Rito d'Iniziazione pt.2

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Un uragano di emozioni mi travolse, e tutti i sentimenti, le paure e le insicurezze represse soffocarono ogni mio pensiero razionale.

Persi totalmente il controllo sul mio corpo, e una forza a me sconosciuta mi attraversò come corrente elettrica.

Gemetti e schizzai verso l'alto, incapace di oppormi.

Vorticai su me stessa, sollevandomi sempre più in alto e sempre più velocemente, e per un momento quella totale perdita di controllo mi parve inebriante. Spalancai le braccia e risi, risi finché le lacrime mi bagnarono il volto, e lo feci finché la mia risata sembrò maniacale anche alle mie stesse orecchie. Risi mentre volavo nella notte, risi mentre enormi nuvoloni neri si accumulavano sopra la mia testa, risi mentre il vento impetuoso di una tempesta mi frustava i capelli in faccia.

Grossi goccioloni di pioggia cominciarono a colpire il mio viso, le mie braccia e il mio vestito, e poi mi si ghiacciarono addosso quando salii ancora più in alto.

Cominciai ad avere difficoltà nella respirazione a causa della mancanza di ossigeno nell'atmosfera rarefatta, ma non seppi come affrontare il problema: ormai non sapevo più come fermare me stessa.

Ero totalmente andata, fuori controllo.

Improvvisamente, però, sentii la mia testa farsi più pesante, la sentii quasi ronzare, e persi contatto con la realtà per una manciata di secondi.

Non appena riaprii gli occhi, stordita, mi resi conto con orrore che stavo precipitando giù dal cielo, proprio come un uccello al quale hanno tagliato le ali, avvicinandomi sempre più al suolo che velocemente diveniva sempre più grande e definito sotto di me.

Sarei morta. Morta sfracellata al suolo per essere stata talmente imbecille da salire tanto in alto nel cielo da intravvedere la curvatura della terra.

Mi venne nuovamente da ridere, ma la mia ilarità fu sostituita dalla nausea non appena vidi gli alberi farsi sempre più grossi e vicini.

Improvvisamente andai a sbattere contro qualcosa di solido, e mi sentii stringere le cosce in una morsa d'acciaio.

Riaprii gli occhi, che avevo chiuso nel tentativo di non vedere il fazzoletto di terra sul quale la mia vita si sarebbe spenta, e mi ritrovai stretta fra le braccia di un uomo, con il viso premuto contro il suo solido torace.

Sollevai lo sguardo e strillai: «Tu! Lurido pezzo di merda, come hai potuto?! Mi hai rovinato la vita, mi hai rovinato la vita per sempre!».

In concomitanza con il mio grido, un fulmine si sprigionò dalle nuvole minacciose sopra di noi, passandomi a meno di cinque metri di distanza, elettrizzandomi i capelli e facendomi rizzare i peli delle braccia a causa dell'elettricità.

Non rimasi a fissare il fulmine, né abbassai lo sguardo quando lo sentii schiantarsi a terra con un boato fragoroso, in quanto ero troppo intenta a colpire ripetutamente il petto del Guerriero, con le mani strette a pugno, desiderando di poterlo uccidere, di potergli trasmettere tutto l'odio che sentivo nei suoi confronti e tutta la sofferenza che stavo provando e che avrei provato in futuro a causa sua. Il Daoine Sidhe, però, si limitò a sospirare fra i miei capelli, come se i miei pugni non lo sfiorassero nemmeno.

«Io ti odio, ti detesto! Ho perso tutto, e la colpa è solo tua!» strillai ancora, tirando su col naso e agitandomi nel tentativo di liberarmi della presa ferrea che mi teneva ancorata a lui.

«Ascoltami» cominciò, con quella sua voce così profonda e orecchiabile, «Ti ho salvato la vita. Se fossi rimasta con i Leipreachán saresti potuta esplodere da un momento all'altro, esattamente com'è successo questa sera, solo che non ci sarebbe stato nessuno ad aiutarti, nessuno ad impedirti di fare del male agli altri» mi spiegò, parlando in modo lento e dolce, proprio come se fossi un animale selvatico e pericoloso da addomesticare.

Stirpe Di StregaWhere stories live. Discover now