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Le rotelle stridettero contro il suolo del corridoio, buio e desolato, accompagnato dalla camminata di quel nuovo addetto. Le pareti usurate dal tempo, preservarono il suo percorso, segnando ogni metro che percorreva in religioso silenzio, trasportando un carrello dal peso notevole. Lo scricchiolio avrebbe potuto infastidire chiunque, ma fortunatamente, ogni parete era munita da un sistema d'insonorizzazione, voluto proprio dal reparto sicurezza. Erano appena passate le dieci, mentre gli ultimi pendolari si apprestavano a ritornare nelle proprie case, rispettando il coprifuoco indetto dalle forze dell'ordine. Ovviamente, qualsiasi piano e qualsiasi corridoio sarebbe stato deserto; un problema in meno. Nessuno avrebbe potuto vederlo. Ben che meno a quell'ora. O per lo meno, nessuno gli avrebbe impedito di fare ciò per cui era stato incaricato. Mantenne il profilo basso, ricordandosi di non evidenziare troppo il fatto che fosse solo di passaggio. La missione era semplice: svuotare il corpo dal sacco di plastica e rinchiuderlo in una delle tante celle frigorifere.

Probabilmente il rigor mortis era stato completato, e il freddo avrebbe soltanto velocizzato il processo. Il mattino seguente, un qualsiasi dottore o anche un addetto, avrebbe trovato V servito su un piatto d'argento. Non ci avrebbero messo troppo a identificarlo e i giornalisti avrebbero avuto pane per i loro denti affilati. Già vedeva i titoli su tutte le prime pagine e già vedeva la polizia indagare sulle dinamiche e sul perché fosse finito proprio in quel posto.

Continuò a camminare ripetendo mnemonicamente le indicazioni datagli dal suo devoto superiore. Prima di cambiare idea e cambiare direzione, arrivò alla fine del reparto. Indossava un camice da infermiere rubato in tutta fretta da uno degli armadietti. Strinse le dita ai bordi della barella in metallo, passando in rassegna ogni porta, mentre le luci poste sul soffitto alto, segnarono la via che l'avrebbe condotto al capolinea. Non badò nemmeno al dottore di turno scontrarsi di poco contro la sua spalla. Non fece caso al biondo lucente dei suoi capelli e al piccolo mi scusi, sussurrato flebilmente. Puntò all'obiettivo, come da prassi. Nessuno poteva sapere dove stesse andando. Nessuno poteva sapere chi si trovasse l'interno di quel sacchetto nero e lucido. Poi, senza altri intoppi, entrò in quella sala angusta, spalancando le porte leggere.

La temperatura cambiò in un nanosecondo, e il ragazzo inesperto pensò che fosse meglio sbrigarsi se non voleva avere complicazioni. Non badò alle indicazioni sopra citate sul pannello, si limitò ad aprirlo, lasciando fuoriuscire un fumo bianco e cristallino, segno che la temperatura fosse al di sotto dello zero. Voltò il busto dall'altra parte, dando le spalle al cadavere, ignorando termini che soltanto un medico alle prime armi avrebbe afferrato; passarono altri minuti, i quali servirono al ragazzo per aprire lo sportello con un numero sopra indicato, pronto a rinchiudere per sempre quel corpo che non aveva fatto altro che creargli problemi. Era già passata un'altra ora, e le luci ad intermittenza cominciavano ad assottigliarsi, solo allora ricordò che il suo turno stesse per giungere alla fine. Pensò a quanto il destino potesse essere vile, e sorrise malignamente, pensando al dopo: non sarebbe stato sottoposto all'autopsia, ma sarebbe stato sotterrato a più di mille metri di profondità, senza alcun pianto disperato.

HOMICIDA ― taekookWhere stories live. Discover now