindarici di argomenti, non ti aiutavano per niente, mettendoti in testa più casino di quanto ce ne fosse già. No, lui sapeva quello che faceva... l'ha salvata dal suicidio...mi ha salvato dal suicidio.... e ancora una volta stava cercando di non farmi cadere nel baratro...

<<Per quanto io, data la stazza, possa essere il miglior candidato per un fight club, no. Ho seguito il tuo consiglio ieri, mi sono messo a camminare.....Mi hai fatto perdere 3 ore e 50€ per il taxi, grazie!>> dissi, con tono un po' canzonatorio. Lui ridacchiò sotto i baffi, era un nonnetto ormai, dalla testa canuta e gli occhiali spessi come fondi di bottiglia, che nascondevano i suoi occhi neri.

<<meglio che spenderli in alcol come fai di solito, non credi? O in peggio... come ti sei sentito? Piaciuta Milano di notte?>> mi domandò. Riusciva sempre a mettere le persone a proprio agio, nonostante veicolasse discorsi scomodi. Mi appoggiai allo schienale, e chiusi gli occhi:<<strano. Surreale. Fuori posto. È come se tutto fosse fermo, ghiacciato, e solo io fossi in movimento. Tempo e spazio erano distorti, non sentivo me stesso camminare, non sentivo le ore passare. Era come se fossi dentro a un film, ripercorrevo le strade che conoscevo e mi perdevo per quelle nuove e sconosciute, ma continuavo ad andare.... come tirato da qualcosa. >> gli dissi.

Lui mi sorrise, e bevve un sorso di thè:<<hai un modo davvero aulico per descrivere le tue sensazioni, mi piace. Rende tanto l'idea. E volevo che tu provassi esattamente quelle sensazioni. Distano tanto dalla realtà che ti da l'alcol?>> mi domandò. Mascherava domande dirette come pugnalate in parole belle e di conforto, per non farle essere dolorose come lo erano.

Lo guardai, i suoi occhi neri, vecchi ma arzilli, incontrarono i miei, spenti. Sospirai:<<no, hai ragione. Lo definisco forse più piacevole camminare. Ma i ricordi tornano, tutti. Dalla guerra al funerale. Quelli l'alcol almeno, per quanto mi facesse poi stare male, li teneva lontani...>> dissi, altrettanto diretto.
Luis non si scompose:<<Sirio, è nomale, è uno degli stadi di elaborazione, e stai facendo progressi. Accettali e vedrai che prima o poi resteranno dolorosi, ma come ricordi piacevoli.
Ci sarà un giorno in cui l'alcol non sarà così tanto tuo amico, ti farà vedere quello che la tua testa adesso cerca di tenere lontano. Quando ti sveglierai da quell'incubo, non venire poi a piangere da me!>> mi disse, criptico.

Alzai il sopracciglio:<<che vuol dire?>>. Luis ridacchiò, scuotendo la testa:<<lo dovresti sapere meglio di me... ci sono sbronze buone, fatte di risate, e sbronze meno buone. Un giorno l'alcol ti trascinerà nell'oscurità della tua stessa testa, e non ne potrai scappare. Ti farà rivivere tutto quello di più orrendo tu possa aver rinchiuso lì dentro....>> mi disse. E chi cazzo si credeva di essere, per sapere come sarebbero andate le mie sbronze, l'oracolo di Delfi?

Il mio sguardò di incupì:<<ah si? E tu come fai ad esserne così certo.... quale libro da strizza-cervelli ti ha detto queste nozioni di vita vissuta, eh? Cosa ne sai te di alcol, che l'unico che hai mai tenuto in mano è quello per disinfettare?>> dissi, un po' rude lo ammetto, incrociando le braccia.

Luis non si scompose:<<perché, dopo la guerra, mi rintanai anche io nell'alcol come stai facendo tu. E anche in peggio, se vogliamo essere sinceri. Avevo vissuto con voi quelle disgrazie, e avevo toccato con mano, nella mente distrutta della tua Selene, i danni che la guerra e le violenze avevano fatto. Un giorno alzai troppo il gomito e esagerai di morfina...>> mi disse. Io alzai il sopracciglio, confuso e anche curioso, ma quello che mi disse mi gelò il sangue nelle vene.

<<... 4 ore di allucinazioni, un trip terrificante di urla, sparatorie e bombardamenti. Ero di nuovo in campo, ero di nuovo in mezzo alla guerriglia cittadina. Sentivo le urla delle ragazze struprate, al di là della trincea, i mitra, i boati delle bombe, le urla strazianti dei soldati morenti. Ero in un incubo creato dalla mia stessa testa con il peggio del peggio che potesse esserci dentro lì. Sirio, di do un consiglio non come tuo terapeuta, ma da padre.... fai quello che vuoi per sentirti meglio, cammina, fai Milano- Hong Kong in moto, veriddio apri un fight club clandestino, ma smettila con ogni tipo di sostanza. Prima o poi anche la tua testa instabile ti caccerà in un incubo simile.... e non ne uscirai bene.>> mi disse, serio come poche volte nella sua vita.

Mi ristrassi, un po' spaventato da quel monito. In effetti i miei incubi erano peggiornati in concomitanza di un maggiore abuso di alcol e farmaci, che fossero correlati? Lo guardai scettico, lui aveva le mie analisi, sapeva delle porcherie che facevo nel buio della mia camera. <<sì, so cosa stai pensando e la risposta e un dannatissimo sì.>> mi disse cogliendomi alla sprovvista. <<molte dipendenza nascono da quello. Dal fatto che il cervello umano ti informa che sta male. Incubi, pensieri, istinti... sono tutti correlati ai danni che la nostra testa cerca di farci notare, per far si che si risolvano. Più si cerca di metterli a tacere, più forte il cervello cercherà di urlare per farsi sentire, e peggio starai.>> mi spiegò.

Aveva questo dono Luis, di farti capire perfettamente la tua situazione, renderti cosciente e partecipe della tua sanità mentale per aiutarti ad uscirne. Annuì sospirando. <<cerc.......smetterò di bere>> gli dissi. Luis scoppiò a ridere, offendermi nel profondo, per poi riprendersi:<<Sirio, scusami, non prenderla a male, ma l'astemia volontaria non risolverà tutti i tuoi problemi.>>

Si sedette accanto a me, mettendomi una mano sulla spalla. Ahia, questo voleva dire solo una cosa, che non erano parole delicate e indolori quelle che stavano per uscire dalla sua bocca:<< Selene non c'è più.... e continuare a vivere all'ombra di una vita che hai passato con lei, non ti aiuterà a superare la cosa, né la farà tornare...>> mi disse, con voce dolce.

Sentii gli occhi riempirsi di lacrime, li strinsi per evitare di farle uscire. Ma lui continuò:<<...è ora che tu prenda la saggia decisione di andare avanti.... chiudi alle tue spalle quella vita, e fattene una nuova. Questo non vuol dire dimenticarla...certo che no.... ma non ha più senso restare in quel mondo che tu hai vissuto insieme a lei. Cercati una nuova cattedra, un nuovo hobby, trasferisciti dall'altro capo di Milano. Non ti dico scappa, è ovvio, ma....sarà più facile allontanandoti da quei luoghi che profumano ancora di suoi ricordi. Quando un giorno sarai pronto, te lo posso promettere, ci tornerai, e lo farai con il sorriso, di meravigliosi ricordi che rifioriranno dal tuo cuore.>>

Sentii le lacrime cadere lungo le mie guance, mi tolsi gli occhiali per poterle asciugare. Luis mi avvicinò un pacco di fazzoletti e una scatola di cioccolatini, facendomi sorridere:<<di certo meglio dell'alcol.... va tutto bene, manca tanto anche a me....>> mi disse, accarenzzandomi il braccio, con gli occhi lucidi. Non riuscii più a trattenermi, mi misi il viso tra le mani, scoppiando a piangere.

Mi mancava, mi mancava da morire, volevo riaverla anche solo per un'ora per ricordarle ancora una volta quanto la amo, per stringerla a me e stavolta non lasciarla andare. Ma non potevo.... aveva ragione Luis, dovevo andare avanti. Piansi tutte le lacrime che per mesi avevo asciugato con l'alcol, sentendo la mano del mio vecchio amico accarezzarmi la schiena.

Saudade: &quot;L'amore che resta&quot;Where stories live. Discover now