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Poteva asserire di crederci, come non poteva. Francamente dopo tutte le cose in cui aveva creduto, lo stesso Jungkook non avrebbe mai pensato di finire a cena con il barista del locare dietro l'angolo. Tutto si aspettava, tranne di ritrovarsi in quella situazione. Alquanto piacevole, ad essere sinceri. Taehyung dunque, di comune accordo, l'avrebbe aspettato nel punto in cui si erano dati appuntamento pochi giorni prima.

La serata si prospettava interessante. Il corvino decise di non raccontare niente a Namjoon, e all'ennesimo"Che cazzo, fatti almeno una sveltina", tagliò la corda e lo mollò lì, al posto di lavoro. Senza alcun senso di colpa, indignato. Non gli disse nulla, solo perché voleva aspettare per vedere come si sarebbe evoluta la cosa. Solo per questo motivo. Riuscì a prendere la metro, arrivando a destinazione anche con dieci minuti in anticipo. Aveva impiegato esattamente due ore per prepararsi, non trovando pace. Mise a soqquadro l'intera cabina armadio, andando alla ricerca di una camicia in particolare, solo per poi scoprire che fosse malamente buttata ai piedi del letto.

Cercò in tutti i modi di aggiustare il disastro che aveva in testa, aiutandosi col gel. Optò per un jeans blu scuro, con un piccolo strappo all'altezza del ginocchio. Non aveva la più pallida idea di dove Taehyung l'avrebbe portato, perciò rifletté sul miglior outfit che potesse andar bene per l'occasione. E dopo una spruzzata del suo fedele Hugo Boss, fu pronto ad uscire. Non gli erano mai piaciute le sorprese, ma non poteva nascondere il piccolo senso di eccitazione che provava al solo pensiero di trovarsi in sua esclusiva compagnia. Per di più, in un luogo pubblico. Ma per una sera, avrebbe messo da parte il lavoro, dedicandosi completamente a se stesso. In fin dei conti, era da un po' che non lo faceva. Erano appena le otto e un quarto, quando il detective pagò il tassista che l'aveva portato a destinazione. Non aveva mai raggiunto un'area di Miami così lontana, in tutti quegli anni di spostamenti vari.

Il tragitto più lungo fu per colpa della tesi che stava preparando, quando la più grande biblioteca della contea, si trovava a soli dieci miglia dalla sua residenza. Un vero inferno, quei tempi. Individuato il vecchio orologio, loro punto d'incontro, si strinse nelle spalle. Essere in anticipo gli faceva provare una strana sensazione allo stomaco, e l'ansia improvvisa non aiutò. Scattarono le nove, e quasi non se ne accorse, troppo distratto dalla smania cittadina. Non si era nemmeno preoccupato d'indossare il solito orologio, troppo preso dalla propria figura allo specchio per pensare ad altro.

Poi lo vide arrivare, e il suo respiro si fermò per un attimo. Non c'era niente fuori posto: capelli ordinati, giacca di pelle e mani nascoste all'interno delle tasche posteriori dei pantaloni, anch'essi neri. Jungkook cercò di non fissarlo troppo, notando in un secondo momento di aver spalancato un po' troppo la bocca. Era attraente sotto ogni punto di vista, ed emanava un'area così ipnotica. Nessuno avrebbe fatto a meno di guardarlo.

Schiarì la gola, nel tentativo di non mostrarsi impacciato. Taehyung, come volevasi dimostrare, ridacchiò, inclinando il viso di lato e passando in rassegna il corpo del giovane. Jungkook, per tale affronto, provò un forte senso di soggezione; non riusciva a spiegarlo. Pressò le labbra le una sulle altre, abbozzando un sorriso.

HOMICIDA ― taekookWhere stories live. Discover now