.Capitolo 30.

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Agnese rimase a fissarmi tra l'interdetto e lo sbalordito per circa 2 minuti prima di uscirsene con un:<<ah, allora hai vinto te!>> alzando le mani al cielo in segno di resa e facendomi scoppiare a ridere, anche se in maniera un pò nervosa.
Mi passai la mano sul viso, stanco della situazione e anche un pò timoroso: la faccenda era strana e fraintendibile, suvvia un uomo di 36 anni che si sobbarca la fatica di curare ed educare due ragazzi di 18 anni, non suoi figli e pure coppia gay? Suona molto Daddy Dom... un pò troppo...

Agnese però non sembrò fare troppo caso a queste coincidenze, e mi poggiò una mano sulla spalla, con fare tranquillo e materno:<< Dio quanto ti capisco... e ci metterei la mano sul fuoco che ho azzeccato il problema: non sono tuoi e non sai come comportati anche se sai perfettamente che quello che combinano è sbagliato. Ci sono passata pure io...>> mi rivelò, abbassando la voce, per tenere l'intera conversazione tra me e lei.
Che avesse capito che mi rendeva nervoso parlare di questa situazione "familiare" così peculiare? Avevo già notato alcuni dei nostri colleghi guardarci male, ma lo avevo capito che molti di loro avevano la puzza sotto al naso, come se avessero una cattedra ad Harvard.

La guardai sollevando un sopracciglio, curioso:<<ah sì? Mi sembri troppo una matrona vissuta per non sapere che pesci prendere...>> le dissi sarcastico e divertito.
<<Matrona vissuta?>> sottolineò ridacchiando, finendo il caffè che le avevo portato:<< mi sembra di averti raccontato che mi sono adottata ben 2 figli di miei ex compagni, no? Quindi, capisco la situazione e la conosco lo stress. È... difficile. L'istinto ti dice una cosa ma la pancia ha paura che tu faccia un casino....>> mi rispose, con uno sguardo comprensivo, che non ricevevo da tempo.

Guardai attentamente la donna che era seduta accanto a me, cercando di capirne le intenzioni. Mi ero sempre detto che tra me e ragazzi c'era quella connessione, legata da un'infanzia difficile, che ci rendeva abbastanza affini, e mi permetteva di potergli parlare, capirli, coccolarli e confortarli al meglio.
Ma Agnese... mi stava capendo a un altro livello, più maturo e adulto. <<... io....>> prima che potessi parlarle e cercare di entrare in argomento, la campanella interruppe la nostra conversazione. Guardai di nuovo il cellulare senza risposta da parte dei ragazzi, e sospirai amaramente. Mi sentivo in trappola, sia di me stesso che di quella situazione.

Mi alzai e prendendo le mie cose, mi diressi verso la classe dove avevo da svolgere la prima ora, ma Agnese mi corse dietro e mi fermò sulle scale:<< Sirio! Aspetta...>> mi disse, prendendomi poi per mano, e tirandola per far sì che mi abbassassi al suo livello. (È un 158cm quella donna, e io 197, per lei sarebbe stato come urlare da sotto il monte bianco per parlare con uno sulla cima). Mi abbassai, un pò indisposto da tutto quel contatto e confidenza, non più abituato ad avere rapporti interpersonali di chissà che spessore, ormai solo le due pesti mi erano sempre addosso.

<<senti, se hai bisogno di qualche...consiglio. non esitare a chiedere, va bene? So che è una situazione complessa, e soprattutto che non ci conosciamo molto bene e che quindi potrebbe anche non metterti a tuo agio parlarne, ma.... io ci sono, okay? Oggi pomeriggio resto qui per preparare un laboratorio, e quindi pranzo dal bar davanti alla scuola. Se vuoi, puoi venire a farmi compagnia....>> mi disse, con un sorriso sincero, lasciandomi interdetto, prima di scappare verso la propria classe.

Rimasi stupito dalla sua disponibilità, era da secoli che qualcuno non mi offriva qualcosa di semplice come la possibilità di parlare e di chiedere consigli; di solito le persone dicevano la loro e basta, non con l'intento di suggerire, bensù solo per dare aria alla bocca.
Riflettei tutta la mattina alla sua proposta, avevo bisogno di consigli, di pareri, di capire come comportarmi senza fare un casino soprattutto dopo che Marcus mi rispose che sarebbe rientrato "quando cazzo gli pareva",  e Lawrence mi disse solo, riguardo la situazione universitaria "cazzi miei", facendomi prudere le mani e bollire il sangue.
Avevano bisogno di disciplina e una mano ferma quei due, non perchè egoisticamente li volessi controllare, no! Io volevo aiutarli, e vedevo che stavano andando nella direzione sbagliata, con il loro comportamento e modo di fare. Insomma quel "mi ringrazierete quando sarete più grandi"....

No, non mi fidavo di Agnese, ero ancora timoroso che potesse mettere cattive e infondate voci sul mio conto, come era successo anni prima nell'esercito con un collega.... ma ero davvero prossimo o a mollare la mia intenzione di fare da "padre"  quei due, o dare di matto e non farli sedere per un mese a suon di sberle.
All'ora di pranzo, feci un respiro profondo,  mi diressi alla caffetteria davanti all'istituto, dove trovai Agnese seduta a un tavolino accanto a una delle vetrate. "Bel posto ti sei scelta", pensai tra me e me, mentre mi dirigevo da lei. Ero nervoso, insomma, non solo perchè ero solo con una donna, cosa che non accadeva da quando avevo 20 anni, e donai la mia verginità a una ragazza romana a caso, sposata tra l'altro, che avevo incontrato una sera, ma anche per l'intera mia situazione "familiare".
NO, non è un dannatissimo appuntamento!

<<Professoressa Berti!>> la salutai, un pò prendendola bonariamente in giro, usando un formalismo. Agnese ridacchiò, tirandomi un'amichevole pugnetto sul braccio, prima di invitare a sedermi con lei. Ordinammo da mangiare e ci mettemmo a chiaccherare del più e del meno, senza forzare la conversazione verso "quella" direzione.
In effetti, devo ammettere che parlare con lei era piacevole, condividevamo molte idee, soprattutto riguardo al fatto che molti dei nostri colleghi si credevano scelti da Dio per essere prof, e anche alcuni dubbi su certi alunni che avevano comportamenti ambigui, sia per la situazione familiare che per qualche pettegolezzo adolescenziale.

Dopo un pò, presi il coraggio a due mani, e glielo chiesi:<<senti, non è che potresti darmi una mano a trovare la quadra con....>> oddio, lo sto davvero per dire? <<... con i miei figli? Non so davvero che fare... io... io non sono mia stato padre, e non ne ho neanche mai avuto uno, e se per questo neanche una madre; quindi mi mancano completamente le basi di come si fa a fare il genitore... tutore... figura paterna... insomma, mi hai capito. >> dissi, mentre mi sudavano le mani e sentivo allo stesso tempo i brividi. Volevo bene a quei ragazzi, ed mi distruggeva l'idea di doverli punire o sgridare, soprattutto dopo quello che avevano passato, ma ancora di più mi spezzava il cuore vedere come si stavano autoditruggendo da soli.

Agnese mi guardò, prima di avvicinarsi a me e poggiare la sua mano sulla mia, sorridendo:<< Sirio, tranquillo, non ti giudico per la tua situazione familiare. È palese che tu ci tieni a questi ragazzi, anche se non sono figli tuoi, e solo questo importa. Sono più che felice di aiutarti. Non hai provato a sgridarli, a cercare di dirgli che quello che stanno non va bene?>> mi domandò, anche se sentivo dello scetticismo nelle sue parole. <<o... c'è qualche altro problema?>>

Sospirai, stava capendo appieno che la mia situazione attuale mi aveva un pò legato le mani:<< beh.... si. Sono... sono tutti e due stati abusati durante la loro infanzia, dalle loro famiglie. Non mi hanno raccontato ancora tutto, ma, da quello che so, Marcus è stato picchiato, parecchie volte dal suo patrigno, anche per la sua omosessualità, a cintate, e Lawrence era messo sotto un sacco di pressioni, ma considerato meno di niente e anzi, le prendeva per il fratello, con og i possibile scusa. In patica tutte le volte che alzo, anche di mezzo decibel la voce, rischiano di avere un attacco di panico, certe volte se li tocco, anche se per una coccola, si spaventano, e movimenti bruschi e rumori improvvisi li terrorizzano.... ho provato a impormi su di loro, a educarli ma... li ho solo fatti allontanare da me, e non ti dico quanto è difficile farli riavvicinare. E sono aggressivi nel mentre, lo fanno per difendersi ovvio, ma restano aggressivi finchè non riesco a riconquistare la loro fiducia>> dissi, un pò amareggiato.

Agnese si mise a riflettere:<< umh, allora potresti sfruttare questa loro vulnerabilità, per, prima di tutto fargli capire che tu non li vuoi abusare, ma gli vuoi insegnare, e secondo per veicolare meglio il messaggio. No, non ti sto dicendo di creare una dittatura del terrore...  però ...>> ci mettemmo ad escogitare un piano, e lei mi spiegò un pò come è fare il genitore, com'è veramente fare il genitore.

Saudade: &quot;L'amore che resta&quot;Tahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon