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Prima ancora che potesse ritrovare le chiavi, un odore acre, ma che conosceva bene, prese a stuzzicare il suo olfatto. Ritrovandosi a dover lavorare in quei tipi di contesti, gli era venuto naturale. Il suo maestro era se stesso. Vivere in uno dei quartieri dei bassifondi, non era mai stato un problema, per Taehyung. Con le mani rinchiuse nelle tasche larghe della felpa sgualcita, il ragazzo si apprestava a ritornare nella sua modesta dimora. Se non fosse stata per la titolare, avrebbe rischiato di rincasare a notte fonda. Se in quel caso si sarebbe ripresentato, Taehyung non avrebbe fatto storie. Svolgeva il suo lavoro con dedizione, facendo anche qualche strappo alla regola, perché un extra non faceva mai male. Anche se non aveva mai praticato un lavoro simile, col tempo aveva imparato i segreti del mestiere. Senza aver avuto la possibilità di completare gli studi, Taehyung aveva avuto modo di approcciare unicamente con la propria espressione. Uno dei suoi tanti vantaggi, tra l'altro. Comprendeva, o al massimo, riusciva a immaginare cosa l'altro stesse pensando. Si era fatto un'idea di chi avesse difronte. Con la pratica, il suo senso d'empatia si era fatto strada per poter crescere in autonomia. Così tanto da poterlo sfruttare a suo vantaggio. Intratteneva ogni giorno, conversazioni di tutti i tipi. Oltre a possedere una bellezza fuori dal comune – e su tale argomento era abbastanza remissivo – Taehyung ascoltava e basta. Senza criticare, senza chiedersi del perché il genere umano fosse così disinibito. Nel corso della sua permanenza, aveva avuto a che fare con persone di ogni età o rango sociale, genere o altro. Gli era capitato il giovane adolescente in crisi, il padre di famiglia che aveva perso  il lavoro senza poter sapere come arrivare a fine mese, uomini che non trovavano più un senso per cui continuare a vivere.

Taehyung non serviva soltanto quello che ordinavano, offriva loro una prospettiva di vita migliore. Offriva dei buoni propositi per poter andare avanti. Lasciarsi andare con uno sconosciuto, risultava più facile del previsto. Una rivelazione che non tutti erano disposti ad accettare. E se questo era vero, perché l'uomo agiva così malignamente contro un suo simile? Per tutta la vita quella domanda bussava nei meandri della sua mente. Quella realtà, così distorta, lo affascinava. Lui, che nella vita non aveva mai ricevuto niente di speciale. Nato da un matrimonio non corrisposto mai fino in fondo, cresciuto tra le pieghe dei rimproveri, e privo di qualsiasi affetto spontaneo. Taehyung non usava mai parlare di sé, nemmeno quando le circostanze lo richiedevano. Poteva immaginare che Park avesse informazioni su di lui. Era quasi scontato, in realtà. Ma non poteva immaginare che l'interrogatorio di Hongjoong, sarebbe diventato il suo. L'ispettore si era fatto valere prima del previsto. A Taehyung non importava; non era lui il problema. Ora che mancavano pochi metri al suo appartamento, il brunire del tramonto l'avrebbe accompagnato nell'ascesa della stanchezza, e di conseguenza nei pensieri che lo attendevano per il domani. Come ogni notte. Chiunque avrebbe optato per una calda tisana, ma Taehyung non faceva parte di quella cerchia. A lui bastavano soltanto due cose: il silenzio e un libro che lo tenesse compagnia fin quando non sarebbe sopraggiunto Morfeo per rinchiuderlo in una dolce morsa. E perché no, magari avrebbe optato anche per un bicchiere di vino stagionato. Ma tutto ciò che attese Taehyung, non fu niente di tutto questo. Varcata la soglia di casa, ritrovò un paio di stivali mal ridotti che non riconobbe. All'ingresso, per giunta. Vicino a quelli di Hongjoong. Chiaramente, il più giovane non si era nemmeno scomodato. Una sottile scia di erba mischiata a dell'alcol vagheggiò proprio sotto al suo naso; l'alone bianco, di cui poteva immaginare la sorgente, gli fece storcere le narici.

HOMICIDA ― taekookWhere stories live. Discover now