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Un altro piccolo granello di cenere cadde nel minuscolo contenitore. Altro fumo venne cacciato fuori da quelle labbra doppie e rosa come i petali di ciliegio a fine maggio. L'estremità di quel mozzicone - ormai prossimo alla fine - venne istigato con la punta dell'indice. Con la mano libera, l'uomo massaggiò frettolosamente la fronte. Buttò via finalmente quel che rimase della sigaretta (la quarta, per la precisione). Inclinò all'indietro la testa, insieme al corpo, appoggiandosi allo schienale. Il tempo di chiedere agli occhi di riposare, che delle voci turbate, infransero i suoi programmi. Sicuramente, Min Yoongi si stava divertendo come un ragazzino, il primo giorno al parco giochi. Aveva ottenuto, non si seppe come, il permesso di mettere a soqquadro l'intero distretto. Per quanto Jimin fosse in disaccordo, non poteva avere un dissidio contro le decisioni del governatore. Benché volesse con tutto se stesso.

Le quattro mura trattennero il fumo, il quale venne disperso nell'aria circostante, fino a scomparire. Per l'ennesima volta, Jimin tentò di non pensare a come gli si fosse rivoltato tutto contro, a come il suo caso fosse finito alla dipendenza dell'FBI. Il suo cellulare squillò, forse per la terza volta, in poche ore. Era stata la sigaretta più ristretta della storia. Deglutì, allargando di poco le narici, espirando tutta la rabbia che aveva in corpo. La stessa rabbia che ora si mischiava all'alone di fumo. Fu quasi tentato di non rispondere, pensando di continuare a crogiolarsi insieme al suo primo fallimento. Ma quel pizzico di buon senso, l'unico pregio che sapeva di possedere ancora, lo protese oltre il bordo della scrivania. Diede un'occhiata al cellulare, ora in stato di vibrazione.

Soffermò poi l'attenzione sullo schermo bianco, e gli bastò leggere il nome del mittente per recuperare l'aggeggio e accettare la chiamata.

«Alla buon'ora.»

Non riuscì a contenere il disprezzo che stava provando. Sentire una voce amica, forse avrebbe giovato al suo umore. Dall'altro capo, Namjoon aveva appena fatto il suo primo tiro. Dopo tutte le peripezie subite nelle ultime due ore, ce l'aveva fatta. Gli sembrava esser passato all'inferno. Fece solo alcuni passi, rielaborando ciò che gli avrebbe comunicato a breve. Attese, prima di farlo, valutando in che stato mentale si trovasse.

«Calmati.»si limitò a dire, facendosi da parte per far passare altri infermieri.

«Che fine avete fatto?»

«C'è un motivo per cui non ti ho chiamato prima.»

«E quale sarebbe?»semplificò Jimin, fissando le ombre vagheggiare, al di fuori della porta dell'ufficio.«L'FBI è qui, giusto per informarti.»

Dopo averlo aggiornato sugli ultimi eventi successi, fece finta di non notare la preoccupazione scaturita dalle parole dell'amico; quel tono non gli piaceva per niente. A Jimin, non gli si poteva nascondere niente.

«L'FBI?»

«Proprio così. Ne parleremo meglio quando tornerete in centrale.»continuò il più grande, sperando di cavargli fuori ciò che aveva da dirgli. Non poteva rimanere il discorso a metà.

«Jungkook non può in questo momento.»mormorò Namjoon velocemente, abbassando il tono di voce.

Lo disse in un sussurro, liberandosi di un peso che non riusciva più a caricare sulle spalle. Pensò per un momento che Jimin non avesse capito, che ci fosse stata un'interferenza dall'altra parte, ma il capo della polizia l'aveva sentito eccome. Interdetto, come non gli capitava da anni. Un senso di angoscia lo turbò, ma non si lasciò sopraffare. Doveva rimanere lucido.

«Perchè non può?»domandò, deglutendo.

«C'è stato un imprevisto...»mormorò il ragazzo dai capelli tinti. Comunicare brutte notizie non era proprio il suo forte.«E' stato sottoposto ad un'operazione. Non è in pericolo, sta tranquillo.»

«Sottoposto ad operazione? Non dirmi di stare tranquillo, cazzo.»sbraitò Jimin, stringendo le dita della mano contro il palmo, per poi colpire una pila di fogli.«Dimmi che è uno scherzo di pessimo gusto.»

Il tinto sussultò per il rumore appena udito, e tenne abbassata la sigaretta, non riuscendo a fare altro che stare fermo. Sentiva la soggezione mangiarlo vivo, figuriamoci avercelo d'avanti. Non ci voleva poi molto, per immaginare il suo sguardo deluso; dato che Namjoon era dotato di questa straordinaria capacità. Si sforzava con tutto se stesso, a non arrivare a quel punto. Sotto l'involucro che portava, vi era un nocciolo del cambiamento che voleva apportare. Ma sembrava che ogni volta che volesse mettere la testa al suo posto, qualcosa lo stravolgeva, facendo risultare vani tutti i suoi sacrifici. E Jimin il primo a risentirne. Non poteva farlo preoccupare ulteriormente, dato che aveva già molto a cui pensare. Nella testa i rimbombavano ancora quelle parole, e si chiese come fosse possibile che l'FBI fosse intervenuto soltanto allora.

Che loro fossero a conoscenza di qualcosa che la polizia ignorava?

«Credimi. Vorrei davvero scherzare, in questo caso.»riprese Namjoon, mentre la testa di Jimin rischiava di scoppiare.

«Come cazzo è possibile? Il piano era riportare a casa la testimone viva.»

Il fiato del detective si fermò per un attimo, non volendo dargli l'ultima notizia. Bastava così, per il momento.

Non voleva trasportare altre responsabilità su Jimin. Ne aveva fin troppe. E la centrale aveva bisogno di lui.

Se l'avesse saputo prima, avrebbe evitato di chiamarlo e metterlo al corrente.

«Siamo stati imprudenti. Devo ammetterlo.»non cercava giustificazioni, non c'era tempo per quelle, ma non sapeva cos'altro fare per rimediare.

«Il primo passo è riconoscerlo.»concordò Jimin, dopo essersi concesso un lungo sospiro.

«Ti terrò aggiornato.»

«Non ho dubbi su questo. A presto, Namjoon.»

Conclusa la chiamata, e chiuso il cellulare, Jimin inclinò il capo in avanti, con la stessa frustrazione di prima, triplicata. Dire che fosse stanco era un eufemismo, lo stress non faceva altro che aumentare. Lui era abituato a ben altro, certo, ma non sopportava l'idea di farsi scivolare tutto dalle mani come sabbia al vento. E per di più, l'ultima persona che voleva vedere, era appena entrata nel suo ufficio. Senza bussare, ovviamente. Ora come ora, Jimin non poteva mostrarsi vulnerabile. Sostenne lo sguardo di Min, mentre quest'ultimo entro a testa alta con un foglio piegato a metà. Jimin avrebbe pagato oro per capire cosa gli stesse passando per la testa. A giudicare dal suo sguardo pragmatico, stava preparando qualche battuta per innervosirlo. Il biondo stava per dire qualcosa, quando il capo dell'FBI, lo anticipò.

«Cos'è?»chiese Jimin, volendo cacciarlo fuori più di qualunque altra cosa.

«Dovresti saperlo.»

A quel punto, l'uomo si sporse in avanti, mentre Yoongi gli offrì il pezzo di carta, il quale era destinato a Jimin. Ma il direttore dell'FBI era nato per complicare le cose e portare scompiglio. Infatti, non ci aveva pensato due volte a leggerne il contenuto. Con un balzo, Jimin glie strappò dalle mani quello che parve un invito. Quando lo ebbe sotto il naso, fu tutto più chiaro: una partecipazione alla cena di gala più antica d'America. Un evento annuo dove vi partecipavano qualsiasi funzionario dello stato. Incluso il governatore.

HOMICIDA ― taekookWhere stories live. Discover now