Capitolo 6

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- Dove credi di andare? -

- A casa! -

- Non puoi! -

- Perché? -

- Perché non ti lascio andare a casa da sola! -

- Anderson non sei mio padre! Non puoi dirmi cosa devo e non devo fare -

- Non mi interessa tu rimani qui finché non arriva James! -

Non gli rispondo, come può permettersi di parlarmi così, sa a mala pena il mio nome e si permette di darmi ordini.

I suoi occhi giaccio non smettono di fissarmi in cagnesco e io certamente non abbasso lo sguardo; non sono affatto debole e, anche se lo fossi, non farei in modo che lui lo capisca.

Rimaniamo in silenzio per qualche secondo, poi i suoi occhi cambiano stranamente sguardo e diventano più dolci.

- Ti prego, rimani finché James non arriva; appena arriverà potrai andartene e io non ti fermerò, ma ti prego, aspettalo... -

Mi stupisce ciò che mi ha appena detto e soprattutto il tono che ha usato: dolce e premuroso, un tono che non ti aspetteresti neanche nei sogni da una persona come lui.

- Va bene... ma quando arriva James me ne vado -

Lui abbozza un sorriso e mi fa cenno di seguirlo in soggiorno.

Ormai è quasi mezzogiorno e di James ancora nessuna traccia, ma devo ammettere che, passare la mattina con Thomas, non è stato così traumatico come pensavo.

Stavamo parlando del più e del meno quando sentiamo il campanello suonare e Thomas si alza per andare ad aprire

- Oi, bella! -

- Come stai coglione -

- Ciao Elizabeth! -

Tutto quello che sta succedendo oggi è alquanto strano: prima Thomas mi tratta bene, poi James mi saluta come se mi conoscesse da sempre; poi dicono che le ragazze sono complicate! Non ci capisco niente di quei due!

- Allora Elizabeth vuoi tornare a casa? -

- Emm... veramente non dovete disturbarvi posso tornare a casa da sola! -

- Non se ne parla nemmeno! Ti portiamo noi! - questa volta è Thomas a parlare

- Ma... io... - stavo cercando disperatamente una scusa per non farmi portare a casa, non voglio che vedano come si riduce mia madre e, ad un tratto, il lampo di genio.

- Io avrei fame! -

I due ragazzi si guardano, poi accettano di andare a mangiare; sapevo non avrebbero rifiutato: sono maschi e per di più sportivi e, essendo molto più grandi fisicamente rispetto a me, è perfettamente logico il fatto che abbiano costantemente fame. 

Saliamo nella macchina di James e ci rechiamo in un bar vicino a casa mia che fa dei panini squisiti: spesso quando non voglio tornare a casa vengo qui a mangiare e poi mi fermo a leggere, ascoltare la musica o semplicemente fare i compiti in un parco qui vicino.

Ignoro i discorsi che stanno facendo i due ragazzi davanti a me, ma penso proprio stiano parlando di sport o di ragazze o ancora peggio delle cheerleader; non è che non mi piacciano le cheerleader, anzi fino a qualche anno fa la facevo anche io, solo che non mi va a genio che, almeno adesso, ci sia lo stereotipo che le ragazze che fanno cheerleading debbano per forza essere sempre gentili, sorridenti e sante; fidatevi che di sante tra quelle vipere non ce n'è neanche una!

- Ciao ragazzi! - i miei pensieri vengono interrotti da una delle voci più fastidiose che ci sia sulla faccia della Terra

- Ciao Amanda! - Amanda Waller, capitano della squadre delle cheerleader è la ragazza in assoluto più troia di tutta la scuola, se non di tutta la città. Capelli biondi (tinti) e occhi verde smeraldo, quella ragazza sembra quasi una barbie e no, non perché sia carina, bensì perché sembri fatta di plastica, o meglio di silicone.

- Non è che posso sedermi con voi, aspetta ma non ci sono sedie, va beh... vorrà dire che mi metterò in braccio a te Thomas, tanto so per te non è un problema - e, senza aspettare l'approvazione di Anderson, si siede su di lui facendo in modo di mostrare il suo fondoschiena più che rifatto.

Ho sempre odiato quella ragazza, mi fa venire i nervi a fior di pelle, solo perché c'ha un paio di soldi e una macchina costosa pensa di essere Dio sceso in terra e di poter comandare tutti come dei cagnolini.

Senza ragionare su quello che sto facendo, prendo il mio pacchetto di sigarette e ne accendo una, facendo un tiro; subito quella vipera si gira verso di me e mi guarda in cagnesco (stile che diciamo... le si addice)

- Oh Williams, ci sei anche tu... non ti avevo notata - dice lei con arroganza

- Che peccato, speravo che per almeno una volta non mi rompessi i coglioni e speravo anche di non sentire la tua odiosa voce! - 

Mi guarda male, poi fa uno dei suoi soliti sorrisetti falsissimi e ricomincia a parlare

- Sai, dovresti smettere di fumare, sennò raggiungerai tuo fratello molto prima del previsto! - in neanche una frazione di secondo la ritrovo a terra con, ovviamente, il sedere all'aria; inizialmente non riesco a capire perché, poi mi rendo conto del mio pugno talmente tanto stretto da farmi male, vedo le mie nocche praticamente bianche e sento la rabbia che mi ribolle nelle vene. Nessuno può permettersi di offendermi, tantomeno di offendere mio fratello; specialmente non se lo può permettere quella stronza, non si può neanche permettere di pensarlo!

Mi guardo attorno e noto gli sguardi dei presenti tutti puntati su di me. A quel punto prendo la mia borsa e esco da quel bar senza saper dove andare dato che, a casa, non posso e non voglio tornare, non oggi.

Mi avvio verso il "mio" parco, mentre mi accendo un'altra sigaretta (l'altra l'avevo lasciata nel portacenere prima di dare un pugno alla Waller), adesso che ci penso erano due giorni che non fumavo; i miei pensieri vengono interrotti da una goccia d'acqua che cade sulla mia mano, alzo lo sguardo verso il cielo, ma è limpido con un sole che spacca le pietre e solo dopo ciò mi rendo conto che sto piangendo, le lacrime sembrano tagliarmi le guance da tanto sono pesanti. Cerco di non pensare a mio fratello ma è inutile, continuo a camminare quando una mano afferra il mio polso impedendomi di andare avanti.


E siamo arrivati al sesto capitolo! 

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