Una banda di selvaggi

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Tornammo al villaggio e ci fermammo davanti ad una villetta dall'ampio giardino, praticamente sommerso da un numero spropositato di giocattoli: vi erano biciclette, macchinine a dimensione di bambino, bambole, cucinini di plastica, altalene di legno fissate ai rami più spessi degli alberi, e persino un piccolo tappeto elastico.

Rían parcheggiò la moto e io mi tolsi il casco, cercando poi di lisciarmi i capelli ancora aggrovigliati a causa del vento e della salsedine.

«Sono presentabile?» domandai alla mia Strega Guida con una punta di panico nella voce, sistemandomi la giacca e cercando di assumere una postura composta.

Rían mi passò una mano fra i capelli, pettinandomi le ciocche con una delicatezza di cui non lo credevo capace, e mi disse: «Ora sei perfetta».

Abbassai lo sguardo a terra, sentendo le guance che andavano a fuoco, e balbettai: «G-grazie».

Mi avviai poi a passo sostenuto verso la casa, cercando di sfuggire allo sguardo attento del ragazzo.

Rían aprì la porta d'ingresso senza bussare e, non appena mise piede nel corridoio, fu assalito da un esserino minuscolo, che gli si aggrappò ad una gamba strillando con voce acuta: «Rían!!! Sei arrivato, fratellone!».

«Ciao, Scimmietta! Come stai?» domandò il ragazzo, sollevando senza alcuno sforzo la sorellina e facendola volteggiare all'altezza del soffitto.

La bimba strillò di contentezza ma, non appena mi vide sulla soglia, le sue risate si spensero: «E lei chi è?» domandò con interesse, indicandomi con le dita paffute.

In quel momento, però, una voce femminile urlò: «Rían, tesoro, vieni in cucina che è pronto!».

La mia Strega Guida mi sorrise in modo incoraggiante e, facendo sedere la sorella sulle sue spalle, mi fece cenno di seguirlo. Proseguimmo quindi lungo un corridoio adornato da decine e decine di foto dei bambini e di disegni sgraziati ma pieni di vita e colore, e giungemmo infine in una grande sala molto luminosa, dominata da un ampio tavolo apparecchiato con bicchieri e piatti con stampati personaggi dei cartoni animati.

«Tu devi essere la famosa Rowan!» esordì in quel momento una donna, venendomi in contro con un sorriso sgargiante. Era una signora davvero bella, dai lunghi capelli biondi e dai grandi, brillanti occhi azzurri, che spiccavano sul volto leggermente paffuto, e le conferivano un'aria da ragazzina.

«Molto piacere» dissi, sorridendole di rimando e porgendole la mano. La donna ignorò la mia mano protesa e mi sorprese abbracciandomi con trasporto, esclamando: «Oh, dammi pure del tu, cara. Io sono Agata, e questa banda di selvaggi è la mia squadra: Brigit è la piccolina di casa» cominciò, indicando la ragazzina che poco prima era saltata addosso a Rían. Brigit era la copia in miniatura della madre, ma invece che avere i capelli lisci di Agata, aveva una matassa di riccioli dorati, che la facevano somigliare ad una principessa guerriera.

«Quelli dietro di te, invece...» proseguì Agata, facendomi voltare di scatto, «...sono gli ometti: Connor e Declan, il più grande».

Connor, sugli undici anni, aveva gli stessi capelli biondi della madre e della sorella, ma i suoi occhi erano verde bosco; mentre Declan, che indicativamente avrà avuto più o meno quattordici anni, aveva i capelli di una scura tonalità di castano e gli occhi di un blu profondo. Decisamente, era evidente che i buoni geni ereditati da Rían erano presenti anche in quel ramo della famiglia.

Salutai tutti con la mano e mi presentai: «Io sono Rowan, e lavoro con vostro fratello».

«Sei una principessa anche tu?» mi domandò Brigit, avvicinandosi a me e mostrandomi un anellino fatto di fiori, che probabilmente corrispondeva alla sua idea di corona regale.

Stirpe Di StregaWhere stories live. Discover now