Non sarebbe dovuto accadere pt.1

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La mattina seguente, non sapendo bene in cosa consistesse l'allenamento intensivo al quale mi voleva sottoporre Rían, indossai un paio di pantaloni della tuta e una maglietta termica azzurra, completando il tutto con una felpa viola e pesante e un paio di scarpe da tennis.

Alle nove in punto Rían suonò alla porta e, non appena ebbe posato lo sguardo su di me, scoppiò a ridere di gusto.

«Ma come diavolo ti sei conciata?» domandò infatti, squadrandomi dalla testa ai piedi.

Arrossii, borbottando: «Non sapendo cosa tu volevi che facessi, ho deciso di optare per un abbigliamento sportivo».

«Questa mattina rimarremo in casa, se Daghain ce lo permette» mi rispose lui, ridacchiando ancora nel guardarmi.

«'Fanculo» sussurrai, togliendomi almeno le scarpe e slegando i capelli che avevo precedentemente legato in una coda alta.

Mia nonna, però, era già uscita senza lasciare alcun biglietto, quindi, di comune accordo, io e Rían decidemmo che non si sarebbe arrabbiata se avessimo occupato il suo salotto per allenarci.

Spostammo i divani ai lati della stanza e ci sedemmo l'uno davanti all'altra, a gambe incrociate, sul tappeto rosso, all'interno di un pentacolo intessuto con fili blu e verdi.

«Ingegnoso!» esclamai, immaginando mia nonna che, invece che tracciare un pentacolo con il sale ogni volta che voleva fare un incantesimo, si limitava a sfruttare la figura presente sul tappeto del suo salotto.

Rían sollevò lo sguardo verso un punto alle mie spalle, e pochi secondi dopo una candela bianca fluttuò verso di lui e si adagiò con delicatezza a terra, fra di noi.

«Prendimi le mani» mi sussurrò il ragazzo, porgendomi i palmi rivolti verso l'alto. Feci come mi aveva detto e una violenta scossa ai polpastrelli mi colse di sorpresa, facendomi quasi ritrarre. Rían mi tenne stretta, dicendo: «Ora siamo collegati. Non lasciare le mie mani per nessun motivo».

Annuii con vigore e attesi le successive istruzioni, quasi trepidando.

«La mente di una strega deve essere necessariamente allenata a proiettarsi a comando nello stato d'animo necessario a svolgere un'operazione magica, a cambiare consapevolezza e concentrarsi unicamente sull'obbiettivo, oggetto o scopo che si è prefissata di raggiungere» esordì Rían, fissandomi negli occhi.

«Per questo motivo, la prima cosa che una strega iniziata deve imparare è come bloccare il normale flusso di pensieri e concentrare l'attenzione sul proprio sé interiore o su una cosa in particolare, con lo scopo di elevare la consapevolezza e creare "abitudine". Otterremo ciò attraverso la meditazione, ed è ciò che faremo oggi» aggiunse, cominciando a regolarizzare il respiro.

«Solo questo?» domandai, incredula, visto che la meditazione era una pratica che noi Leipreachán attuavamo già da anni.

Rían sorrise di sbieco: «Tu finora hai fatto meditazione individuale. Farla in due è molto diverso» mi ripose, chiudendo gli occhi.

Socchiusi le palpebre e mi concentrai solo e soltanto su me stessa, lasciando il mondo fuori. Ben presto le mani del Guerriero rimasero il mio unico appiglio alla realtà, e cominciai a vederle come un peso, così cercai quasi senza rendermene conto di discostarmi da lui, senza ottenere però grandi risultati perché il ragazzo non ne voleva sapere di lasciare la presa su di me.

Dopo un primo momento di lotta interiore, durante il quale cercai con fatica di spezzare il legame con le mani del ragazzo, riuscii finalmente ad accettare la sua presenza, e fu in quel momento che cominciai a sentire qualcosa di strano.

All'altezza dei polpastrelli, là dove la mia pelle e quella di Rían si toccavano, percepii un intenso formicolio, ed ebbi l'orribile sensazione che le mie dita si stessero sfaldando.

Stirpe Di StregaWhere stories live. Discover now