Il primo Natale del Guerriero

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Quando tornammo nella radura, le streghe stavano celebrando la Veglia di Yule: sedute su morbide stuoie, chiacchieravano tranquillamente fra di loro, proteggendo le fiammelle delle candele affinché non si spegnessero. La tradizione voleva che le streghe, durante la notte del Solstizio, rimanessero sveglie fino all'alba per assicurarsi che, anche dopo la giornata più tenebrosa e oscura, il sole sorgesse ancora; così, anche quell'anno, numerosi membri dei tredici clan erano rimasti alzati per onorare l'antico folclore.

«Rowan, tesoro, stai bene?» mi domandò mio padre, camminando rapido verso di me, non appena mi vide uscire dalla foresta, affiancata da Rían.

Per un secondo, temetti che le mie urla fossero giunte anche alle orecchie di tutti coloro che si trovavano nella radura, ma poi Ábharrach O'Brien mi disse: «Non avevo mai visto una cosa simile, non l'avevo mai nemmeno immaginata! Mia figlia, la mia bambina, in grado di esercitare il suo potere sulle piante e, addirittura, sulle fiamme!» esclamò, con gli occhi che brillavano di orgoglio e, forse, anche di un pizzico di invidia.

«Ora sto bene, papà... ciò che è successo è stato accidentale» borbottai, molto meno esaltata di lui nel parlare delle mie capacità.

Ignorando la mia risposta, mio padre di voltò verso Rían: «Stai facendo del tuo meglio per allenarla? Rowan necessita di molte attenzioni e deve essere seguita passo dopo passo dalla sua Strega Guida... ha un potenziale troppo alto per accontentarsi della mediocrità» blaterò, fissando il suo intenso sguardo castano sul ragazzo, soppesandolo come solo lui sapeva fare.

Rían spostò il peso da un piede all'altro, a disagio, ma una voce giunse in suo soccorso: «Ti assicuro che Rían è il meglio del meglio, Ábharrach. La nostra piccola Rowan è in ottime mani» esclamò in modo gioviale Solamh, posandomi affettuosamente un braccio attorno alle spalle.

«La mia piccola Rowan, Gancanagh. Sta' alla larga dalla mia bambina» sibilò mio padre, lanciando un'occhiataccia fulminante al giovane capo clan.

Solamh non si lasciò per nulla intimidire dalle minacce di mio padre: «Sarò anche giovane, Ábharrach... ma rimango pur sempre un capo clan. Sono un tuo pari e, pertanto, voglio essere trattato come tale» dichiarò in tono grave, sfidandolo con lo sguardo.

«Sarai anche un capo clan, ma lei rimane mia figlia!» tuonò mio padre, avvicinandosi minacciosamente di un passo a Solamh.

«Papà...» sospirai, «...Ho diciotto anni. Credo di essere abbastanza grande per scegliere da sola le mie amicizie» gli dissi con voce tranquilla.

«Solamh è mio amico. Smettila di fare il cane da guardia» lo ammonii, fissando lo sguardo nei suoi occhi castani, così identici ai miei che mi parve di trovarmi davanti allo specchio.

«Io non faccio il...» borbottò lui, ma lo interruppi prima che potesse finire la frase: «Sì, lo fai» sbottai, sollevando un sopracciglio.

Ábharrach alzò entrambe le braccia al cielo: «Okay, okay, ho capito. Me ne vado! Ma non venire a piangere da me, poi» borbottò, allontanandosi a grandi falcate.

«Ti odia di cuore» dissi a Solamh non appena mio padre fu fuori portata d'orecchio.

«Me ne sono accorto in più di un'occasione... cosa crede, che ruberò la tua innocenza e me la darò a gambe?» domandò il ragazzo, ghignando e mostrando una smagliante dentatura bianca e regolare.

Lanciai un'occhiata divertita a Rían, che mi strizzò l'occhio, e risposi: «Mio padre è un uomo di vecchio stile... e a volte sa essere davvero rompicoglioni».

«E attaccato al potere» asserì Solamh.

«Già» concordai, sollevando gli occhi al cielo.

«Grazie di essere intervenuto, comunque» disse allora Rían a Solamh, «Non avrei davvero saputo come comportarmi, se tu non fossi comparso» ammise, passandosi la mano sul volto in un gesto disperato.

Stirpe Di StregaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora