Rían è al piano di sopra

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Capitolo a Rating Rosso: sono presenti contenuti sessuali espliciti, quindi prosegui nella lettura solo se sei convinto di volerlo davvero fare ;)

Rimasi sdraiata per una manciata di minuti sul letto, fissando il soffitto con sguardo perso, non riuscendo a pensare ad altro se non alle labbra di Rían, così invitanti e così dannatamente vicine alle mie. Lo avrei trascinato con me sul divano, mi sarei seduta a cavalcioni sul suo bacino e mi sarei strusciata su di lui finché non mi avesse implorata di smettere... o non si fosse deciso a darsi da fare con me.

Scossi la testa e, ridendo da sola dall'imbarazzo, mi diedi dell'idiota: le mie fantasie sessuali erano ben lontane dalla realtà, e avrei seriamente dovuto smettere di farmi film mentali.

Per evitare di pensare ulteriormente al mio bacio mancato, afferrai un libro dalla mensola e cercai di concentrarmi nella lettura di Hard Times, di Charles Dickens.

In realtà avrei potuto uscire, svagarmi, andare a trovare Saoirse o addirittura mio nonno, ma non mi sentivo pronta: socializzare avrebbe significato cominciare davvero la mia nuova vita, ed io non ero ancora pronta a farlo. Finché i miei rapporti con la comunità dei Daoine Sidhe si fossero limitati a Daghain e a Rían, avrei ancora potuto credere di essere una semplice ospite che a breve se ne sarebbe tornata a casa, nulla di più. Estendere le mie conoscenze sarebbe stato invece come ammettere la sconfitta, e con essa l'accettazione di una nuova vita, che purtroppo io non volevo affatto. Certo, era un ragionamento infantile e io stessa me ne rendevo conto, ma l'idea di avere ancora una possibilità di fuga mi alleggeriva il peso sul cuore.

Feci in tempo a leggere una quarantina di pagine prima che udissi Daghain strillare: «Rowan! Il telefono!».

Lanciai un'occhiata al comodino e vidi il mio cellulare lì, muto e immobile, e mi domandai quale diavolo fosse il problema di mia nonna. Sfortunatamente, prestando attenzione ai rumori della casa, mi resi conto che, effettivamente, c'era un cellulare che squillava, peccato non fosse il mio. Scesi comunque le scale e mi diressi in cucina alla ricerca di uno spuntino, e fu proprio sul bancone, di fianco alla scatola di cereali, che trovai il telefono di Rían, che stava ricevendo una chiamata da Laidhgeann.

Rimasi immobile per un paio di secondi, incerta sul da farsi, poi afferrai l'apparecchio e premetti il tasto verde.

«Pronto? Laidhgeann? Sono Rowan» dissi, afferrando una manciata di cereali dalla scatola.

«Rowan? Come stai, tesoro?» mi chiese l'uomo, apparentemente per nulla stupito del fatto che avessi risposto al telefono del figlio.

Rimasi piuttosto stranita del fatto che Laidhgeann mi avesse appena chiamata "tesoro", appellativo che solitamente mi rivolgevano solo i miei genitori, ma non mi dispiacque: «Bene, credo» risposi quindi, in tono rilassato, «Anche se le lezioni con tuo figlio sono estenuanti» aggiunsi.

L'uomo rise: «A proposito, quel disperato dov'è?» mi domandò.

«Ha dimenticato il cellulare a casa mia. Esco ora per riportarglielo» dissi, afferrando la giacca e le scarpe.

«Sai dove abita? Sicura che non ti perderai?» mi domandò in tono apprensivo.

Questa volta fu il mio turno di ridere: «Laidhgeann, in questo paesino ci saranno sì e no quattrocento anime. È umanamente impossibile perdersi».

«Okay, allora mi fido. Va' e torna, altrimenti Daghain si preoccupa» mi raccomandò, e io sbuffai nel constatare che fosse tanto apprensivo quanto lo era mia madre.

Infilai gli anfibi e la giacca e, dopo essermi data una veloce rassettata ai capelli davanti allo specchio, uscii di casa.

Feci a ritroso la strada che avevo precorso in macchina con Rían nel giungere a casa di mia nonna, guardandomi in giro per la prima volta e mettendo finalmente il naso nel mondo.

Stirpe Di StregaWhere stories live. Discover now