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Nessuno fiatò, c'era chi non poteva farlo perché non ne possedeva la prerogativa. Delle gocce d'acqua scissero l'aria, separandosi da una sbarra di metallo che pendeva su una piccola pozzanghera, proprio al di sotto. Qualcuno si era appena affacciato ad una delle finestre mal ridotte dello stabilimento abbandonato, brandendo una piccola pistola, con annesso il silenziatore. Sporse il capo di poco, revisionando velocemente l'area. Accertatosi che non ci fossero problemi in vista, riprese il suo classico giro di perlustrazione, non sapendo che al di sotto, un ticchettio nervoso e dettato dall'impazienza aveva iniziato a echeggiare, infrangendosi contro le mura che assicuravano la loro immunità. Attraverso gli spazi e le mille considerazioni dettate dall'ingordigia di avere sempre di più, un giovane dalla barba incolta, riprese a guardare, in un tacito silenzio, le sue carte. Guizzò poi con lo sguardo a quelle del suo avversario. Non poteva vedere cosa possedesse, era chiaro, ma poteva intuirlo.

Per l'appunto, colui che aveva sfidato, avvicinò le dita ad una carta in particolare, per poi rinunciare e restare a pensare alla prossima mossa per mettere la parola fine al gioco – durato un po' troppo. Il più grande, trasportato da un senso di noia perenne, accavallò entrambe le gambe al di sopra del tavolo da biliardo rovinato, sporcando il tessuto verde. Non poteva vantarsi del lusso di cui disponeva, ma non poteva nemmeno rinunciarvi; aveva intrapreso quella strada da quando aveva imparato a cavarsela da solo, e chissà quante vite aveva stroncato, solo per il gusto di farlo. Chissà quante famiglie aveva portato sul lastrico, pur di ottenere quello che voleva. Il maestro sarebbe stato fiero di lui. Grandiose le promesse di gloria, servita come una piccola garanzia per convincerlo a dare il massimo. Rimosse una sola carta dal suo mazzo, scegliendo appositamente quella tra le tante. Poteva perdere tutto, perdere ogni cosa, ma quando scoprì la carta che aveva scelto, il respiro del suo avversario fu nullo. Aveva studiato fino a quel momento ogni sua espressione, facendo le sue ipotesi, con moderazione.

Calò poi l'asso, liberando una risata di scherno per le lamentele, di cui lui stesso ne era il fruitore. Mise da parte poi le altre carte, insieme al resto, pensando a quanto fosse divertente quel ragazzo. Improvvisamente, la porta in ferro battuto, sbattè con forza, provocando una vibrazione nei petti di entrambi, mentre il più piccolo si mise in piedi, in gesto di difesa. L'abat jour presente su un altro tavolo, meno spesso di quello da biliardo, tentennò per lo spostamento d'aria. Quasi cadde, ma non le impedì di illuminare il volto furioso del ragazzo. I due, per l'appunto, credevano di non doverlo vedere mai più. Forse, ci avevano sperato troppo.

HOMICIDA ― taekookWhere stories live. Discover now