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Creò un piccolo uragano con lo scotch, soltanto con il roteare del polso. Tenne stretto il calice tra il medio e il pollice, svuotando poi il contenuto giù per la sua gola. Tutto sommato, non gli restava nient'altro da fare. Sviò lo sguardo, mantenendo la concentrazione alta. Il vecchio detto che i pezzi grossi dovessero sempre farsi aspettare, non falliva mai. Riunirsi come un buon vecchio consiglio di stato, diventava ogni anno sempre più una questione gremita di frivolezze. Le virtù tramandate da anni, erano ormai andate perse. Non seppe quanti gioielli scintillanti, pellicce all'ultima moda, avesse visto. Probabilmente quelle cravatte valevano molto di più dell'intero attico usato per celebrare l'evento. E Jimin cominciava a pentirsi di avervi fatto parte. Per quanto non volesse darlo a vedere, odiava sorridere a comando. Non faceva parte del suo essere, compiacere gli altri. Nella sua testa, pensava ancora a tutti i dossier, sparpagliati per tutto il suo ufficio. Quante e quante chiamate avrebbe dovuto fare il giorno dopo. Sentiva tutto il peso delle responsabilità gravare sulle sue spalle, come un macigno di milioni di tonnellate.

Sopportare il bruciore dell'alcolico non era niente a confronto. C'era chi discuteva di affari, chi parlava dell'ultima serata di beneficenza tenutasi all'Hotel Diamond, il più conosciuto del centro. Si diceva che nel corso degli anni, avessero alloggiato i più grandi boss della malavita. Nessuna suite aveva mai avuto un simile onore, prima. Mancavano ancora molte figure di spicco all'appello, e l'intero edificio era stato messo sottosopra dalle misure di sicurezza. Si contavano più di sessanta guardie soltanto intorno al perimetro dell'ingresso. Era evidente che Park Jimin avesse visionato tutto personalmente.

Come molti si sarebbero aspettati il meglio da un ufficiale della polizia. Alcune donne vestite di tutto punto, si stavano appunto chiedendo quale delle tante limousine offerte, avesse usufruito l'uomo. E soprattutto, se fosse in buona compagnia. Ma molti non sapevano che Jimin non era solito attirare troppi occhi su di sé. Perciò, aveva optato per una soluzione migliore. Invece della solita macchina - usata spesso per il lavoro - questa volta, niente gli aveva impedito di prendere l'ultimo modello di Audi R8.

Ovviamente con al suo fianco, la compagna di una vita. Il suo portamento semplice, insieme al suo vestito, avrebbero di sicuro attirato qualunque uomo presente in sala. Lei prendeva parte occasionalmente a quegli eventi. Gli unici a cui partecipava sempre con entusiasmo, erano le letture pubbliche dei suoi libri. Per quella sera, scelse un vestito rosso, fatto interamente a mano, con uno spacco lungo la coscia destra. Aveva accuratamente raccolto i capelli in uno chignon, aggiungendo anche una coppia di pendenti per assicurarsi che fosse a suo agio. Infine, non poteva mancare un pellicciotto nero, poggiato sopra le spalle. Il coro poi, chiamato per intrattenere gli ospiti, intonò un brano diverso dal solito. Il suono fitto e rilassante dei violini fece da sottofondo, e sembrò che il chiacchierio venisse addirittura coperto da quei fili sottili. Mentre il capo del distretto faceva il suo ingresso nella sala principale, con una mano nella tasca dei pantaloni e l'altra con il bicchiere (ancora) mezzo vuoto, un ricco avvocato schioccò la lingua al palato, e lo chiamò a gran voce. Insieme a Jimin, anche altri ricconi ebbero la sua completa attenzione.

L'ispettore, senza accennare a niente, si avvicinò all'uomo, non avendo mai avuto il "dispiacere" d'intrattenersi per discutere di politica, o altre stronzate del genere.

Aspettava soltanto una persona, al momento. Ma a quanto sembrava, la puntualità non era il suo forte. Chi si sarebbe posto un simile problema quando c'erano litri di champagne pronti per essere bevuti? Per tale evento, non si era badato a spese. Quello che doveva essere un emblema alla solidarietà e alla beneficenza, si era tramutato in un eccesso senza fine. Vanessa, nel frattempo, si era raggruppata insieme ad altre scrittrici emergenti, per scambiare commenti sulle ultime classiche. Per quanto non volesse ammetterlo, era nata per la scrittura. Le bastava una tastiera o una penna, per creare uno scenario da favola.

Proprio in quel frangente, Jimin pensò a quante notti aveva speso nel pregarla di fargli leggere qualche anteprima; ma no, non c'era stato verso di convincerla.

«Sì, beh...»concluse lo stesso Jimin, stringendo i denti nel sentire parlare quello sconosciuto su alcuni bilanci dell'ultimo anno.«Sono dati sconvolgenti.»concordò, chiedendosi quando si sarebbe accorto che non fosse per niente interessato a ciò che stava dicendo.

Dopodiché, un colpo di tosse pose fine a al monologo.

«Chiedo venia, posso rubarvi Park per un attimo?»

L'uomo dal panciotto degli anni 80', si fece da parte, mostrando Min Yoongi, in un completo chic ed elegante. La giacca di velluto scuro lucido, colpì l'occhio di Jimin; ma non in senso buono. Oltretutto, non mancò il solito sorriso di chi sapesse sempre troppo. Con assoluta dedizione, portò la mano sul fianco, accennando al fatto che tenesse ad allontanarsi dalla folla quanto bastasse per rivolgergli la parola.

«Mi scusi.»disse infine Jimin, inclinando di poco il capo. Un'usanza che non l'aveva mai abbandonato del tutto e che riservava solo quando provasse vero rammarico.

Trattenne un sospiro che gridava puro sdegno. Strinse le unghie contro il palmo, per poi prendere posto al bancone del bar allestito. Yoongi ignorò la grande vetrina di alcolici esposta, andando direttamente al punto. Senza mezzi termini. Poggiò prima i gomiti contro la superficie di marmo. Jimin invece, diede le spalle allo stesso bancone, mettendosi comodo per qualsiasi cosa gli avrebbe detto il federale.

«Qualcosa non va, Park? Ho notato una certa agitazione.»

«Quale agitazione?»replicò il più giovane, evitando di guardarlo. Piuttosto, diede un ultimo sguardo all'intera sala, prima di rivolgergli quel poco di considerazione che non meritava affatto.

«So che non ti sono particolarmente simpatico.»sospirò Yoongi, come se fosse davvero afflitto dalle sue stesse parole. Jimin cercò sul serio di controllarsi, e di non farsi scappare una risata di scherno per tale assurdità, anche se il suo tono era altamente umoristico. Ma quel federale riusciva a tirare fuori il suo lato peggiore.

«Oh, no. Non è questo il punto.»precisò.

«E quale sarebbe il punto?»

L'altro posò il bicchiere, assicurandosi che il colletto fosse ancora integro.

«Il punto sarebbe che non ci penserei due volte a spaccarti quella faccia di cazzo che ti ritrovi, ma farlo andrebbe contro i miei presupposti.»riassunse Jimin, usando tutto il fiato che aveva a disposizione.«E poi, vorrei finire dentro per qualcosa di più autorevole.»

Gli occhi di Yoongi si assottigliarono per ogni parola detta, non potendo accettare un affronto del genere. E per di più, da un ragazzino fin troppo schietto.«Attento a come parli, o potresti finire in guai seri.»

Il capo della polizia rivolse un occhiolino, insieme ad un sorriso di rassicurazione alla sua compagna, per poi rivolgere lo stesso sorriso - ma con una nota di strafottenza rivolta a Yoongi.

«Fallo, se hai le palle.»lanciò una sfida sottile, perché poteva già immaginare i suoi limiti e poteva già immaginare quanto ci avrebbe messo per cedere.

HOMICIDA ― taekookDove le storie prendono vita. Scoprilo ora